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Misia, il classico delle avanguardie artistiche

Io sono Misia di Vittorio Cielo, con Lucrezia Lante della Rovere, regia di Francesco Zecca. Al Piccolo Eliseo. Recensione

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

Mentre il pubblico prende posto nella sala piccola del Teatro Eliseo, Lucrezia Lante della Rovere è già presente, nella scena di Gianluca Amodio, seduta su una poltrona gigantesca le cui misure sproporzionate rendono l’attrice piccola alla vista. Sussurra brevi brani del testo, li ripete mentre scarica la tensione sul braccio destro tremante. L’attrice attende gli spettatori, il personoggio i suoi Toulouse-Lautrec, Vaclav Fomič Nižinskij, Sergej Pavlovič Djagilev, Claude Debussy, Marcel Proust, Pablo Picasso. Non a caso il sottotitolo di Io sono Misia, monologo diretto da Francesco Zecca, è L’Ape Regina dei Geni. Misia Sert nel racconto di Vittorio Cielo è in effetti un’impollinatrice: «abbiamo battezzato il Novecento» afferma raccontando gli scandali che facevano tremare l’annoiata borghesia. Nižinskij, paragonato da Misia all’Idiota di Dostoevskij, dedica alla musa addirittura il proprio corpo nudo in scena, con quella masturbazione che divenne leggenda.

Foto Ufficio Stampa
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Poi c’è la scoperta del talento di Coco Chanel, la lunga amicizia suggellata dalla scelta di indossare un abito della stilista anche dopo la morte. Picasso l’ha visto sbocciare quadro dopo quadro, Debussy ha suonato a casa sua, di Toulouse-Lautrec ha visto per prima il talento oltre la forma fisica. Tutti entrano nel mondo della dama parigina nata a San Pietroburgo e ne escono arricchiti, entrano nel racconto come asteroidi su una rotta temporanea, girando attorno a un sole che allo stesso tempo si nutre di loro per lenire la sua solitudine. Nell’ampolloso vestito lungo di Alessandro Lai con strascico animato da diversi toni di verde e da un tulle che le abbraccia la vita, Misia se ne sta sulla grande poltrona, anch’essa verde. In un monologo post mortem, accompagnata da qualche bicchiere di champagne, racconta i momenti più felici della vita come se ancora fosse in attesa degli invitati a una delle sue famose cene.

Il testo di Vittorio Cielo è carico di immagini e riesce nell’intento di creare l’affresco d’epoca evocando un irrefrenabile turbinio attorno alla figura di Misia, senza affondare particolarmente su nessun personaggio o tema e senza avere lo scopo di ricomporre la biografia del personaggio. La recitazione di Lucrezia Lante della Rovere non si distacca mai (se non in piccoli momenti ironici sottolineati però da cambi di tono convenzionali) da una recitazione dominata dallo stupore e dalla continua esposizione di una sovrabbondante vitalità; quella modalità (a rischio di affettazione) che vorrebbe attrarre lo spettatore in un imprecisato magico mondo, ma che in realtà spesso nasconde un approccio standardizzato e lontano dalla verità scenica.

Foto Festival dei 2 mondi di Spoleto
Foto Festival dei 2 mondi di Spoleto

Lo spettacolo, in replica con una lunga tenitura fino al 13 di novembre, rappresenta di sicuro un prodotto di qualità, in grado di lasciare gli spettatori con una spolverata di primo Novecento sulle spalle e con (si spera) la voglia di approfondire le storie dei grandi artisti citati. E proprio rispetto alle figure che folleggiano attorno a Misia l’opera rappresenta però una sorta di tradimento: la donna mette al centro del proprio discorso, più volte, quel momento di passaggio in cui anche grazie alle rivoluzioni artistiche nasceva il secolo breve; eppure nell’interpretazione, nel testo o nella messinscena non c’è nulla di dirompente. I pittori, gli autori, i danzatori che passavano amabili serate con Misia e dalla sua presenza e intuito traevano ispirazione, erano artisti con la mente proiettata anche (o soprattutto) al rinnovamento dei linguaggi: lo spettacolo di Zecca potrebbe essere un debutto di oggi come di qualche decennio fa. Può uno spettacolo del genere non porsi alcun problema riguardo il teatro di rappresentazione e la sua funzione nella nostra epoca? Come è possibile insomma non interrogarsi sulle eredità estetiche lasciate dai grandi sperimentatori che anche in campo teatrale hanno tentato di battezzare il loro Novecento?

Andrea Pocosgnich

Ottobre 2016, Teatro Eliseo, Roma
In scena fino al 13 novembre

IO SONO MISIA
L’Ape Regina dei Geni

di Vittorio Cielo
Con: LUCREZIA LANTE DELLA ROVERE
Regia: FRANCESCO ZECCA

ORARIO:
Mar – Gio – Ven – Sab: 20:00
Mer – Dom: 17:00
DURATA: 60′
COSTO DEL BIGLIETTO: € 30

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Andrea Pocosgnich
Andrea Pocosgnichhttp://www.poxmediacult.com
Andrea Pocosgnich è laureato in Storia del Teatro presso l’Università Tor Vergata di Roma con una tesi su Tadeusz Kantor. Ha frequentato il master dell’Accademia Silvio D’Amico dedicato alla critica giornalistica. Nel 2009 fonda Teatro e Critica, punto di riferimento nazionale per l’informazione e la critica teatrale, di cui attualmente è il direttore e uno degli animatori. Come critico teatrale e redattore culturale ha collaborato anche con Quaderni del Teatro di Roma, Doppiozero, Metromorfosi, To be, Hystrio, Il Garantista. Da alcuni anni insieme agli altri componenti della redazione di Teatro e Critica organizza una serie di attività formative rivolte al pubblico del teatro: workshop di visione, incontri, lezioni all’interno di festival, scuole, accademie, università e stagioni teatrali.   È docente di storia del teatro, drammaturgia, educazione alla visione e critica presso accademie e scuole.

2 COMMENTS

  1. Piccola annotazione: lo spettacolo non sarà ad India a marzo 2017, essendovi già transitato quest’anno, proprio nelle date indicate.

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