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Festival Troia Teatro: bollettino dalle pendici dei Monti Dauni

Festival Troia Teatro – Tuttun’Altra Troia ha appena concluso la sua undicesima edizione nella cittadina in provincia di Foggia. Un racconto della manifestazione e una panoramica del concorso, dei vincitori, degli spettacoli.

 

festival troia teatro
Foto di Giuseppe Totaro

Attraversare le strade dell’Alto Tavoliere, giungere alle pendici dei Monti Dauni, risalire una china di tornanti mentre la stagione fa capolino tra i campi e le sfumature viola e arancio nei tramonti d’estate, mentre la fisiologia del sole si fa spazio tra le piogge inattese, lo spirare di un’aria rigida e imprevista, che non riesce tuttavia a scalfire l’instaurarsi e il conservarsi del tepore di un clima, di un ambiente, di un microcosmo sospeso eppure integralmente inserito nel suo contesto. Chi arriva a Troia fende passo dopo passo il percorso di vicoli che schiude lo sguardo sull’allure medievale del borgo, sui gloriosi raggi del rosone della cattedrale romanica, suggerendo i transiti bizantini, gli assedi saraceni e svevi, l’affiliazione angioina, quella borbonica fedele sino alla rivolta ai piemontesi. Piccolo tesoro nascosto, la cittadina di circa settemila abitanti è ormai da anni sede di un festival che ha mosso con discrezione i primi passi, proponendosi di diventare pian piano uno degli appuntamenti di ritrovo dell’universo teatrale nazionale, con riscontro sempre crescente fra popolazione locale e addetti ai lavori. Giunto oggi alla sua undicesima edizione,  Festival Troia Teatro – Tuttun’Altra Troia è organizzato da Teatri 35, U.G.T. (Unione Giovanile Troiana) e A.c.t.! Monti Dauni sotto la direzione di Francesco Ottavio De Santis con il patrocinio di Regione Puglia e Comune di Troia e il sostegno, tra gli altri, di Puglia Off e I Teatri del Sacro.

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

Ad articolare il programma della manifestazione è la scansione dei sette spettacoli in concorso al premio Eceplast (1500 euro al vincitore) in scena tra il cortile del Palazzo Vescovile e il Chiostro di San Benedetto, a cui si combinano le performance fuori competizione, le incursioni musicali che attraversano le vie sotto gli sguardi incuriositi, partecipi o vagamente attoniti di passanti e astanti, l’arte di strada, i concerti e le session elettroniche nella villa comunale durante la seconda parte della serata, e ancora installazioni e appuntamenti di dibattito pomeridiano fra artisti e spettatori più o meno professionisti.

Concezione che contribuisce a creare il polo fisico e ideale nella piazza ove la reticolarità degli eventi – cangiante e coerente all’immagine di festa dell’agorà – si irraggia e si ricompone, di volta in volta edificando e rafforzando una familiarità la cui stretta serena e naturale si serra quasi istantanea nell’identificazione dei volti, nel crocevia dei sorrisi, fra il contatto etereo degli occhi e il fronteggiarsi delle menti, delle parole, dei pensieri, complice la vocazione stessa dello spazio urbano. Dalla o dalle visioni estemporanee il dialogo, anche lo scontro produttivo hanno modo di germogliare sul caso specifico e fioriscono estendendosi nemmeno troppo raramente ben oltre, sino a prescinderne, in un provvidenziale scambio sul senso stesso del mestiere, sulle prassi, le dinamiche, gli snodi, i profili singoli e comunitari che appartengono e pertengono ai vari piani della dimensione teatrale contemporanea. Percepita, quella dimensione, restituita, discussa, riprodotta, raccontata, scambiata, mutuata, a momenti accantonata al tavolino di un bar fra una birra e un bicchiere di Nero, tra un piatto di pasta e le passeggiate notturne del ritorno, fra la ricerca di una necessaria connessione dati e gli abbracci delle partenze.

Foto Giuseppe Luciano Pirro
Foto Giuseppe Luciano Pirro

Ad aggiudicarsi la vittoria Matremo Teatro (Roberta Frascati, Angela Garofalo, Monica Palomby, Caterina Di Matteo) con Mamma – Piccole tragedie minimali, esperimento audace, ancora da assestare, di messinscena del testo non facile di Annibale Ruccello, qui scorporato e rimodulato nello sviluppo drammatico dell’azione su quattro e non più su unico interprete. Accanto a questo La marcia lunga di Saverio Tavano, i due monologhi L’albero di Nicola Conversano e Niente Panico di e con Luca Avigliano – buona presenza scenica a sostenere alcune incompiutezze del testo –, Sfinge di Melissa Lohman (tentativo embrionale o studio di danza contemporanea) e l’acerbità con limiti ancora troppo sterili di A.N.S.I.A della bolognese Andy Gio; unicum non solo per tipologia di linguaggio è Faber Navalis, “documentario” di Maurizio Borriello al confine tra corto e mediometraggio la cui distinzione si conclama in una costruzione dell’immagine materica, così sensibile da corteggiare la trascendenza del tatto, dell’olfatto, dell’udito, così espressa da conquistare un’estetica inequivocabile, disegnata nei riverberi della luce, nella scelta dei tagli di piano per inquadrature.

Fuori concorso, tra gli altri, l’adattamento di Else di Arthur Schnitzler della Compagnia La luna nel letto, che sceglie di riproporre la crudezza del dramma nella discrasia fra i soli diciannove anni del personaggio e l’età adulta dell’interprete su un palcoscenico sviluppato in lunghezza con la rifrazione tripartita degli specchi al fondo e le coppe da champagne disseminate lungo il perimetro, bevute una dopo l’altra a segnare il procedere verso la conclusione; mentre il labirinto di Teatri 35 si offre quale percorso ascensionale per tableaux vivants, lirica d’impatto visivo riassunta in piccole architetture sceniche plasmate nei momentanei congelamenti delle anatomie, nelle contrazioni dei tessuti quali complementi pittorici per iconografie celebri, matrici cristiche, mariane, religiose trasposte in una dimensione incarnata della percezione.

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

A fronte di una offerta teatrale con non poche possibilità di crescita, è lo stesso De Santis con coscienza a sottolineare più volte come, nonostante gli ammanchi economici affatto nuovi di questi tempi e nonostante una volontà di desistere in prima battuta, anche in questa ultima edizione, con i Sentimenti come nodo tematico centrale, la volontà precipua soggiacente al progetto non sia stata tanto creare una vetrina in cui proporre spettacoli pronti a varcare i palcoscenici nazionali con la compiutezza del capolavoro, quanto piuttosto quella di concentrarsi sul processo, diremmo sulle prospettive di sviluppo di cui esso si fa viatico per elezione. Emerge poi l’intento di generare in una multidisciplinarietà di input – a carattere performativo – un momento di confronto, travaso di esperienze nella successione di flussi e influssi di ritorno dove la messa in discussione sia piano sostanziale e irrinunciabile per la crescita della manifestazione e dei suoi protagonisti. Operazione non facile, certo apprezzabile, a maggior ragione se inserita in un quadro territoriale spesso recalcitrante a tal genere di iniziative, che sceglie l’uso della parola “resilienza”, fin troppo caro ormai a scritti e conversazioni di vario genere in riferimento all’altrettanto sterminato lemma “cultura”.

Marianna Masselli

Festival Troia Teatro, Troia (FG), agosto 2016

 

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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