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Roy Assaf: amore e guerra per una danza da sold-out

Roy Assaf, nome di punta della danza israeliana per la prima volta a Roma con An evening with Roy Assaf visto al Teatro Vascello. Recensione

Foto di Gadi Dagon
Foto di Gadi Dagon

È stato un successo, senza ombra di dubbio. Due giorni, sabato e domenica dello scorso weekend, che hanno registrato il tutto esaurito riempiendo la sala Giancarlo Nanni del Teatro Vascello di un pubblico eterogeneo e, come difficilmente succede, di tutte le fasce di età: famiglie con bambini a seguito, studenti del liceo, allievi dell’Accademia di Danza, stampa, operatori, abbonati… An evening with Roy Assaf fa tappa romana per proseguire poi con il tour organizzato insieme al contributo dell’Ambasciata di Israele in Italia e prodotto da European Dance Alliance/ Valentina Marini Management «un contenitore di proposte e interazioni che coinvolgono da un lato il mondo della formazione e la possibilità di essere messo in rete con un selezionato panorama professionale, dall’altro un percorso di scambi e collaborazioni con compagnie e artisti provenienti dai più prestigiosi ensemble europei». Due i lavori presentati: Six years later e The Hill, entrambi firmati dal coreografo Roy Assaf, nome di punta della scena internazionale e in particolare israeliana, il quale vanta collaborazioni con Emanuel Gat e Batsheva Dance Company.

Foto di Gadi Dagon
Foto di Gadi Dagon

Quelle di Roy Assaf potrebbero essere definite due coreografie “accessibili” in quanto sincere tanto dal punto di vista emotivo che narrativo, sfiorando la tentazione didascalica senza correre il rischio però di cadere nella retorica del gesto. Perfette dal punto di vista formale che unisce alla danza contemporanea stilemi caratteristici di quella appartenente al folklore israeliano (molti i movimenti incentrati sull’uso delle braccia alzate in segno di accoglienza o i piccoli salti agili e ravvicinati), rintracciabili soprattutto in The Hill, secondo pezzo presentato e vincitore del primo premio al concorso internazionale per coreografi Ballet Gesellschaft di Hannover. Il tema di fondo è politico – fil rouge rintracciabile anche in alcuni dei lavori di altri coreografi israeliani come per esempio Hofesh Shechter o Ohad Naharin – e trae spunto dalla canzone ebraica Givat Hatahmoshetche che parla della Ammonition Hill, luogo nella quale durante la Guerra dei sei giorni gli israeliani combatterono contro l’esercito giordano e vinsero perdendo trentasette soldati. Le partiture coreografiche costruiscono all’inizio un movimento irrigidito e marziale che poi verrà man mano decostruito dai tre danzatori in scena (Avshalom Latuch, Igal Furman e Roy Assaf). Il dinamismo ricreato dai corpi è di tipo circolare quasi fosse una danza dell’eterno ritorno per dimostrare l’alienazione e asservimento del singolo alla causa militare. Individualità isolate, abbigliate con pantaloni e magliette dalle tinte pastello, si uniscono e disuniscono in un costante oscillamento che non possiede in realtà nessuna direzione, se non quella di spegnersi in una ribellione soffocata. Una parabola distruttiva accompagnata dalle musiche originali di Shlomi Biton che uniscono insieme in un unico tessuto sonoro e privo di pause The Israeli Army March, Yoram Taharlev e Bee Gees.

Six years later, è invece un pas de deux anch’esso ciclico in cui inizio e fine sono caratterizzati dagli stessi movimenti agiti frontalmente e lungo una linea di luce che illumina la scena buia. Moduli ripetuti e combinati tra loro in una sequenza di incontri e scontri, giustapposizioni, vicinanze e lontananze che raccontano di una storia d’amore “sei anni dopo”: passato e presente, come si era e come si è ora, a domandarsi se ne è valsa la pena, dove fosse l’errore. Fluidità e ascolto fisico, perpetuo e imperituro, di coloro i quali (Madison Hoke e lo stesso Assaf) si sono prima misurati – spalla contro spalla, mento contro braccio, mano contro mano – per effettuare una “prova di presenza” a se stessi e all’altro o altra, comprendendo attraverso la corporeità lo scarto che segna il riconoscimento o la dimenticanza.

Foto di Gadi Dagon
Foto di Gadi Dagon

Amore e guerra sono i due macro temi universali e antitetici sui quali è ricaduta la scelta di Roy Assaf, e della sua danza così dichiaratamente comunicativa e senza filtri concettuali tanto da registrare il pienone. Una danza mainstream che è un successo. Mentre si aspetta di entrare in sala, può capitarci di sentire nel foyer commenti entusiasti come «che bello vedere tutta questa gente per la danza!». Nonostante ci sia una spinta propositiva verso una regolamentazione più chiara e trasparente in materia di circuitazione e produzione, sappiamo bene che il sistema danza deve ancora, e necessariamente, trovare una base solida che possa permetterci il lusso di considerare tale esclamazione una norma e non un evento straordinario; tanto per gli spettatori, quanto in primis per la ricerca e formazione di coreografi e danzatori.

Lucia Medri

Teatro Vascello – novembre 2016

An evening with Roy Assaf

SIX YEARS LATER
coreografia Roy Assaf
con Roy Assaf e Madison Hoke
soundtrack e costumi Roy Assaf
musiche originaly Deefly
disegno Luci Dani Fishof
spettacolo realizzato in collaborazione con
European Dance Alliance/  Valentina Marini-Management
con il Contributo dell’Ambasciata d’Israele – Ufficio Cultura

THE HILL
di Roy Assaf
con Roy Assaf, Igal Furman, Avshalom Latuch
scelte musicali Roy Assaf
costumi Roy Assaf
musiche originali Shlomi Biton
disegno luci Dani Fishof / Omer Sheizaf
direttore delle prove Malanie Berson
consulenza artistica Ronit Ziv
spettacolo realizzato in collaborazione con
European Dance Alliance/  Valentina Marini-Management
con il Contributo dell’Ambasciata d’Israele – Ufficio Cultura

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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