Con il titolo “Provocare realtà”, il 5 settembre prende il via a Roma la tredicesima edizione del festival internazionale Short Theatre, evento inaugurale della stagione teatrale romana in dialogo con la città e con i suoi artisti. Presentazione. Contenuto in media partnership con Short Theatre 2018
Un festival internazionale di arti performative che suona, per tutti, come un primo giorno di scuola. Incontrarsi, ritrovarsi, scoprire, ballare e uscire dalle proprie abitudini spettatoriali: Short Theatre ogni anno rinnova la propria promessa e offre un inizio di stagione che, edizione dopo edizione, trasforma la nostra idea di ciò che è “nuovo”. Il tema-titolo di questa edizione è “provocare realtà”, un’espressione che – oscillando tra un’imperativa chiamata alle armi e la descrizione di un gesto che si confronta con il macro-tema del “reale” – ci introduce nella dimensione concettuale che sostiene il festival ideato e diretto da Fabrizio Arcuri e dalla co-direttrice generale e curatrice artistica Francesca Corona. Se è vero che la realtà è, principalmente, ciò che appare dentro i nostri occhi, altrettanto vero e necessario diventa allora uscire da questa “cornice” per andare alla ricerca di nuovi confronti, nuove posture e nuove pratiche che possano espandere la nostra percezione, le nostre narrazioni e il nostro pensiero. Sarà il 5 settembre, dunque, e Short Theatre aprirà la propria programmazione con Pericolo felice, esito della storica Ecole des Maîtres diretta quest’anno dal portoghese Tiago Rodrigues che ha coinvolto sedici giovani attori di diverse nazionalità.
La prima novità di questa edizione riguarda i luoghi del festival, infatti Short Theatre non abiterà unicamente gli spazi della Pelanda a Testaccio, storico quartiere generale della manifestazione, ma anche i teatri India e Argentina e la Biblioteca Renato Nicolini dove avrà luogo, in collaborazione con Romaeuropa Festival, la performance The Quite Volume di Ant Hampton e Tim Etchells, una proposta che mette al centro la lettura, i libri e il silenzio partecipato della biblioteca. Il programma di quest’anno è diviso secondo nove diverse categorie di eventi: danza, teatro, performance, cinema, installazione, Panorama Roma, progetti in residenza, controra e tempo libero. Per ognuna di queste istanze è presente una rosa di proposte attraverso cui è possibile disegnare una mappa di eventi cui partecipare ma anche un percorso personale di approfondimento e ricerca. Quest’anno, infatti, il festival propone anche uno spazio dedicato a momenti di incontro e di pratiche denominato Tempo Libero con diverse proposte di formazione; tra le altre, il 7 settembre Guerrilla Theory consisterà in una giornata di apertura del Master in Studi e Politiche di Genere dell’Università Roma Tre, mentre il 13 e 14 settembre Giorgia Ohanesian Nardin darà vita a Pleasure Body.
Un progetto particolarmente importante, una “zona di condivisione” dedicata a intessere e approfondire il dialogo con gli artisti del territorio, questo sarà Panorama Roma, che avrà luogo il 9 settembre. Dal mattino alla sera, articolandosi in tre sessioni, diverse compagnie e artisti residenti nel territorio di Roma si presenteranno e dialogheranno tra loro. Un’altra parte del programma dal carattere “territoriale”, è quella dei progetti in residenza, due proposte che a loro volta intrecceranno una propria “programmazione nella programmazione” – la radio del festival Bad Peace_Verso il mattino, la conversazione sul mondo arabo a cura dell’agenzia NERO editions, le sonorizzazioni di Jing e l’installazione di OHT, Little Fun Palace. Sul fronte della programmazione di teatro, danza e performance, i gruppi di artisti coinvolti sono cinquantacinque, tra italiani e stranieri, per un totale di centoventi appuntamenti compresi i DJ set che chiuderanno le serate del festival.
Il 6 e 7 settembre, Tiago Rodrigues presenterà in prima nazionale Antonio e Cleopatra, mentre il 9 sarà la volta di Gala di Jérôme Bel, spettacolo co-realizzato con il Teatro di Roma – Teatro Nazionale nell’ambito della rassegna – curata da Michele Di Stefano – Grandi Pianure – gli spazi sconfinati della danza contemporanea e nell’ambito de la Francia in scena, stagione dell’Institut Français Italia e dell’Ambasciata di Francia in Italia. Ancora dalla Francia, il 15 settembre assisteremo a un progetto di conferenza-spettacolo curato da Ana Pi con Cecilia Bengolea e François Chaignaud sulle danze urbane (e sui loro risvolti socio-politici) di dieci diverse città del mondo. Un’artista da seguire, nell’ambito della coreografia internazionale, è Oona Doherty che a Roma andrà in scena il 7 e 8 settembre. A studiare gli effetti del post-colonialismo, invece, lo svedese Markus Öhrn presenterà l’installazione Bergman in Uganda. Il 14 e 15 settembre sarà invece la volta di Sarah Vanhee, artista belga che proporrà Oblivion. Ma, se di realtà parliamo, non è possibile tralasciare i drammi del nostro presente; su questo aprono una riflessione Jessica Huber e James Leadbitter che con The vacuum cleaner intendono rigenerare gli immaginari svolgendo un laboratorio con un gruppo di persone richiedenti asilo, in collaborazione con Baobab Experience. Dall’Italia, invece, saranno presenti Claudia Castellucci e Chiara Guidi che presenteranno Il regno profondo. Perchè sei qui?, ma anche Babilonia Teatri, Fortebraccio Teatro, Sotterraneo, Muta Imago, Filippo Michelangelo Ceredi, Vicoquartomazzini, Jacopo Jenna, Annamaria Ajmone e Alberto Ricca Bienoise e Claudia Catarzi.
Ancora nella prospettiva della collaborazione, Short Theatre ha prodotto Bogdan Georgescu e Mihaela Michailov, autori rumeni partecipanti al progetto Fabulamundi – Playwriting Europe in prima assoluta il 13 e 14 settembre. Mentre L’uomo che cammina, progetto di DOM di attraversamento degli spazi urbani, prodotto da PAV nell’ambito di Estate Romana, e il progetto The end del collettivo Strasse segnano ulteriormente la volontà del festival di tenersi saldamente ancorati allo spazio urbano, come luogo di esplorazione e di conoscenza.
Inizieremo la stagione, dunque, andando alla ricerca di nuove prospettive di osservazione del reale, attraversando realtà di cui saremo noi a provocarne senso e effetti. Indagheremo il futuro con lo strumento della performance, ciò che più tiene vicino ai nostri corpi la pratica del vivere. E infine, se vorremo, volgeremo un ultimo sguardo al passato, al tempo sospeso dell’estate lasciata alle spalle, immergendoci in questo capodanno settembrino con ancora più fame di ciò che ci tiene svegli la notte, del nostro mondo-teatro, senza poter più immaginare qualcosa che sfugga dai nostri occhi.
Andrea Pocosgnich