HomeMedia partnership«Non nel ragionamento, ma nello stare». Intervista a Roberto Latini

«Non nel ragionamento, ma nello stare». Intervista a Roberto Latini

“Where is the sight?”, il laboratorio per attori professioni condotto da Roberto Latini si terrà a Todi dal 27 al 31 agosto. È una delle tre masterclass (le altre sono affidate a Liv Ferracchiati e a Paola Lattanzi) che compongono l’offerta formativa a latere della rassegna Todi Off – Futuro Anteriore. Abbiamo intervistato i tre artisti per investigare il senso e il ruolo della pratica formativa nei loro percorsi autoriali e il loro concetto di didattica. In questa conversazione Roberto Latini espone il proprio pensiero attorno all’idea di laboratorio creativo e, più in generale, attorno a quella di “stare scenico”.

Che cosa significa per te insegnare e imparare nel contesto delle arti performative?

Insegnare? Niente. Intendo dire che l’arte performativa è un qualcosa che non si insegna, ma che si può imparare. È quello che è accaduto a me quando ero alla scuola di Perla Peragallo, dove sono sicuro di aver imparato ad imparare. Quello che un percorso formativo può diventare, le direzioni che può prendere, afferiscono a un processo che è a cura del singolo, che risiede nella sensibilità. In realtà noi – io e le persone che lavorano con me in un laboratorio – andiamo soltanto a creare un incontro, in uno spazio utile a parlarci: io non so mai quali possano essere le parole capaci, e quali possano essere i silenzi capaci, per ognuno. Quindi sono lì che dico più cose possibili, dico il meno possibile, e poi spero.

Che tipo di rapporto cerchi di instaurare con i partecipanti a un workshop?

Una qualità di rapporto molto vicina a quella che cerco di creare anche con gli attori e, più in generale, con le persone con cui lavoro. Si tratta di “fare la verità”, di farla non di dirla. Questa è una di quelle frasi belle da pronunciare che però, a differenza di molte altre, sottende un mondo effettivo e possibile. Più in generale, agli attori dico sempre che non c’è bisogno che siano bravi, c’è bisogno che facciano finta di essere bravi. E per far finta di essere bravi – perché non possiamo esserlo, possiamo solo fingerlo – dobbiamo fare la verità.

Quanto conta la formazione (data o ricevuta) del tuo processo creativo?

La trasmissione di un sapere ha tutto un portato che ha a che fare con il non sapere. Si tratta solo di comprendere questo, e io lo annuncio subito. Credo che, nelle pratiche della creazione, non possa esistere un’assolutezza e quindi sia necessario lavorare sulla relatività. È sempre tutto relativo: relativo alla mia esperienza, alla mia percezione, al mio sentire. In un processo che pone al suo centro la sensibilità di chi lo conduce è essenziale conservare uno sguardo dubitante e di apertura. Quindi, ecco, quello che spero è che le persone con cui lavoro a una creazione non mi credano; questo è fondamentale.

Perché la masterclass si chiama Where is the sight?

È una battuta tratta dall’Amleto di Shakespeare, la pronuncia Fortebraccio, nel V Atto, quando Amleto ha appena detto: «Tutto il resto è silenzio». Si tratta di una formula dalla quale siamo partiti, insieme a Barbara Weigel, per costruire Amleto+Die Fortinbrasmaschine che, tra i miei spettacoli recenti, è sicuramente quello che più ha a che fare con lo stare scenico e che tocca in termini più profondi la questione attore/performer. Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi? – un lavoro che ha appena debuttato e che decostruisce i Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello – riprende in qualche modo quel filo, un ragionamento e una dimensione fortemente vivi anche in Cantico dei Cantici e in Teatro Comico. Al centro c’è l’atto del chiedersi: dove è questa visione? Dove è questo spettacolo? Dove devo guardare? Per estensione possiamo dire: dove devo guardare per vedere quello che c’è da vedere? Ecco questa è, secondo me, la domanda assolutamente contemporanea rispetto al teatro, non soltanto dalla platea ma anche dal palcoscenico. Ogni attore decide continuamente, è armato e disarmato da questa cosa: dall’occasione continua di prendere decisioni, di doverle prendere, anche rinunciandovi. Se questa è la domanda che uno tiene presente e viva, le risposte arrivano, non nel ragionamento ma nello “stare”, che comprende tutte le cose di cui sopra.

Redazione

Scopri la masterclass di Roberto Latini sul sito di Todi Festival.

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