Naufragio con spettatore con la coreografia e regia di Roberto Zappalà al Florence Dance Festival, nell’ambito dell’Estate Fiorentina 2017. Recensione
È del lontano 2010 la prima rappresentazione di Naufragio con spettatore: eppure la creazione di Roberto Zappalà appare ancora attuale nel tratteggiare con una straziante partitura gestuale il destino di migliaia di migranti, la loro fuga attraverso il mare, il loro alterno destino di morte o salvezza, di oblio o mai pacificata accoglienza. Prima tappa del progetto pluriennale Odisseo dedicato al duplice tema dell’emigrazione e dell’immigrazione, la coreografia gode di una fortuna scenica rimasta intatta a quasi sette anni dal debutto catanese, così come di una struggente capacità di fotografare l’ininterrotta sequenza di affondamenti di barconi ed esistenze al largo delle coste siciliane. E tuttavia, Naufragio con spettatore sembra oltrepassare fin dal titolo ‑ mutuato da un celebre saggio di Hans Blumenberg ‑ la mera traduzione coreutica di una cronaca di morte e dolore, per tramutarsi in un invito a una spettatorialità insolita, atipica al punto da risultare necessaria e coessenziale all’accadimento scenico. Pur non essendo inficiata da alcun furor partecipativo ‑ del quale sono ormai consuete espressioni l’invito mosso al pubblico ad “agire” in seno alla performance, o la frantumazione della frontalità dello sguardo in un caleidoscopio di esperienze percettive ‑ la coreografia mette infatti in discussione qualsiasi presunta passività, se non addirittura innocenza, dell’osservazione. Inserendosi nel cuneo fra una tragedia vissuta e un dramma soltanto spiato, il dispositivo del coreografo catanese coinvolge in questo processo ‑ necessariamente accusatorio ‑ non soltanto il pubblico seduto nelle poltroncine di un teatro, ma anche quello posto davanti allo schermo di un computer o di un televisore.
Presentato all’interno degli eventi dell’Estate Fiorentina e del cartellone del Florence Dance Festival, diretto da Keith Ferrone e Marga Nativo, Naufragio con spettatore ha avuto come palcoscenico d’eccezione il cortile del Museo Nazionale del Bargello: e lo scalone trecentesco che ne domina la prospettiva ha guidato la vista del pubblico verso il pianoforte a coda posizionato sulla destra della scena, vertice di un triangolo di ombre e pietra all’interno del quale le note di Bach e Gounod, eseguite da Luca Ballerini, hanno dialogato con la voce e il movimento. È una danza notturna, quella magnificamente interpretata da Roberto Provenzano e Fernando Roldan Ferrer, che si rivela nel buio dopo lunghi istanti in cui il silenzio è rotto solo dal ritmico rumore della macchina del fumo: il loro ingresso in scena è quello dei fantasmi, dei derelitti, degli sconfitti. Scalzi, i due indossano pantaloni lisi, una maglietta e una canottiera: l’abbigliamento di fortuna di chi è fuggito da una terraferma ostile attraverso il mare, e del mare è stato la silenziosa vittima. In piedi, lungo una diagonale che taglia la scena, Provenzano e Roldan Ferrer tendono le braccia verso l’alto ‑ lì dove l’aria e la luce significano salvezza ‑ o fendono lo spazio antistante con terrore ed energia, a conquistare, una bracciata dopo l’altra, qualche secondo di speranza.
L’arte coreutica si fa pittura, nella composizione del coreografo catanese: equilibri instabili lungo rotte immaginarie che attraversano il palcoscenico si alternano a sequenze dialogiche nelle quali i danzatori sono ora corpi in balia delle onde, ora relitti umani, riversi l’uno sopra l’altro su coste straniere. Un tremore demoniaco attraversa a tratti i corpi, in una lunga, lacerante sequenza nella quale il floor work è un male che sfibra la carne. Perfino le dita delle mani e dei piedi vibrano e si contraggono, raccontano di una vitalità residua e coraggiosa; supini, i due eseguono una coreografia di soli respiri, mostrano i ventri che si gonfiano, accompagnano con il suono quel gesto che a troppi è stato negato. La sopravvivenza è forse un segreto da sussurrare nell’orecchio dell’altro, o una filastrocca da recitare per scacciare il terrore: ma è anche lotta, mors tua vita mea, fare perno sul corpo dell’altro per guadagnare centimetri di spazio al di sopra dell’acqua, al di là dell’orrore. E il ritorno alla ferinità, sofferta e violenta, appare come una possibilità sempre presente in un Mediterraneo che si è tramutato in tomba liquida: così Provenzano e Roldan Ferrer si annusano come animali, si sfidano, per poi levarsi le magliette e mordersi, fino a strappare la carne.
E tuttavia è all’insegna dell’agàpe, di un amore privo di eros ma che è viscerale empatia e unisono vibrare delle anime, che la coreografia di Zappalà si chiude: come in un tableau vivant di una Pietà laica, Roldan Ferrer sostiene il corpo di un’esanime Provenzano, mentre la voce di Marianna Cappellani intona l’Ave Maria di Bach-Gounod. In piedi al limite del proscenio, Cappellani ha assistito impassibile alla lotta per la sopravvivenza che si è svolta sotto i suoi occhi, al corpo a corpo tra i danzatori, al drammatico epilogo: è lei lo spettatore della celebre immagine lucreziana, colui che sulla battigia assiste a un fortunale e si rallegra di essere al sicuro mentre la furia delle acque travolge le imbarcazioni al largo. Paradigma di una metafora dell’esistenza, come recita il sottotitolo del saggio di Blumenberg, lo spettatore contempla un dolore altrui: così il pubblico del Bargello osserva se stesso riflesso nel corpo di Cappellani, e comprende forse il senso del proprio guardare nella tacita, colpevole complicità con cui la donna ha scrutato la morte che ha avuto luogo sul palco, nelle acque. Con una soluzione scenica di straordinaria semplicità e assoluta efficacia, la costruzione drammaturgica di Nello Calabrò e Roberto Zappalà chiama in causa la voyeuristica indifferenza europea: costantemente nutrita da un profluvio di immagini di morte, di sofferenza, di atroce lotta per la salvezza, e al contempo capace soltanto di intonare un commosso requiem.
Alessandro Iachino
Museo Nazionale del Bargello, Florence Dance Festival – giugno 2017
NAUFRAGIO CON SPETTATORE
dedicato a Sergio
prima tappa di Odisseo, dal progetto re-mapping sicily
liberamente ispirato a Naufragio con spettatore di Hans Blumenberg
coreografia e regia Roberto Zappalà
musiche J.S.Bach (preludi e fughe dal Clavicembalo ben temperato), C. Gounod
drammaturgia Nello Calabrò e Roberto Zappalà
danzatori Fernando Roldan Ferrer, Roberto Provenzano
al pianoforte Luca Ballerini
voce Marianna Cappellani
luci e scene Roberto Zappalà
costumi Debora Privitera
direttore tecnico Sammy Torrisi
management Maria Inguscio
coproduzione compagnia zappalà danza – Scenario Pubblico Centro di Produzione della Danza
in collaborazione con Teatro Stabile di Catania, ArtEZ Arnhem (NL), uva grapes Catania contemporary dance festival, AME Associazione Musicale Etnea