Il regno profondo. Perché sei qui?, una lettura drammatica di Claudia Castellucci e Chiara Guidi, a Short Theatre. Recensione
In ogni epoca, invero, il teatro ha sempre ragionato su se stesso. Anche quello meglio ancorato al tempo presente, quello che parla di giorni e di luoghi che sono gli stessi vissuti dagli spettatori, lo fa filtrando il discorso attraverso la potenza inaspettata di un mezzo che non ha limitazioni, che riorganizza i propri codici cominciando ogni volta da zero e sorprendendo sia l’artista che lo sguardo che partecipa alla creazione di un linguaggio.
Proprio di creazione di un linguaggio si parla ogni volta che un’opera teatrale decide di rivelarsi per ciò che realmente è, rinunciando – in maniera più o meno estrema – a quasi ogni indoratura per andare invece a scavare in profondità. Di questo pare occuparsi Perché sei qui?, terzo movimento del ciclo Il regno profondo – dopo La vita delle vite e Dialogo degli schiavi – scritto da Claudia Castellucci, portato in voce dall’autrice, qui accanto a Chiara Guidi, che cura anche la regia vocale. In scena una pedana quadrata, quasi un ring privato delle sedici corde, illuminata da una luce tenue che piove da un grosso riflettore nero e lasciata vuota a ospitare solo due aste microfoniche, regolate a due diverse altezze.
Perché sei qui? è la primaria domanda esistenziale, abbraccia secoli di speculazione filosofica e teologica, attraversa le epoche del pensiero ma lo fa, qui, attraverso la semantica del suono. Nella prima parte il quesito si lascia esplorare dal «dialogo didascalico classico» – si legge nei materiali –, pulsa in un’invettiva che cambia forma e passa da un’interrogazione al Creatore a un’indagine sull’io che fronteggia se stesso. Le due «luogotenenti» proteggono un avamposto di razionalità meticolosa, nell’accompagnare la riflessione sullo stare e sulla sua libertà si trovano disgiunte e poi riunite in un senso eternamente duale, mentre da fuori scena arriva un commento sonoro (firmato da Scott Gibbons) che pare attutito da una lunga distanza e ha forma di tonfi sordi, orchestre subacquee e lontane manifestazioni di piazza. Qui una coscienza che si autoproduce dentro a un isolamento, di là un mondo lasciato fuori; la sfasatura di questi due piani viene sottolineata da tre blocchi di «interruzione pubblicitaria», durante i quali le due attrici perdono vita e franano a terra, mentre sul fondo scorre una rassegna di modelli comunicativi. Quello superficiale è il linguaggio della pubblicità, la sagacia degli slogan e dei payoff, che mescola il messaggio promozionale al gioco linguistico; il suo antipode è la «pubblicità profonda», dove esprimere la funzione di un luogo è l’unica via per una sua eloquente rappresentazione: Elettrauto Marelli, Roma; Pompe Funebri Cherubini, Milano. O Teatro Comandini, Cesena.
In questo ostinato approfondimento verticale la dimensione concettuale si frammenta, poi, in altri due quadri. L’identità portata in un nome proprio resiste, sommessamente, a ogni tipo di interrogazione, mentre i corpi eretti si mostrano a tutto tondo come statue, ruotando su una pedana meccanica. Infine, come riportando il ragionamento intellettuale a una riflessione sul teatro della parola, un semplice «ciao» apre una ricerca dialogica tra senso e non senso, dove dovrebbe nascondersi chissà quale intenzione retorica e che invece scivola nella più ovvia delle reazioni: rispondere con lo stesso saluto, voltando le spalle prima di andare via. E buio.
Sergio Lo Gatto
La Pelanda, Short Theatre 13, settembre 2018
IL REGNO PROFONDO. PERCHÉ SEI QUI?
scritto da Claudia Castellucci
regia vocale Chiara Guidi
interpretato da Claudia Castellucci e Chiara Guidi
musiche Scott Gibbons, Giuseppe Ielasi
direttore tecnico Eugenio Resta
fonico Andrea Scardovi
organizzazione Elena De Pascale e Stefania Lora
produzione Societas