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Stratroia, te la sei cercata! Una favola nera sul corpo femminile

Ortika, compagnia composta da Alice Conti, Chiara Zingariello e Alice Colla, ha portato in scena durante la rassegna torinese Concentrica Stratroia. La recensione

Foto Silvia Pinna

Occhi grandi che si aprono sul pubblico, esterrefatti per tutto il dolore subito, spaesati e impauriti come dopo un viaggio al termine della notte, i capelli lunghi un po’ arruffati per quella corsa in una foresta da cui non si esce, come non si esce da certi incubi. Gli occhi di questa ragazza sono gli occhi di Alice Conti e sono commoventi.
S come Stratroia, Ragazza S è il nome della protagonista del testo di Chiara Zingarello messo in scena da Conti, con le luci, le scene, l’audio e il video mapping di Alice Colla: le tre donne di Ortika. Compagnia ad alto tasso di autorialità che meriterebbe maggiore visibilità nei circuiti teatrali. L’abbiamo incontrata a Concentrica, rassegna ideata e organizzata a Torino (e fuori) dal Teatro della Caduta per mettere in rete spazi cittadini e luoghi in provincia e regione (fino alla Liguria).
Negli spazi – tipici di una certa geografia post industriale torinese riconvertita – di Arca Studios, ai Docks Dora, il gruppo milanese ha presentato un lavoro che sfrutta appieno le doti da trasformista di Alice Conti: siamo in un tempo e in una geografia sconosciuti, in un paese chiamato Troiaio (“35 abitanti, contrada antica dell’Estremo Niente”), qui è sparita Ragazza S, da tutti amata e forse da tutti uccisa.

Foto Silvia Pinna

Alice Conti comincia nei panni di un gerarca partenopeo, continua in quelli di un professore misogino (a lui le parole ignobili «Ecco perché è sparita! Se l’è cercata!»), poi in quelli di un macellaio romagnolo, per diventare infine un qualunque ragazzo di paese mezzo ritardato e una madre impersonata da una inquietante bambola manovrata. Lo spazio è piccolo e forse sacrificato per contenere l’ingegno della regista/interprete e le creazioni video di Alice Colla, proiettate su fogli singoli o su di un telo dietro al quale l’attrice sparisce. Poi c’è un baule nel quale proliferano le farfalle prima di nascere e liberarsi in volo.

Ragazza S è sparita, proprio lei che lavorava alla serra, un luogo centrale per il paese, simbolo di rinascita e apertura turistica. Nessuno è colpevole ma lo sono tutti. La piccola favola nera di Chiara Zingarello si muove su toni lirici e comici creando un panorama di abiezioni in cui l’uomo dice di amare qualcosa che poi distruggerà. Il testo si nutre anche di spunti filosofici e storici, da Dell’arte di trattare le donne di Schopenhauer a Processo per stupro, film del 1979 nel quale le sei autrici documentavano – e accadeva per la prima volta nella televisione italiana – un dibattimento relativo alla violenza sessuale subita da una giovane donna. Nel caso di Stratroia non vi è processo, ma è comunque il corpo femminile ad essere al centro della riflessione: «Qui si racconta di un corpo femminile che è sempre stato definito dall’esterno. Modellato, vestito, svestito, penetrato e lacerato fino a non essere più corpo: un simbolo incarnato di un’identità. Ora quel corpo – cavallo di Troia – non si trova più» (testo tratto dalle note di accompagnamento dello spettacolo, ndr).

Foto Silvia Pinna

Tutti dichiarano i propri sentimenti alla giovane, nessuno confessa. Che fine ha fatto S? La drammaturgia guida lo spettatore dentro una foresta di allusioni senza spiegare troppo, fermandosi un attimo prima di prendere le mosse del thriller: potrebbe essersi salvata, proprio grazie all’unico uomo puro di cuore, oppure il branco potrebbe aver nascosto il cadavere. Ma la questione è un’altra, bisogna rintracciarla nella carrellata di violente maschere. Gli uomini, neanche troppo velatamente, sono autori di un’immagine in cui vogliono vedersi riflessi: le risatine e le allusioni ai comportamenti libertini, tracciano il ritratto di una Bocca di rosa di cui non conosciamo nulla se non le poche parole affidate a una narrazione postuma, come se la ragazza fosse narratrice di se stessa da una dimensione altra. La fuga nel buio bosco è una corsa senza speranza perché, anche se S dovesse farcela, rimarrebbero comunque quei suoi occhi sgomenti a raccontarci molto più di quanto tutti gli uomini ci hanno rivelato di lei.

Andrea Pocosgnich

Torino, Concentrica – novembre 2018

STRATROIA
compagnia Ortika
ideazione e regia Alice Conti
testo Chiara Zingariello
con Alice Conti
disegno luci, scena e video Alice Colla
costumi Eleonora Zippo

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

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