ErosAntEros e Emanuele Aldrovandi collaborano per Allarmi!, un progetto prodotto da Ert, andato in scena all’Arena del Sole, sarà lo spettacolo di apertura anche di Vie Festival. Abbiamo discusso con il duo Davide Sacco e Agata Tomsic (regista il primo, dramaturg e attrice la seconda) e l’autore del testo (Aldovrandi) per capire la genesi del lavoro e di questo particolare connubio artistico.
Come è nata l’idea di questa produzione e il coinvolgimento dell’ERT?
Davide Sacco, Agata Tomsic Il nostro rapporto con ERT è iniziato nel 2014 quando Pietro Valenti (il direttore ndr) ci ha proposto di diventare nostro interlocutore per seguire da lì in poi il nostro percorso artistico. Prima della fine dell’anno gli abbiamo consegnato il primo progetto di Allarmi!, una breve presentazione di due paginette dello spettacolo come proposta produttiva per la stagione successiva di ERT. In esso argomentavamo la scelta di parlare di neofascismo, a partire da alcuni fatti di cronaca realmente accaduti e dalla complessa situazione politica internazionale del momento (in quel periodo era ancora molto attuale la “guerra civile” in Ucraina, ad esempio), il tipo di operazione registica che volevamo compiere, le figure attoriali che in esso volevamo coinvolgere (Agata come leader di un gruppo di terroristi di estrema destra e i suoi seguaci), assieme a un piccolo atlante iconografico – fonte di ispirazione per l’impianto visivo dello spettacolo (scene, costumi, video) – e una breve bibliografia. Diversamente da come avevamo fatto nei nostri lavori precedenti volevamo costruire una struttura drammaturgica in un certo senso più “convenzionale”, ovvero basata su una narrazione che fosse in grado di coinvolgere gli spettatori attraverso lo sviluppo di una “storia” e dei suoi “personaggi”, per portarli a riflettere su di un argomento che ci stava particolarmente a cuore. Abbiamo quindi deciso di cercare un drammaturgo che fosse disposto a mettersi in relazione con il nostro fare teatrale, ci siamo dati alla lettura di diversi testi e autori finché non abbiamo incontrato la scrittura di Emanuele Aldrovandi e ci siamo decisi a incontrarlo per proporgli di collaborare con noi.
Sei in questo momento, nonostante la giovane età, uno degli autori più in vista della nuova drammaturgia italiana. Spesso abbiamo visto i tuoi testi rappresentati dalla compagnia Mamimò Teatro, con la quale collabori stabilmente. Qual è stato il tuo ruolo nel lavoro diretto da ErosAntEros?
Emanuele Aldrovandi Davide e Agata mi hanno coinvolto quasi due anni fa, chiedendomi di scrivere un testo sui movimenti di estrema destra. Ci siamo incontrati molte volte, abbiamo parlato e scambiato idee, dopodiché io ho preparato una prima bozza che poi – attraverso ulteriori confronti e riflessioni con loro – ho evoluto e trasformato fino ad arrivare al testo definitivo. È stata una collaborazione particolare e molto interessante, perché in un certo senso venivamo da due mondi diversi. Credo che questo abbia arricchito entrambi e possa tracciare una direzione che non è molto battuta nel teatro italiano ma che spero/immagino lo possa essere di più nei prossimi anni, l’incontro fra il cosiddetto “teatro di ricerca” e la cosiddetta “nuova drammaturgia”. Anche perché – e mi rendo conto che si tratta di un’affermazione parziale e decisamente interessata – credo che dopo decenni di sperimentazione sui mezzi e le forme della rappresentazione (che hanno raggiunto vette importantissime, relegando però spesso il testo a un ruolo secondario) ora il terreno più fertile per la ricerca – anche e soprattutto formale – possa essere proprio la drammaturgia. L’Italia è un po’ indietro in questo processo, ma negli ultimi anni ho visto e letto tanti bei lavori che – come spettatore ancora prima che come autore – mi fanno essere decisamente ottimista. Ecco, tutto questo per dire che la nostra collaborazione, nel suo piccolo, credo si inserisca all’interno di in un lento ma inesorabile “cambiamento di pelle” di cui ancora è incerta la destinazione.
Allarmi! (edito da Cue Press ndr.) è una sorta di narrazione pre-distopica, i protagonisti preparano una rivoluzione di stampo fascista, auspicano l’instaurazione di una dittatura in Europa, ma è allo stesso tempo una sorta di pamphlet socio-filosofico. La drammaturgia è interrotta da intermezzi che brechtianamente riflettono su alcuni nodi e tematiche. In che modo avete cercato un vostro linguaggio teatrale che riuscisse a tenere tutto insieme?
D. S., A. T. Il testo è nato in dialogo con le nostre idee di partenza e in dialogo con la drammaturgia scenica che stavamo costruendo è cresciuto ed è andato a modificarsi nei mesi di in cui Emanuele lo ha scritto; potremmo dire pertanto che non c’è stato bisogno di cercare un linguaggio teatrale che riuscisse a tenere tutto assieme, semplicemente perché si è trattato di una collaborazione a tutti gli effetti tra la scrittura di Emanuele e la nostra scrittura scenica, e che entrambe si sono nutrite e rafforzate a vicenda. Rispetto allo straniamento brechtiano dei personaggi invece, Brecht è stato sin dall’inizio nei nostri pensieri quando abbiamo deciso di lavorare a questo progetto. Prima ancora di conoscere Emanuele avevamo riletto diversi suoi testi e Brecht è stato anche uno dei primi riferimenti che abbiamo condiviso con lui. Ovviamente non si trattava di voler ricalcare l’opera del drammaturgo tedesco, ma piuttosto di averla ben chiara sia per le sue qualità dialettiche che performative dato l’argomento che avevamo deciso di trattare e la riflessione che volevamo provare a far germogliare negli spettatori.
Se non vado errato è il vostro primo lavoro con una drammaturgia contemporanea, tra l’altro scritto da un autore della vostra generazione. Quali sono i tratti caratteristici che vi attirano in una scrittura teatrale? Quando insomma secondo voi può parlare ai nostri giorni?
D. S., A. T. In realtà non è la prima volta che ci confrontiamo con una drammaturgia contemporanea… Il nostro primo spettacolo era stato creato riadattando un testo teatrale preesistente, arricchendolo di suggestioni e contenuti musicali, visivi e formali fino ad arrivare ad una forma molto personale.
È la prima volta, però, che collaboriamo con un drammaturgo esterno a ErosAntEros che si prende la responsabilità di scrivere un testo appositamente per un nostro progetto.
Una delle qualità che ci aveva attratto nella scrittura di Emanuele era la capacità di far riflettere su temi importanti anche all’interno di contesti apparentemente neutrali e la sua dissacrante ironia, che non ha paura di mettere in discussione i valori su cui si fonda la nostra società attraverso l’incalzante conflitto che si crea tra i suoi personaggi e lo spietato cinismo di alcuni suoi protagonisti.
Ma in realtà, per rispondere alla tua domanda, crediamo che nel teatro non ci siano regole universali e che a molte domande la risposta più sincera sia “dipende”. Secondo noi può parlare ai nostri giorni tanto un testo di Emanuele Aldrovandi, quanto un testo di Shakespeare o Moliere, un classico di Aristofane o, come dimostra l’ultimo progetto di Antonio Latella, un mito come quello degli Atridi. Allo stesso modo crediamo che uno spettacolo possa essere completo e “funzionare”, ovvero instaurare una relazione interessante con gli spettatori, anche se privo di parole, come può farlo d’altra parte un attore solo che incarna un testo in mezzo a una scena spoglia. Nel nostro caso, ovvero secondo la nostra esperienza “dipende”: dal progetto, dall’argomento e/o dalle motivazioni che si nascondono dietro di esso, dall’operazione registica o drammaturgica con cui si decide di volersi cimentare. Non a caso, anche le nostre forme sono variate molto da un lavoro all’altro e probabilmente continueranno a mutare nel prossimo futuro. Anzi, possiamo già annunciare che a giugno 2017 debutteremo a Ravenna Festival con un lavoro di stampo concertistico-musicale sulla Rivoluzione Russa che vedrà in scena Agata e un quartetto d’archi, un progetto molto diverso da quello che potete vedere in scena in questi giorni a Bologna.
Spesso le rivoluzioni vengono raccontate dal punto di vista dei grandi ideali socialisti, tu qui hai scavato nel ventre molle di una classe media in preda allo sbando, che vede nella dittatura una soluzione all’Europa dei poteri finanziari, alla burocrazia che schiaccia le libertà individuali… Allo stesso tempo però l’Unione Europea è nata anche come risposta ai totalitarismi. Non c’è più lo spazio per una riflessione rivoluzionaria di sinistra? Per questo hai voluto raccontare il suo contrario?
E. A. Le rivoluzioni degli ultimi secoli sono sempre partite dall’iniziativa di un’élite e si sono nutrite della disperazione degli emarginati. Nell’Europa di oggi ci sono due tipi di emarginazione, quella degli immigrati e quella di una fascia di nuovi poveri che non si sente più rappresentata da una sinistra sempre più vicina ai poteri forti dell’economia mondiale. È normale che i componenti di questo secondo gruppo si lascino tentare da millantate sovversioni di un ordine nel quale non riescono più a immaginare di trovare un posto. Ma il testo parla anche e soprattutto della presunta impossibilità di sovvertire quest’ordine, e se ci sia ancora spazio per una riflessione rivoluzionaria (di sinistra, di destra o post-ideologica) è proprio quello che mi sono chiesto mentre scrivevo. Inoltre, rispetto alla rivoluzione Francese o a quella Russa, oggi c’è internet, e questo se da un lato potrebbe favorire la comunicazione, dall’altro aumenta il rischio di creare follie solipsistiche come quella di Anders Breivik. Perciò abbiamo cercato di lavorare non solo sul macro, ma anche sull’individuo, in questo caso Vittoria, la nostra leader rivoluzionaria, che è in costante bilico fra l’eroismo e la mitomania.
I personaggi creati da Emanuele non hanno la consistenza di personaggi classicamente intesi, in un certo senso sono quasi post-drammatici, megafoni di una serie di riflessioni. Come avete agito sulla recitazione e costruzione o decostruzione del personaggio?
D. S., A. T. In realtà è stata la prima volta che abbiamo considerato il personaggio come un soggetto del nostro lavoro e non come un concetto con cui lavorare in antitesi nella costruzione delle nostre drammaturgie originali. Abbiamo sempre preferito parlare di “figure” nei nostri lavori, mentre sin dalla prima ideazione di Allarmi! abbiamo deciso di voler lavorare su dei “personaggi” e proprio questo è stato uno dei motivi principali per cui abbiamo scelto di collaborare con Emanuele.
Considerando il nostro percorso, è stato naturale per noi lavorare anche sui personaggi di Emanuele a partire dalla loro decostruzione e dobbiamo dire che il testo, con i suoi intermezzi e i discorsi diretti al pubblico ha aderito perfettamente al nostro scopo.
È stato molto interessante poi lavorare con degli attori che vengono da percorsi diversi dal nostro e insieme a loro costruire i personaggi del testo di Emanuele per poi distruggerli, frammentarli, lacerarli… All’inizio non è stato facile, ci siamo dovuti conoscere e fidare reciprocamente, ma poi ci siamo divertiti molto a giocare con i diversi livelli di rappresentazione, giostrando fluidamente attraverso i 15 personaggi che Emanuele ci ha lasciato in dote, il “qui ed ora” degli attori-performer che preparano a vista le scene del racconto o che salutano il pubblico quando l’apparizione del loro personaggio si è conclusa.
Il debutto nella programmazione dell’Arena del Sole di Bologna rappresenta un’importante vetrina, quali sensazioni e feedback avete avuto?
D. S., A. T. Abbiamo debuttato il 5 ottobre e saremo in scena qui fino al 16 ottobre compreso. Le prime giornate di confronto con gli spettatori qui a Bologna ci hanno regalato reazioni molto intense, sguardi attenti, calorosi e pronti alla risata come ai momenti di tensione. È stato molto bello sentire questa costante connessione tra scena e spettatori. Speriamo che nei prossimi giorni lo spettacolo continui a crescere e che molte altre persone decidano di venire a stare con noi per un paio d’ore. Poi ci saranno le repliche a Vie Festival (dal 13 al 16 ottobre) e sappiamo che oltre ai bolognesi e ai corregionali avremo la possibilità di confrontarci anche con sguardi nazionali e internazionali e siamo molto curiosi di sapere come verrà recepito il nostro lavoro. Abbiamo davanti a noi altre 7 repliche a Bologna, si tratta di una importante occasione e ne siamo davvero molto felici! Sarebbe curioso riparlarne a fine mese per tirare le somme di queste due settimane bolognesi e della piccola tournée a Piacenza e Ravenna che ne seguirà! Cogliamo l’occasione per ringraziare tutte le persone che sono coinvolte all’interno di Allarmi! e che in noi hanno creduto regalandoci la possibilità di arrivare dove oggi ci troviamo.
E. A. È stato un debutto importante e sono molto contento. I feedback ovviamente sono falsati dal fatto che le persone a cui non è piaciuto tendono a evitare di venirti a dire “Ciao, non mi è piaciuto”, per cui dopo una prima si raccolgono sempre tanti commenti positivi, che però sarebbe ingenuo pensare rappresentino la totalità dei punti di vista. La cosa che personalmente mi ha fatto più piacere è stato vedere un gruppo di ragazzi delle superiori – con cui avevamo fatto degli incontri prima dello spettacolo – uscire dal teatro contenti perché si erano divertiti e – spero! – avranno qualcosa su cui riflettere.
Andrea Poocsgnich
in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna fino al 16 ottobre 2016
Tournée 2016
17 Ottobre 2016: Teatro dei Filodrammatici – Piacenza (Italy)
28 Ottobre 2016: Teatro Rasi – Ravenna (Italy)
Allarmi!
ideazione Davide Sacco e Agata Tomsic / ErosAntEros
testo Emanuele Aldrovandi
regia Davide Sacco
dramaturg Agata Tomsic
con Marco Cavicchioli, Giusto Cucchiarini, Luca Mammoli, Massimo Scola, Agata Tomsic
spazio Davide Sacco e Agata Tomsic
costumi Laura Dondoli
music design Davide Sacco
luci Vincenzo Bonaffini e Davide Sacco
video Francesco Tedde
disegni Gianluca Costantini
animazioni e foto di scena Gianluca Sacco
fonica Giampiero Berti e Davide Sacco
assistenti alle prove Jessica Sedda e Marta Ruggiero
organizzazione Roberto Carletti
direzione tecnica Marco Carletti
ufficio stampa Silvia Pacciarini e Donatella Franzoni
oggetti di scena realizzati da Elena Stanzani e Marco Belli nel laboratorio scenografico Arena del Sole
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
Durata 1h 50′