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Il cuore, la sua mappa e le nuove urgenze

AtelierSì presenta durante la cinquantesima edizione di Santarcangelo Festival, La mappa del cuore di Lea Melandri. Recensione e riflessione di contatto con le azioni di pensiero de Il Campo Innocente

Foto di Margherita Caprilli

Attraverso le pratiche di prossimità esperite durante la cinquantesima edizione di Santarcangelo Festival, il distanziamento ora impostoci dalle normative sanitarie sembra essere stato colmato dalla “vicinanza drammaturgica” di alcuni dei progetti programmati all’interno della macro extra-visione curata dai Motus. Il contatto impedito, lo scambio caloroso ostacolato e la densità tattile di abbracci e strette di mano si riconfigura nella costruzione di dinamiche artistico-performative che rendono possibile l’annullamento di uno spazio tra le cose, tra le persone e costruiscono invece luoghi alternativi di confronto.

Foto di Margherita Caprilli

Nella Piazzatta Galassi, uno dei luoghi ritrovati di questa edizione, nel cuore del centro storico, due tavoli di legno circolari sono posti ai lati del palco rialzato, su uno riviste affastellate di Ragazza In, sull’altro lettere, tantissime lettere accatastate le une sulle altre. Una videocamera riprende con discrezione le copertine, facendosi largo tra foto di volti maschili, articoli su vestiti e oggetti di tendenza, di approfondimento politico, alcuni più pop, altri dedicati a curiosità, altri ancora accennano a una parvente educazione sessuale… E poi le lettere. Le riviste e le lettere sono gli oggetti scenici ai quali Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi si relazionano con una circospetta reverenza: “fragile” e “maneggiare con cura” sembrano dirci. Anche i loro costumi di scena sui toni del blu non danno all’occhio per vistosità, si presentano al pubblico nella loro compunta eleganza, sembrano appartenere a dei messi incaricati di una supervisione speciale. Lui, Andrea, è vicino alle riviste, sul lato sinistro, lei, Fiorenza, è china sulle lettere a destra. Al centro della scena, Francesca Pizzo, eterea figura vestita di bianco con giacca, pantaloni e scarpe grigio chiaro leggermente a punta. Magra, evanescente, capelli ricci e scuri, carnagione bianca e labbra socchiuse. È un’epifania anni ‘80, la cui voce ripercorre in solipsistica attitudine i successi dei Duran Duran arrangiati ed elaborati da Vincenzo Scorza e Mauro Sommavilla; Francesca canta in scena ma ha gli auricolari, la musica che ascoltiamo la sta intonando innanzitutto a sé stessa, in un altro tempo che è fuori dalla scena, probabilmente è in una stanza, da sola.

Foto di Margherita Caprilli

La sua presenza delinea un raccordo tra Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi creando la struttura prossemica triangolare sulla quale si articola La mappa del cuore di Lea Melandri, un progetto in divenire di AtelierSì che a Santarcangelo 50 ha visto il suo debutto e dal quale si articoleranno successive fasi di indagine e di prassi laboratoriale con gli adolescenti. A Lea Melandri, giornalista e attivista politica, figura tra le più rappresentative del femminismo italiano, fu affidata negli anni Ottanta una rubrica di corrispondenza, Inquietudini, su Ragazza In, settimanale per adolescenti. Oggi, sulla scena della compagnia bolognese, quelle novanta lettere sono una materia d’archivio che si attesta come fonte per comprendere tanto la necessità di appartenere a una comunità all’interno della quale potersi sentire legittimati, quanto il tentativo di allontanarsi da quei modelli inevitabilmente incorporati, ripensandoli nell’ottica di una personale costruzione del Sé. E dei propri sentimenti. Esplicitare il proprio corredo emotivo e condividerlo in una spazio esterno ma protetto, come quello della posta di Inquietudini, implica già un andare oltre la propria singolarità abbracciando la collettività. Le risposte di Melandri saranno funzionali infatti a ricompredere quella sfera intima dei problemi amorosi e familiari all’interno di una complessità generalizzata e universale depotenziando quella tendenza all’assolutizzazione e all’irreversibilità tipica del pensiero adolescenziale. In quelle grafie tonde e glitterate, nella preghiera di pubblicazione, e quindi di ascolto, negli pseudonimi rivelatori di personalità celate, si possono leggere i desideri di un’intera generazione.

Foto di Margherita Caprilli

I due attori sono rispettivamente la voce di un’adolescente che leggeva Ragazza In e quella di un ragazzino la cui madre leggeva Ragazza In. Non assistiamo a una lettura di lettere ma alla loro riviviscenza, l’interrogazione empatica di una fonte che viene nuovamente riscritta, come fosse la prima volta, nei corpi degli attori ma anche in quelli degli spettatori. Succede che quei pensieri argomentati con tale cura e precisione intellettuale e sensibile ritrovino nel tempo ricreato da AtelierSì uno spazio di legittimazione per le proprie molteplici solitudini. Si torna così a riflettere in maniera allargata e attualizzante sul dibattito relativo ai nuovi spazi linguistici, e di militanza, ripensati negli incontri de Il Campo Innocente che durante l’edizione santarcangiolesca ha aperto un tavolo di «immaginazione [transfemminista] per creare un percorso di autoinchiesta collettivo».

Foto di Margherita Caprilli

Come affermato dalla stessa Lea Melandri in una densa intervista apparsa su Doppiozero: «dal femminismo mi arrivava una pratica, quella dell’autocoscienza, che aveva aperto le porte ai vissuti personali e alle storie, anche indicibili, del sé». In maniera del tutto aprogrammatica e forzando i confini temporali, è opportuno individuare la vicinanza tra questi movimenti di dialogo, posture e corpi che rifuggono dai modelli, anche e soprattuto quelli biopolitici, per ripensarsi e autodefinirsi. Quella cameretta dalla quale migliaia di adolescenti scrivevano è ora espolsa nell’agorà dei social, nella pubblica piazza che seppur nell’esposizione virtuale, è manifesto di diversificati punti di vista isolati e in fluido mutamento.

Citando Sibilla Aleramo, Melandri continua nell’articolo: «C’è, insomma, una riserva di vita privata, di storia personale, che chiede voce e può trovarla con l’ascolto di altri, in pratiche collettive». Pratiche collettive sono state quelle condotte da Il Campo Innocente nelle quali poter prendere parola e porre domande, esprimere urgenze e ribadire vicinanza e ascolto. Lo spettacolo e questi momenti di incontro rappresentano delle drammaturgie di urgenza comunitaria e relazionale, durante le quali guardarsi negli occhi e dare espressione a un pensiero come attori sociali è un’azione rivendicata in quanto bene di prima necessità, soprattutto in tempi emergenziali.

Lucia Medri

Santarcangelo Festival 50 – Santarcangelo di Romagna, luglio 2020

di e con Fiorenza Menni e Andrea Mochi Sismondi / E con Francesca Pizzo / Musiche arrangiate ed elaborate da Vincenzo Scorza e Mauro Sommavilla / Abiti a cura di Federica de Pascalis / Ricerche Maria Donnoli / Grazie a Lea Melandri per il pensiero condiviso, la vicinanza e la capacità di smontare gli schemi / Comunicazione e promozione Tihana Maravic / Organizzazione e amministrazione Elisa Marchese / Direzione tecnica Giovanni Brunetto e Vincenzo Scorza / Tecnico luci e audio Salvatore Pulpito / Produzione Ateliersi / Con il sostegno di MiBACT, Regione Emilia-Romagna e Comune di Bologna / Con il supporto di Renner / Grazie per la cura a Eugenia Delbue, per lo sguardo a Sara De Simone e per la collaborazione alla Biblioteca Italiana delle Donne / Parte delle lettere e delle risposte della rubrica “Inquietudini” sono raccolte nel libro La mappa del cuore pubblicato da Rubbettino Editore nel 1992. Grazie a tutte e tutti coloro che hanno scritto alla rubrica “Inquietudini”

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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