Tropicana di Irene Lamponi con la regia di Andrea Collavino visto al Teatro San Giorgio di Udine per la Stagione Contatto. Recensione
Nel 1983 uno dei gruppi meteora del panorama musicale italiano faceva muovere a ritmo incalzante schiere di ragazzi pronti ad affrontare l’estate. Quel motivo scanzonato accompagnava però le parole di una storia più dura: l’eruzione del vulcano Arenal che, nel 1968, distrusse tre paesi vicino alla città di San José. Pochi nell’ascoltarla se ne accorsero, difficile andare oltre la superficie quando di fronte c’è il mare e un ritmo calypso da seguire.
Nello spettacolo Tropicana di e con Irene Lamponi per la regia di Andrea Collavino le vicende del famoso brano sono sottotesto, non esibito, per una lettura trasversale dell’opera. Tropicana sembra solo una canzone da imparare, accordi semplici ma insidiosi, con cui la protagonista Nina deve misurarsi in un refrain che si muove a intermittenza tra le vicende familiari.
Due generazioni a confronto: da un lato la madre Lucia (Elena Callegari) – alle prese con l’abbandono da parte del marito, le ansie e crisi di panico connesse – e Meda (Cristina Cavalli) l’amica di famiglia, quella cinica oltre la cui corazza si scopre una consueta fragilità; dall’altro la figlia (Irene Lamponi) adolescente inquieta come molte e il suo giovane fidanzato Leo (Marco Rizzo) appassionato e fedele. Lo spettacolo prova a esplorare vicende familiari che i nostri sensi sanno ripercorrere a memoria scavando nei ricordi: il momento in cui siamo noi figli a doverci prendere cura dei genitori, a combattere con le loro fragilità, a nascondere la vergogna che la pietà verso chi ami immediatamente accende. E poi ancora, la rabbia d’adolescente, quelle risacche in cui ci si chiude, le forme di resistenza passive verso una vita di cui non possiamo essere solo noi gli artefici.
La storia scritta da Irene Lamponi potrebbe essere senza tempo, un quadro familiare costruito sulle debolezze dei suoi protagonisti, e in cui ognuno può riconoscere le proprie. Non a caso il testo nasce all’interno del laboratorio “Crisi” tenuto da Fausto Paravidino al Teatro Valle Occupato.
Un fondale blu, decorato da qualche nuvola stilizzata, quattro sedie rosse e morbide, un tavolino. I protagonisti entrano ed escono dalla scena, ma non si sottraggono mai alla vista dello spettatore. Di lato li osserviamo guardare la vicenda di chi è rimasto sotto i riflettori, muovere gli oggetti, spostare l’arredo e tendere le fila del racconto. Gli attori diventano burattinai dei propri personaggi, che invece di agire reagiscono, senza in fondo mai accendersi. Un gioco teatrale elementare, dietro cui possiamo leggere la passività con cui guardiamo alle nostre crisi, e come ci abbandoniamo ad esse. Si sottolinea in questo modo un distacco ulteriore, quel rimanere sulla superficie simile alla reazione che abbiamo ascoltando il brano Tropicana per cui non si riesce a commuoversi per le tristi vicende delle vittime di un’eruzione, ma si rimane lì a dondolare scanzonati sui ritmi di quella che crediamo una canzonetta.
Alla fine della vicenda, il giorno di Natale, in un’apparente pausa dalle ostilità, la figlia Nina è accesa dalla speranza di un fratellastro appena nato cui dare un nome. Sullo sfondo, in questo tempo sospeso, rimane il viso tragico della madre (la brava Elena Callegari) a insinuarsi in un lieto fine claudicante, come il vulcano che potrebbe esplodere da un momento all’altro.
Doriana Legge
TROPICANA
Visto a gennaio 2018 Teatro San Giorgio di Udine (Stagione Contatto)
di Irene Lamponi
con Elena Callegari, Cristina Cavalli, Irene Lamponi e Marco Rizzo
regia Andrea Collavino
scene Ruben Esposito
costumi Daniela De Blasio
assistente alla regia Roxana Oana Doran
Produzione Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse
Creazione drammaturgica realizzata con il sostegno di “CRISI – Teatro Valle Occupato”