In prima nazionale al Teatro Vascello La Veronal, compagnia spagnola guidata da Marcos Morau, ha presentato uno spettacolo che ha al cuore la grammatica e la rielaborazione poetica del proprio linguaggio coreografico, Kova. Geographic tools. Recensione.
Dopo la pausa estiva, La Veronal, compagnia spagnola guidata dal coreografo Marcos Morau, inizia oggi dal Festival Pedra viva della Ciudadella de Menorca il tour per e fuori l’Europa con l’ultimo spettacolo sul loro specifico linguaggio coreografico, Kova Landscapes. L’ultima tappa italiana è stata a Roma agli inizi del mese di luglio presso il Teatro Vascello, dove La Veronal ha presentato in prima nazionale un altro momento del progetto, Kova. Geographic tools. Kova è il risultato della strutturazione di un linguaggio autonomo che Morau ha sviluppato in questi cinque anni come sistema di valori condivisi dai danzatori della compagnia. Tuttavia, nonostante il presupposto didattico della trasmissione di un insieme di regole, la scommessa di Geographic tools sembrerebbe essere proprio la rottura di questa grammatica per la creazione artistica, «esplorando il territorio semiotico del movimento astratto» come individua nel programma di sala Roberto Fratini, consulente drammaturgico.
I danzatori appaiono e scompaiono nel campo d’azione scenico nettamente circoscritto dai cerchi di luce dalle tinte decise, le stesse che colorano i costumi-tute di scena (rosse e argentate, poi anche nere e dorate). La serie di partiture composta da quelli che sembrerebbero apparentemente degli esercizi atletici, viene gradualmente decostruita e frammentata in movimenti disarticolati durante gli assolo, e poi sempre più fluidi nelle scene collettive.
La scrittura coreografica, innestandosi nella dinamica di gruppo, riscopre la morbidezza delle singole forme restituite all’occhio di chi le guarda come un’unica e ricreata entità organica. Nonostante l’astrazione della forma, è lo sguardo degli interpreti a rendere concreta la relazione che intercorre tra loro sulla scena. Instancabili, i danzatori osservano, con esplicita intenzionalità, ciò che sta accadendo, mentre nei pas de deux, quasi si intromettono l’uno nello spazio fisico, e quindi vitale, dell’altro, come a voler bucare il raggio d’azione individuale. Il movimento non è pertanto illustrativo quanto sintesi di quello che Morau definisce «esercizio per l’intelligenza corporea» tanto di chi sta in scena quanto di chi assiste.
Tra reiterazioni e continui avvitamenti, le sequenze ritmate e concitate coinvolgono tutto il corpo, finanche le mani e le dita dei piedi: i moduli coreografici si susseguono alla luce di un costante e preciso lavoro sulla condizione uncomfortable del danzatore, in dialogo tra silenzio, sonorità classiche e tracce elettroniche. I cosiddetti strumenti del titolo rappresentano dunque la geografia del movimento intesa come una serie di linee orizzontali e verticali che andrebbero a comporre, nella loro articolazione, un vero e proprio disegno.
Atto che viene consegnato allo spettatore tramite delle didascalie proiettate parallelamente all’azione scenica. Tali commenti critici se da un lato contestualizzano il lavoro all’interno della visione del coreografo e del processo di creazione di Kova, dall’altro il rischio è che tali chiavi di lettura fornite ingabbino inevitabilmente lo spettatore privandolo di una fruizione libera di costruire il senso interpretativo di questo linguaggio. L’intento drammaturgico di Morau è chiaro: “inutile ricercare chissà quali significati reconditi o sovrastrutture di senso, se queste sono già date in mano dagli stessi creatori”. Ci si auspicherebbe che un simile compendio linguistico coreografico – così come ci viene presentato – abbandoni però la sua dialettica grammaticale per elevarsi totalmente alla sua geografia poetica.
Le didascalie proiettate ci ricordano che, seppur istruito dai segni didattici sopra citati, lo spettatore si ritrova così interdetto tra poiesis e techné, domandandosi se guardare Kova. Geographic tools come una «fedele applicazione delle regole oppure come il risultato poetico della loro combinazione».
Lucia Medri, Viviana Raciti
KOVA. GEOGRAPHIC TOOLS
Regia, messa in scena, costumi: Marcos Morau / La Veronal.
Coreografia: Marcos Morau in collaborazione con il corpo di ballo.
Ballerini: Laia Duran, Lorena Nogal, Marina Rodríguez, Manuel Rodríguez, Sau Ching Wong.
Assistente coreografo: Lorena Nogal.
Consulenza drammaturgica: Roberto Fratini.
Space e light design: La Veronal & Enric Planas
Produzione esecutiva: Juan Manuel Gil Galindo
Assistente di produzione: Cristina Goñi Adot
Première: 21st – 22nd October 2016 / SaT! – Sant Andreu Teatre, Barcelona.