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Dalla rabbia alla pacificazione: Edipo della Compagnia Mauri-Sturno

Al Teatro Eliseo di Roma la Compagnia Mauri-Sturno porta in scena Edipo e Edipo a Colono, con un unico cast e la regia di Andrea Baracco per la prima tragedia sofoclea e quella di Glauco Mauri per la seconda. Recensione

Edipo re. Foto Manuela Giusto
Edipo re. Foto Manuela Giusto

Quando sopra la testa di Edipo incombe un peso, sospeso a mezz’aria, caduto non dal soffitto, ma quasi dal fato, da un ordine superiore che andasse oltre le intenzioni del signore che vinse senza imbroglio il trono di Tebe e la mano della regina-vedova Giocasta, eravamo ben predisposti. C’è del terriccio sulla scena, una piscina d’acqua da cui emergono bambole senza vita, una carrozzina; una facciata corrosa, colori cupi: tutto contribuisce a disegnare un’immagine precisa, forte anche nel suo incarnare il disfacimento di una città appestata. A questo scenario si unirà per contrasto quello di Colono, un luogo algido e geometrico per la seconda tragedia sofoclea del ciclo di Edipo presentata al Teatro Eliseo, in una collaborazione tra la Compagnia Mauri – Sturno e Andrea Baracco (in una coproduzione tra la Compagnia e la Fondazione del Teatro della Toscana).

Edipo re. Foto Andrea Pacioni
Edipo re. Foto Andrea Pacioni

Un’architettura non tanto di oggetti ma di persone per questo secondo dramma, composto a due anni dalla morte del drammaturgo, nel quale il fine è il raggiungimento del perdono, non più l’esilio ma la conquista di una tomba degna per il vecchio re accecato. Attraverso la parola Sofocle caldeggia la creazione di un uomo nuovo, che debba esser giudicato colpevole non per le azioni imposte ma per quelle volute. Lo scontro con l’inevitabile destino sembra muoversi per linee opposte: movimento e stasi, concretezza e astrazione, azione e parola. In una visione ben oltre le teorie psicanalitiche fondate sul rifiuto di un figlio di comprendere di aver ucciso il padre e di averne sposato la madre, ci sembrava una riflessione di quell’ineluttabilità che muove il tragico classico che solo l’immanenza del teatro può offrire.

Edipo re. Foto Mikele Nencini
Edipo re. Foto Mikele Nencini

Alle due messinscene, nelle quali uno stesso gruppo di attori è stato diretto diversamente – Baracco per l’Edipo, Mauri per l’Edipo a Colono – però corrisponde un’efficacia più nelle intenzioni che nella loro realizzazione. Quei segni così caratterizzanti sembrano soltanto colmare la scena (in entrambi i casi curata da Marta Crisolini Malatesta), così come i movimenti degli attori spesso sono un girare a vuoto. Esempio lampante nel primo è la presenza di una muta accompagnatrice di Tiresia, figura superflua e fuori contesto che aggira la pozza d’acqua più volte, siede scomposta su una sedia, si alza, risiede, guarda fisso in platea mentre avviene lo scontro tra l’indovino e l’incosciente re. Che cosa aggiunge? Anche quella presenza di elementi concreti che, agìti dagli attori, avrebbero potuto conferire qualità particolare (l’acqua su tutti, nella quale sguazza ogni personaggio; Edipo vi fa ritorno più volte), alla lunga diventano scontati, sporcano un’immagine interessante ma senza che quell’intenzione diventi segno chiaro di un’estetica, di un’idea oltre la sua presentazione. Tuttavia è doveroso sottolineare un’eccezione positiva nel primo finale. Giocasta, caduta oramai in una disperata comprensione dell’atrocità con la quale ha convissuto, lentamente scivola su una pedana obliqua a fondo palco: è ancorata al collo da un drappo ma inesorabilmente si muove verso la quinta, verso la fine della sua vita; mostrando il non mostrabile, ritroviamo quel cortocircuito funzionale già riscontrato in altri spettacoli del regista romano.

Edipo a Colono. Foto Manuela Giusto
Edipo a Colono. Foto Manuela Giusto

Il confronto con la tragedia attica, soprattutto nel caso di Edipo a Colono, dove l’azione è limitata all’ingresso del re Teseo, del messo e di Ismene, spinge verso una cristallizzazione nell’interpretazione dei personaggi, monolitici, spesso troppo distanti da quel carattere espressivo e vitale che invece ci sembrava di scorgere come uno dei motori chiave dell’operazione. Ci dispiace ad esempio non ritrovare le qualità di un’attrice a tutto tondo come Elena Arvigo (più in Giocasta e meno nell’Antigone a dire il vero); Roberto Sturno ci offre un Edipo dai toni staccati, ma che rimane come offuscato dall’alone di rabbia. Glauco Mauri, da regista ma anche da interprete (nel primo di Tiresia, nel secondo del vecchio Edipo) concentra tutto sulla parola, classicheggiante, piena, forse troppo rassicurante.

 Edipo a Colono. Foto Manuela Giusto
Edipo a Colono. Foto Manuela Giusto

«… Senza compiacimenti, senza compatimenti, senza dolorismi, senza concedere nulla al patetico o all’identificazione o alla compassione del pubblico; ruvidamente costruito, stridulo, non troppo verosimile, durissimo è l’Edipo di Mauri […]. Per niente complice nei confronti degli spettatori, li chiama a pensare l’impensabile, chiede loro uno sforzo di comprensione su di sé, pericoloso e difficile, tagliando accuratamente ogni via estetica di scampo fa piacere che il pubblico così chiamato aderisca alla sfida, si concentri intorno a questa cerimonia religiosa sacrilega sulla natura umana». Così raccontava* Ugo Volli il primo adattamento da parte della Compagnia nel 1982 (una seconda ripresa avvenne tra il ’95-’96). A più di trent’anni ritroviamo una traccia di quella potente consegna, e tuttavia quella odierna è una lettura che trova pace, che, come il suo protagonista, non riesce  a mediare tra l’impeto antico e il bisogno di un luogo sicuro, distante e tuttavia fin troppo conosciuto. Che sia lo scotto da pagare perché si è rimasti troppo a lungo senza vedere realmente cosa accadeva al mondo?

Viviana Raciti

Teatro Eliseo, Roma – febbraio 2017

EDIPO
Edipo Re – Edipo a Colono
di Sofocle
con Glauco Mauri, Roberto Sturno
e con Ivan Alovisio, Elena Arvigo, Laura Garofoli, Mauro Mandolini, Roberto Manzi, Giuliano Scarpinato, Paolo Benvenuto Vezzoso
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Edipo a Colono Germano Mazzocchetti
elementi sonori Edipo Re Giacomo Vezzani
regie Andrea Baracco (Edipo Re) – Glauco Mauri (Edipo a Colono)
una produzione Compagnia Mauri-Sturno – Fondazione Teatro della Toscana

*Pubblicato il 11 novembre 1982, «La Repubblica».

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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