We Are Young è un progetto a cura delle residenze lombarde di Associazione Etre, che hanno raccolto tutti i lavori in corso nelle varie strutture residenziali, portandoli in una giornata di confronto alla DanceHaus più di Milano.
Allora gli esempi ci sono e virtuosi. Ma ogni regione di questo paese è fatta a modo suo e riforma i piani nazionali seguendo un processo che non è mai stato, di certo negli ultimi 150 anni, di pari opportunità. Le cose sanno funzionare in certi luoghi dove l’economia risponde a un’idea strutturale e dinamica dei finanziamenti, non sperpera per accontentare potentati, dirimere questioni di quartierini, ma si profonde in investimento che sappia indietro ridare concreti sviluppi di quanto seminato. È il caso del sistema residenziale lombardo per come l’abbiamo potuto apprezzare alla DanceHaus più di via Tertulliano, là dove si sono riunite le strutture appartenenti al network Associazione Etre nel progetto W.A.Y. – We Are Young perché fossero mostrati in corso di svolgimento i lavori attorno alla materia viva, teatrale, cui è stata dedicata l’energia di questi ultimi mesi. Ma non è tutto, perché mostrare è un valore che può esaurire nell’evanescenza di una presenza monca, di un dialogo unidirezionale, non può mancare una visione, un ascolto, che in questo caso coinvolgeva spettatori più o meno abituali a un ristretto numero di critici e operatori, convocati perché fosse dato a ognuno degli artisti un immediato riscontro del proprio lavoro, non appena spente le luci, nello spazio informale immaginato tra una merenda e un aperitivo, nel mezzo tra gli spettacoli.
Con ordine il primo progetto, presentato da Qui e Ora Residenza Teatrale, è stato Heroes – oltre i mantelli c’è di più, studio della compagnia Figli Maschi che ruota attorno all’identità di genere, indagata attraverso la figura dell’eroe, più specificamente classico, che dispone in prospettiva di buoni spunti sia nell’interazione dialogica che in quella coreografata. Poi è toccato a Metafore del silenzio di Guinea Pigs sostenuto da Manifattura K. che non ha ancora colto il punto del discorso ma si segnala per il tentativo, ancora piuttosto abbozzato, di dar vita all’invisibile, il silenzio appunto, ciò che si appressa all’uomo fin quasi a sovrastarlo, farsene ombra complice, morsa astringente, vaghezza del buio. Arianna Rodeghiero, con In Between, è invece già a uno stato più avanzato e conscio, dopo la selezione per Anticorpi XL 2016 e il sostegno di ArtedanzaE20 con la stessa DanceHaus più; la sua coreografia pone quesiti molto urgenti sulla reazione del corpo al ricordo di un’emozione: la formula prescelta è il rapporto con la reazione allo stimolo sonoro, ciò che in esso si trasforma come ricordo immediato, ciò che vi resta impigliato, o sospeso, nello spazio di una sorpresa che le nervature del suo corpo flessuoso incanalano verso una dimensione duplice in cui è la relazione tra stasi e movimento, lo scarto plastico tra vibrazione e assimilazione. Per ultime invece sono state presentate due scene, in una forma un po’ imbolsita a dire il vero, dal Giulio Cesare che la Compagnia I Demoni sta preparando presso teatro in-folio Residenza Carte Vive, due famosi discorsi nel Senato romano immaginato come un grande castello di carte, ormai caduto, in cui l’unica forma viva e pulsante è il sangue di Cesare, finito sull’intero fronte del re di cuori.
Non solo studi, tuttavia. Primo dei due lavori lunghi è stato Tre (+1) Sit tibi terra levis di Ex Drogheria & Co, con il supporto di Ilinxarium, dedicato al tema della morte, o meglio, al dopo-morte, uno spazio limbico in cui si prepara il trapasso vero e proprio, cui la morte del corpo non sembra che un semplice preludio; c’è una struttura a quadrato percorsa da tre attori, non un ring, un perimetro dal quale non potranno uscire e che sarà il confine della loro storia. Abbiamo tre morti di diverse età ed esperienze in dialogo; l’impianto allegorico, le cui interazioni tra struttura concreta e astratta non sono tuttavia svolte in modo particolarmente originale, produce un tono sempre piuttosto caricaturale dei personaggi, che ricostruiscono la propria fine solo focalizzando l’interezza della vita vissuta fino al punto che non più.
Residenza IDRA ha invece presentato ServoMuto Teatro con Polvere, tratto da Se è una bambina di Beatrice Masini; è il dramma in monologo di una bambina in collegio perché la famiglia non è in grado di sostenere la sua presenza, dopo la morte della mamma. C’è chi resta, e chi invece non c’è più. C’è un’ombra di nero nel racconto della bambina (la brava Marzia Gallo), un suono sinistro che non svela l’indicibile ma lo anticipa, lo dispone ormai lungo il binario che lo pronuncerà al nostro ascolto. Su una “gigante sediolina”, da cui la piccola impara e considera il proprio rapporto con il mondo dei grandi, il suo sguardo si raccoglie di dolcezze tradite e pur tanto bramate, il racconto di paesaggi, luoghi in cui la polvere si annida silente. Ne nasce un lavoro minuto, ben recitato, che sviluppa con dolcezza i caratteri emotivi ma non supera ancora il rischio di innescare una compassione unilaterale, frutto di una relazione eccessivamente netta tra interferenze del dolore nello spazio quieto dei fin troppo buoni sentimenti.
Tanta la drammaturgia testuale, apparsa in queste prime mostre di materiali, tanto il ricorso a un piano espressivo che – tranne nell’ovvio caso dell’unica coreografia, forse non per caso il lavoro con la struttura di complessità più solida – non riesce a staccarsi dalla parola. Questo un dato importante e porrà riflessione su ciò che si sta muovendo dal territorio lombardo verso il nazionale, apprezzato in virtù di questo florido esempio di gestione di risorse locali, che si dovrà essere in grado di studiare ed esportare. Perché vedere i lavori in corso del teatro è un’ambizione che il teatro stesso deve preservare dalla definizione di prodotti artistici, che non sono la stessa cosa di arte.
Simone Nebbia
Dalla DanceHaus più di Milano