Homeno home pageE' fuggita l'estate: al Teatro Argot Annalisa Zoffoli diretta da Gaetano Ventriglia

E’ fuggita l’estate: al Teatro Argot Annalisa Zoffoli diretta da Gaetano Ventriglia

e-fuggita-lestateChe bello uno spettacolo quando nasce di fronte ai proprio occhi, e si porta una necessità debordante dalla scena così sorprendente che, anche a saperne gli argini scoscesi, a volte, ci si stupisce dell’inondazione. È il caso di uno spettacolo – all’Argot Studio dal 30 marzo al 4 aprile 2010 – che ho visto germinare, nemmeno un anno fa, quando mi si presentò di fronte una ragazza che conosco da anni e mai m’aveva detto volesse far l’attrice, che non l’aveva fatto quasi mai e infatti scoprii un attimo dopo che lei non fa l’attrice, lei è in scena, tutta, corpo e voce non ne esce finché non è fuggita quell’ansia, nevrosi, che la spinge ad essere lì. Si avvicina timida, esplode, e torna quella di prima. Sconfigge, in scena, ciò che dalla scena l’allontana.

Psicologia a parte, È fuggita l’estate è un lavoro che per una volta posso consigliare con cognizione di causa, essendo fra i pochi ad averne visto uno studio, ormai la scorsa stagione. L’idea originale di Annalisa Zoffoli, reinterpretare alcuni passaggi di Un anno con tredici lune di Fassbinder, s’è arricchita della regia di quello che lo scorso anno era il suo maestro di laboratorio, Gaetano Ventriglia, al cui servizio ha potuto innescare il suo desiderio e dare forma alla fluidità delle idee. Parola d’ordine la scrittura di scena, quella qualità così vertiginosa che lega significante e significato in un rapporto stimolante di interdipendenza.

La storia che si porta è una suggestione assai coerente a quest’epoca della società occidentale, e per di più italiana: cosa penserà un’aliena scesa sulla terra per interpretare ciò che diciamo e facciamo? Cosa tradurrà della sua percezione? Questo è un tema che negli ultimi anni è molto presente: ricordo la fine dell’Otello dello stesso Ventriglia con l’arrivo dell’astronave, o i Primi passi di Andrea Cosentino sulla luna: forse il tema della fuga nello spazio siderale, o la calata degli alieni come devono sentirsi molti che fanno questo mestiere in una lingua non riconosciuta, estranea alle altezze del teatro contemporaneo, chissà se più congrua a quella lingua intima che abbiamo dimenticato di conoscere e che forse qualche alieno, sopra le nostre teste, ancora riesce a parlare.

Dal comunicato stampa:

Il macellaio, la moglie del soldato morto, la modella, la ragazza, il soldato, il poliziotto, l’amante, il maestro, l’amata e l’extraterrestre raccontano. No, non è vero. L’extraterrestre non racconta, ascolta e ripete. Come chi sa usare le parole solo per ciò che dicono. Cane. Come. Solo. Un.  Solo come un cane.
L’idea di utilizzare il reale più terreno per dare quella spinta di gambe che ti porta a respirare, purtroppo, non è mia. Ma, fortunatamente, l’ho incontrata. Il lavoro che sta prendendo consistenza si rifà alla poetica e alle opere di Rainer Werner Fassbinder. E, siccome prende il mio di corpo, si rifà anche a me, che ho visto Cortocircuito ed E.T., quando ero piccola, e Wall-e, adesso che sono più grande. Qualcosa che parla di sopravvivenza e poesia. Certo è, che spiegare a parole una cosa che prende vita nel momento in cui la si fa, non ha molto senso. Perciò non aggiungerò altro. Grazie.
Annalisa Zoffoli

Simone Nebbia

in scena
dal 30 marzo al 4 aprile 2010
Teatro Argot [vai al programma 2009/2010 del Teatro Argot]
Roma

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