Teoria del Cracker di Daniele Aureli, Occhisulmondo. Il tema della malattia sul palco di Teatro Sybaris di Castrovillari, per Primavera dei Teatri XIX. Recensione
Non è a cuor leggero, non è senza patire che si racconta di teatro. Chi scrive ha in animo di stare nello spazio assieme. E poco discosta chi è sul palco e chi, dirimpetto, si accomoda in platea. Frasi fatte. Frasi sfatte. Si accomoda? Davvero, lo spettatore, si accomoda? Sarebbe più opportuno dire che si scomoda, prima di tutto, di arrivare, esserci, accettare il bagaglio di un altro sulle spalle proprie, ma la sua scomodità si misura ben oltre la sedia, la poltrona, è in cuore che si sfigura fino alla meno protetta compresenza. Perché di temi, forme, luci e suoni, si può – talvolta è necessario – anche morire. Per paradosso, vivendone fino in fondo. Dentro una nuvola, tra la luce decompressa in cui traspare una stasi polverosa, il gesto reiterato di scrollarsi qualcosa di dosso si impone nell’oscurità della scena. È lì che prende animo tale pensiero nell’aria sempre meno presente, sempre più intrisa di una crescente asfissia, nell’atmosfera della Teoria del Cracker (o della vita puttana), monologo scritto diretto e interpretato da Daniele Aureli di Occhisulmondo, con la cura della dramaturg Giusi De Santis, in prima nazionale a Primavera dei Teatri XIX di Castrovillari.
La polvere resta sospesa, crea ombre, crea altra consistenza, l’inconsistenza. E parole, dalla bocca di un attore, che inizia a fare i conti con una mentalità di paese e a delineare una prima forma della storia; e c’è il riflesso di una donna, che a quanto pare una voce maschile inchioda sul confine della loro relazione, lamentandone le reazioni degli altri che non vedono il legame di buon occhio: il prete che non le parla mai, la madre di lei che ne è addolorata, forse solo qualcuno, un vecchio ubriacone, un nipote che soffre d’amore, forse qualcuno, soltanto, si accorge di qualcosa, accetta una condizione senza pregiudizio, senza innescare dunque in chi la vive un processo di colpa.
Fermi, però, fermi tutti. Perché l’esterno di una meccanica drammatica si fa fin troppo interno. Cosa c’entro io, seduto comodo in platea? Perché la cosa mi riguarda? Il dolore è compresenza, prende uno spazio di condivisione e non se ne va più; è un dolore doppio, prima di tutto per la condizione della malattia, d’improvviso chiara sulla scena, che riconsidera tutto quanto finora ascoltato: non d’amore, si parla, non di vita. Ma di morte. E allora d’altra vita, si cerca. In secondo luogo è il contatto, un altro dolore: mancato, rimosso, indifferente. Il male fa paura, la società degli altri fa quadrato attorno a sé stessa e si riconosce in un silenzio di emarginazione, si vieta alla relazione con chi ne porta i segni. Cosa siamo? Cosa siamo diventati? Gli uomini incapaci di solidarietà, anche i più sensibili come un prete o una madre, impauriti da uno stato d’esistenza che vorrebbero negare per non riconoscere, perché queste cose non succedono mai a noi ma sempre agli altri. Che siamo, appunto, noi.
Cosa resta. Cosa. Se c’è sempre, questa polvere. Nelle parole degli altri, sulle spalle degli emarginati dalla comunità, nell’aria che trasporta ciò che invisibile si alza e di nuovo si posa, entra nel respiro in forma di profumo, sapere, intensità, ma insieme sa essere fumo, scoria, residuo negli organi; e diventa corpo dell’uomo, lo consiste, lo ammala, lo distrugge. Non va via, anche quando va via il corpo. Ne resta una nuvola che è forma oltre la forma, suono oltre il silenzio, quel che resta della vita, quando ancora prima della fine ci si accorge, desolati, dolorosi, che vita già non è più.
Simone Nebbia
Teatro Sybaris, Castrovillari – Primavera dei Teatri. Maggio 2018
TEORIA DEL CRACKER (o della vita puttana)
prima nazionale
di e con Daniele Aureli
primo spettatore Massimiliano Burini
dramaturg Giusi De Santis
drammaturgia e regia Daniele Aureli
cura del suono Nicola “Fumo” Frattegiani
assistenza tecnica Amedeo Carlo Capitanelli e Matteo Svolacchia
tecnico luci Christian Sorci
produzione Occhisulmondo
foto Michele Tomaiuoli
Spettacolo vincitore premio Giuria Popolare Tuttoteatro.com Dante Cappelletti 2017