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Audizione Cast Flashdance il musical

La Compagnia della Rancia cerca interpreti per il musical Flashdance. Preselezione fino all'11 maggio 

Bando DiDstudio_NAOpf25

Il DiDstudio di Milano, con sede presso la Fabbrica del Vapore, lancia il bando DiDstudio_NAOpf25, un’opportunità dedicata ad artist* emergenti nel campo delle arti performative interdisciplinari. Scadenza: Sabato 26 aprile 2025 alle ore 23:59.

Zerogrammi cerca nuovi interpreti per produzione 2025

In particolare, si ricercano n° 2 danzatori/danzatrici di età non inferiore a 18 anni con ottima base di tecnica contemporanea, buone capacità espressive e predisposizione al lavoro di gruppo. Le candidature potranno essere inviate entro e non oltre il 23 maggio 2025

Transumanza – Santa Cecilia e Semionauta – 12 Aprile H21.00 a...

TRANSUMANZA By Santa Cecilia & Semionauta Sabato alle ore 21:00 presso Spazio Recherche, per la rassegna CURA. Vi invitiamo a immergervi in un’esperienza unica e coinvolgente: TRANSUMANZA, una...

LA FURIA DELLE SIRENETTE (regia Maria Vittoria Bellingeri)

Barbara e Lydia Giordano ci accolgono in piedi al nostro arrivo nella Sala Bausch del Teatro Elfo Puccini: sotto una coppia di slanciate luci al LED che le circoscrivono, si muovono a ritmo lento, producendo misteriosi e ovattati mugolii modulati assieme a suoni elettronici a bassa intensità. Gli abissi del mare non sono esposti attraverso maestosi oggetti di scena, ma suggeriti per via sonora e gestuale, mentre la soffusa luce bianca dei LED ci restituisce un ambiente allo stesso tempo rassicurante e sospeso.  A popolarlo, infatti, non ci sono mostri leviatanici, ma due buffe sirene, Olga e Olivia, sorelle protagoniste del testo di Thomas Quillardet, La furia delle sirenette, tradotto da Maria Vittoria Bellingeri, autrice anche della regia, dei costumi e delle scene. La storia inizia con una delle due, Olga, che convince l’altra a lasciare la loro casa natia e avventurarsi per il mondo, senza sapere dove andare e quando, eventualmente, tornare. Il cammino delle due prosegue in maniera piuttosto piana tra abbacinanti scoperte, nostalgie di casa e incontri con inquietanti personaggi – tutti inscenati da Graziano Siressi, capace di essere ora guardingo come una patella, ora dinoccolato come un’anguilla. Nonostante la brillantezza degli interpreti, tuttavia, il testo appare un poco ingenuo, con personaggi monolitici nelle loro volontà, pulsioni e paure, non intenzionato a confrontarsi con le origini radicali della “furia” e, quindi, con un pubblico effettivamente uscito dall’età infantile. A questo fa da contraltare la scena che, invece, emoziona per intero, soprattutto quando si abbandona a se stessa, diventando una camera delle meraviglie di suoni, di corpi e di luci slegata da ogni supporto testuale.  La storia sorprende nel finale quando, di fronte a un’insolubile differenza di orizzonti, non avviene una riconciliazione disneyana, ma una separazione lucida e pacata, in cui le sorelle scelgono di seguire ognuna la propria strada. Ci dicono, come canterebbe Dimartino, che sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto è utile. (Matteo Valentini)

Visto al Teatro Elfo Puccini di Thomas Quillardet regia, scene, costumi, traduzione Maria Vittoria Bellingeri con Barbara Giordano, Lydia Giordano, Graziano Sirressi composizione sonora originale di FILOQ disegno del suono e direzione di scena Emanuele Pontecorvo luci Maria Vittoria Bellingeri collaborazione al light design Marco Giusti assistente alla regia Margherita Fabbriregia, scene, costumi Maria Vittoria Bellingeri produzione Rosamiranda e Nutrimenti Terrestri con il sostegno di Progetti Carpe Diem (Sardegna), Di Terre e di Acque – Luoghi da custodire, Arti e spettacolo (Aquila, Abruz- zo), Sementerie artistiche (Crevalcore, Bo) foto di Serena Serrani

TEKKEN DRAMA (di e con Francesca Becchetti, regia di Alice Conti)

Il mese scorso ha ceduto una mensola. Mi sono chiesto quand’ha iniziato a rompersi davvero. Il perno che si piega, la calce che si sgretola senza farsi vedere. Il fatto mi torna in mente guardando Eveline (Francesca Becchetti) non se dice d’essersi lasciata col «bastardo», che non è qui il punto, ma quando racconta il fastidio che prova per la fine d’un rapporto offensivo quanto un insulto. Eveline soffre per lo schifo perduto, com’è possibile? O, per dirlo altrimenti, quando ha interiorizzato la mano sul culo, le cosce chiuse, il bisogno di coprirsi, la disparità di valore, l’uso subìto della parola «puttana»? Quand’è cominciato? Quando la mensola ha iniziato a cadere? Con la scomparsa del padre? Quando ha notato la mamma fissa, sempre lì? Nei giorni di Mtv? O quando ha considerato più figo il fratello? Le corse fino al muro, Lara Croft, Geri Halliwell, le mosse di wrestling, l’idea che stare coi maschi sarebbe stato più facile. L’idea di somigliare alla madre, l’attesa d’una telefonata. E ora? Sta davanti a un pannello di legno ferito (la cicatrice da cui viene la luce) con le voci nella testa che mischiano spunti pop che fanno ridere il pubblico, frasi misogine da convegno, citazioni femministe e le facili rassicurazioni di un’amica mentre lei avverte una voragine invece, che riguarda anche me (io quando sono diventato l’uomo che sono?), e di cui vuol capire l’origine. Questo mi pare Tekken Drama, tra soluzioni consuete oramai (testo in frammenti, frontalità, microfono in pugno) e un lavoro pluriennale di ricerca (“Sister”, lab triennale per sole adolescenti su affettività e sessualità; “Le disgraziate”, corso di Anomalia Teatro per donne e persone trans) da cui viene il bisogno di parlarne. Un appunto: perché sia anche un atto politico, come sento uscendo da Sala Assoli, dove si svolge il Napoli Queer Festival, occorre una platea che non sia già d’accordo. Dobbiamo porre specchio al Re direbbe Shakespeare, perché avvenga il conflitto. Che altrimenti resteremo ad annuire tra noi. (Alessandro Toppi)

Visto a Sala Assoli. Di e con Francesca Becchetti. Regia di Alice Conti. Scenografia Prisma. Luci Ilaria Bertozzi. Costumi di Simona Randazzo. Produzione Anomalia Teatro, con il sostegno di Montagne Racconta.

THE BARNARD LOOP (di DispensaBarzotti)

The Barnard Loop è il sogno sognato da un altro. Inizia prima che ci s’accomodi in sala, nega ciò che sta compiendo (dormire) e per reiterazione comica, rilanci immaginari e smentita delle attese, distorce il plausibile (un uomo che ha difficoltà a chiudere gli occhi) rendendolo assurdo quanto un incubo. Comincia col sorso di camomilla, la sveglia puntata, la posizione da dare alle mani, le ossa incriccate, il lenzuolo steso o arrotolato a una gamba, il cuscino sulla faccia, il ronzio d’una zanzara, la luce da spegnere, lo squillo al telefono, i tuoni e i fulmini, il letto che cigola – oddio, ho sentito uno squittio simile a quello dei topi –  e termina con la scena d’un crimine e un tuffo in valigia  dopo aver mostrato libri che bruciano, frame di Frankenstein junior e cupecake divorati in un pugno. Visione intensa ed effimera, che dura quanto dura lo spettacolo, per chi crede che un uomo stia sia in piedi che nel letto, che una moka serva litri di caffè o che una pianta prepari la colazione sa di magia (gli «ooohhh» del pubblico e le bambine e i bambini che al termine vorrebbero smontare il giocattolo per sapere com’è che funziona); chi ha la fantasia atrofizzata, per dirla con Benjamin, è curioso invece dei numeri che seguono ai numeri e applaude gli interpreti (Jacomo Maria Bianchini e Rocco Manfredi) – tra mimo, clownerie e acrobatica: «bravi, no?» mi chiede una signora all’uscita – mentr’io ho amato i residui, i difetti: il lampadario che cala prima d’un millesimo svelando che verrà colpito tra un attimo, la botola del materasso intravista due volte, il buio tardivo che mostra l’attore che s’affretta a prendere posto; il terriccio caduto dalla pianta, le piume volate dal cuscino, un fiammifero scappato alla scatola e che resta per tutto lo spettacolo ai bordi del letto. Sono come il trucco slabbrato che Ripellino nota ai lati della bocca d’un pagliaccio romano prima di una capriola, e mi ricordano che il teatro, questa cosa fatta dagli uomini per gli uomini, infine non conosce la perfezione. Per fortuna. (Alessandro Toppi)

Visto al Teatro Area Nord. Ideazione e scrittura di Rocco Manfredi e Alessandra Ventrella, regia di Alessandra Ventrella, con Jacopo Maria Bianchini e Rocco Manfredi, luci di Alessandra Ventrella, sostegno logistico Cie Les Karnavires, produzione DispensaBarzotti

ANONIMASEQUESTRI (di Leonardo Tomasi)

C’è un regista sardo laureando al DAMS, poi due attori trentenni in cerca di ruolo e un ostaggio incappucciato. C’è una telecamera che riprende live ma in lieve differita, c’è un tavolo di lavoro, due birrette e due tipici berritas. C’è anche una nonna, che compare in delle foto segnaletiche e in un video messaggio. È tutto nello spettacolo anonimasequestri, in cui a essere sequestrato è il pubblico da un gruppo, poco organizzato, di banditi che come riscatto chiedono la loro stessa identità. Vincitore del Premio Scenario 2023, il lavoro è una drammaturgia maleducata (e meno male!) che ibrida il linguaggio scenico con incursioni cinematografiche, battute dai toni “pulp” à la Quentin Tarantino, di cui riconosciamo l’influenza stilistica sin dall’inizio e poi dichiarata in un divertente mash up teatrale in dialogo con Mr. Blonde de Le Iene. Il brano Stuck in The Middle with You, che nel film fa da memorabile colonna sonora, diventa qui sul palco emblematico della condizione di questi trentenni, stuck/bloccati alla ricerca di un’identità che sia il più possibile lontana dall’«antica terra brulla di Sardegna», dai nuraghe, dai culargiones, dalle maschere dei Mamuthones e Issahoderes, e pure dall’Anonima Sequestri di Graziano Mesina. Anche se a volte la scrittura si compiace in dei passaggi ridondanti, che la fanno attorcigliare sul già detto creando una sorta di litania, il lavoro fa emergere il grottesco di questa ricerca/sequestro/riscatto creando - grazie proprio ai riferimenti cinematografici, giornalistici e televisivi delle serie poliziottesche - una sovrapposizione di piani del racconto e di senso in cui la strenua rivendicazione politica decade, messa in crisi da una sequenza ritmata, incessante, di gag comiche. Tra tutte, l’espressione “tipicamente sarda”, un po’ superba, anche menefreghista, del tecnico luci Alessandro è un perfetto contraltare mimico, e sinceramente identitario, che si contrappone alle velleità confuse del regista e dei due attori. (Lucia Medri)

Visto al Centrale Preneste Teatro per la rassegna YOU. The YOUng City – I grandi racconti Under 35: con Federico Giaime Nonnis, Daniele Podda, Leonardo Tomasi e un ostaggio, dramaturg e assistente alla regia Sonia Soro. Il lavoro è stato sviluppato in residenza presso Teatro Due Mondi, è una produzione Teatro di Sardegna e Teatro Metastasio di Prato e Vincitore Premio Scenario 2023. Foto Impresa sociale Nuovi Scenari (Agostino D'Antonio)

VANITAS (di G. Giannini, F. Novembrini, R. Racis)

Giovanfrancesco Giannini, Fabio Novembrini e Roberta Racis firmano Vanitas, che definiremmo un’“installazione figurativa”, la cui scrittura coreografica è assolutizzata in una successione di pose lentissime, nette, a tratti pornografiche - per l’esibizione sfrontata di bocca, lingua e fondoschiena – che tendono all’immobilismo, per bloccarne la bellezza giovanile in un’eterna immanenza. Per questo è attraente l’inserimento, quasi fosse un quarto interprete, di una mini videocamera che come uno specchio passa di mano in mano imprimendo la gestualità filmata su di un dispositivo che rende quella stessa immagine riproducibile tecnicamente. Bellezza e Piacere, Disinganno e Tempo, sono gli altri protagonisti, assenti in scena ma la cui essenza è proiettata sullo sfondo nei quadri di nature morte e nei telegrafici estratti da Il trionfo del tempo e del disinganno, libretto del cardinale Benedetto Pamphilj, poi musicato nel primo oratorio di Händel. Le pose scelte, la nudità, e i costumi – una sorta di specchio riflettente che copre il corpo seminudo di Racis, una gorgiera a circoscrivere il volto di Novembrini e una tuta e sneakers a svelare la figura di Giannini – completano, profanandola però, la sacralità dei quadri Santa Maria Maddalena di Mattia Preti e Vanitas, Putto con teschio, specchio e civetta del Guercino. Il lavoro si fruisce con lo stesso atteggiamento con cui si visiterebbe una mostra, e in alcuni momenti non nascondiamo un vago senso di noia, ciononostante Vanitas crea una conturbante e voyeuristica fascinazione, stimolando la sensorialità: inebriante il quadro scenico con l’altare di fiori recisi che investono di profumo le prime file. Progressivo è invece il disegno luci che illumina in tagli obliqui, orizzontali e laterali l’ultima scena, a indicare lo scorrere del tempo in un’indefinita infinitezza, tanto da lasciare il pubblico indeciso su quando iniziare a applaudire. Non avere certezza della fine dello spettacolo, ma viverla, è un tranello formale e contenutistico curioso, funzionale a scardinare con ironia la seriosità del progetto. (Lucia Medri)

Visto al Teatro Biblioteca Quarticciolo per la stagione danza di Orbita Spellbound: un progetto di Giovanfrancesco Giannini, Fabio Novembrini, Roberta Racis, direzione tecnica e light design Valeria Foti, progetto sonoro Samuele Cestola, foto e video Luca Del Pia, produzione Körper-Centro Nazionale di Produzione della Danza, coproduzione Santarcangelo Festival, Théâtre L’Aire Libre, St Jacques de Lande, Le Joli Collectif con il sostegno di Primavera dei Teatri Castrovillari, Centro di Rilevante Interesse per la Danza Virgilio Sieni, Fattoria Vittadini, Istituto Italiano di Cultura di Parigi nell’ambito di R.O.M -Residencies On the Move di Théâtre l’Aire Libre -le Joli collectif in collaborazione con La Balsamine (Belgio), Santarcangelo Festival (Italia), Le Grütli (Svizzera), Théâtre Prospero e Teatro Periscopio (Canada) rete finanziata dall’Unione Europea

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