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Kollatino Underground. O gli spazi o la Luna

Al Kollatino Underground dopo molto tempo abbiamo potuto assistere di nuovo a un spettacolo di teatro. Astolfo on the moon di Ansi Lumen Teatro. Recensione

Foto di Flavia Foglietta
Foto di Flavia Foglietta

Come eravamo. Eh, come eravamo? Forse più felici, di certo più attivi, appassionati, decisi a fare dell’arte il nostro mestiere. Come eravamo? Eravamo, prima di tutto. Ed eravamo in tanti. Perché tanti erano gli spazi in cui agire e immaginare mondi che non esistevano ancora, in cui testare il coraggio delle intenzioni, la meccanica dei desideri, l’esperimento della fantasia. Sapevamo ci sarebbe stato quel contatto degli occhi – accordo – che c’è tra surfisti quando la baia è piena di onde, piena cioè di possibilità per prendersi rischi e diventare sovrani del mare, alpinisti dell’acqua. Avevamo una geografia, per questo. Una mappa di opportunità. Poi l’abbiamo vista cancellare come le foto che si sbiadiscono nei cassetti, perché il tempo passa e nessuno se ne prende troppo cura, si sfuma il tempo sulla carta come sfumano desideri mal riposti, lasciati dietro i serramenti imposti dei luoghi che abbiamo amato, vissuto. Perduto.

A Roma, tra questi, c’era il Kollatino Underground. Attivo nella periferia est di Roma dal 2002 come centro abitativo autogestito e insieme come un luogo di produzione artistica, casa di gruppi come Santasangre, Muta Imago e tanti che nel decennio precedente hanno modificato il panorama nazionale e internazionale con le loro opere. Che sono nate lì. Il progetto socio-culturale si è però dovuto arrestare quando, a cavallo tra gli anni zero e gli anni dieci, l’intervento di depotenziamento progressivo l’ha ridotto fino all’annullamento, non solo del luogo stesso, ma delle esperienze incapaci così di costruire un passaggio di testimone tra generazioni.

Foto di Flavia Foglietta
Foto di Flavia Foglietta

Si capirà, dunque, la sorpresa nel ricevere un invito per assistere a uno spettacolo di una giovane compagnia proprio negli spazi dimenticati nel proprio cassetto di ricordi sbiaditi. Si è trattato del gruppo Ansi Lumen Teatro che presentava il debutto del proprio lavoro, durato più di due anni, dal nome Astolfo on the Moon, tratto liberamente dall’Orlando Furioso di Ariosto e modulato seguendo il viaggio del paladino tra i più stretti dell’eroe, partito verso la Luna per recuperare il senno perduto, come si sa, per amore della bella Angelica.
Spettacolo multimediale, ci coglie questa sfumatura all’ingresso. Già, un settore quello della sperimentazione tecnologica totalmente rimosso, proprio a Roma che ne era stata una delle culle e proprio in virtù di quella sparizione di luoghi in cui poter testare a lungo, come occorre per questo tipo di creazione ibrida tra il corpo e la contaminazione di elementi esterni. L’errore è intimamente connesso al concetto di esperimento, senza cui nessuna scoperta, quindi nessun avanzamento, nessuna evoluzione, è possibile. In teatro, dove questo è ancor più vero per la sua natura provvisoria, il tentativo è immanente alla creazione stessa e la sperimentazione una necessità primaria.

Tuttavia, sia pur con limiti tecnici imposti da mezzi non raffinatissimi, sia pur con qualche ingenuità compositiva che non riesce a equilibrare totalmente la cadenza dell’opera, il lavoro pensato da Matilde D’Accardi e Roberto Repele (ma frutto di una scrittura scenica collettiva e con la cura multimediale di Giulio Bartolozzi) si segnala per una freschezza ideativa che tiene insieme appunto corpo e proiezioni sovra e sottoesposte con cui far dialogare l’azione, per una capacità di combinare una struttura linguistica adatta ai salti temporali, suggeriti da questa drammaturgia modellata sulla falsa riga ariostesca, ma soprattutto per una qualità interpretativa eccellente, per voce e corpo di attori di sicuro avvenire; sono – oltre lo stesso Repele nel costume proprio di Astolfo – Caterina Acampora, Lavinia Anselmi e Anna Mallamaci, che danno vita a figure caratterizzanti a puntello della continuità dell’opera, fornendo dunque gli elementi necessari all’evoluzione drammaturgica che mai si priva della presenza vitale degli attori.

Chissà dove avremo modo di seguire il percorso artistico di questa compagnia, dove troveremo nuovi segnali della loro esperienza, certo è che una volta ritrovato il Kollatino Underground si avrebbe voglia di non perderlo di nuovo, non a lungo, o che in sua assenza se ne possa avere un altro, chissà con che nome, in quale angolo di città, altrimenti il prossimo spettacolo davvero gli tocca di andarlo a fare sulla Luna…

Simone Nebbia

Kollatino Underground, Roma – ottobre 2016

ASTOLFO ON THE MOON
Uno spettacolo liberamente ispirato all’Orlando Furioso di L. Ariosto
con Roberto Repele, Caterina Acampora, Lavinia Anselmi e Anna Mallamaci
Una scrittura scenica collettiva di ALT
Drammaturgia a cura di Matilde D’Accardi e Roberto Repele
Progetto multimediale – Giulio Bartolozzi
Scenografie – Giulio Bartolozzi e Adelaide Stazi
Contenuti video e grafica – Giulio Bartolozzi e Mirko Lo Conte per VirtualBlast,
Fabio Reitano, Gianluca Cillo, Adrian Sroka
Musiche e sound design – Alessandro Mastroianni e Rosa R. Tosto
per B-Sharp Laboratories

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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