Carmelo Bene (Campi Salentina, 1º settembre 1937 – Roma, 16 marzo 2002).
Forse il più importante, uno dei più radicali, tra gli artisti del teatro italiano del Novecento, celebre anche per i suoi film, popolare per le sue apparizioni televisive: un poeta della scena, tra gli inventori di un nuovo modo di concepire il teatro come arte autonoma.
«Credo di continuare un discorso laddove anche Antonin Artaud fallì. Io ho ripreso il discorso di Artaud, cioè quello della scrittura di scena, contro il testo; un testo, un teatro di testo, diceva Antonin Artaud, è un teatro di invertiti, di droghieri, di imbecilli, di finocchi; in una parola di Occidentali. […] Dopo secoli, quattro secoli (già però ventilata in Shakespeare ed in tutto il teatro elisabettiano) […] ecco finalmente la scrittura di scena. Una volta il testo veniva, viene tuttora, ahimè, in Occidente riferito; si impara a memoria; cioè è un teatro del detto, del già detto, … e non del dire, che sconfessa il detto e si sconfessa anche in quanto dire. Si tende delle trappole il dire al dire stesso. Non è mai un dire del medesimo, comunque. Quindi la scrittura di scena è tutto quanto non è il testo a monte, è il testo sulla scena. Quindi, il testo ha la medesima importanza che può avere il parco lampade, la musica, un pezzo di legno, di cantinella qualunque, un barattolo. Questo è il testo nella scrittura di scena. Chiaramente affidata alla superbia dell’attore, dell’attore in quanto soggetto, non più dell’attore in quanto Io, cioè in quanto immedesimazione in un ruolo.» (Sulla “scrittura di scena”, Carmelo Bene a Mixer Cultura, 1988)
Qui una serie di articoli pubblicati in questi anni che hanno incrociato la figura e l’arte di Carmelo Bene