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Roma teatrale nascosta – Ultime dai campi II

Roma teatrale: e se i teatri fossero come tanti campi da calcio? Piccoli stadi dove si giocano partite senza goal, vincitori e vinti. Proviamo a raccontarveli così questi spettacoli con la recensione che quasi si trasforma in telecronaca sportiva: Cerimonia d’addio di Quinzi/Bonacci alle Carrozzerie n.o.t, Game Over di Daniele Nuccetelli al Teatro Lo Spazio, Tempo. Monologo in 4/4 al Teatro Tordinona.

Cerimonia d'addio. Foto Clorinda Alina
Cerimonia d’addio. Foto Clorinda Alina

Basta avere un prato dietro una carrozzeria in disuso, quattro mobili a segnare il campo e correre dietro al proprio gioco con la stessa serietà dei grandi stadi. Anche se ora alle Carrozzerie n.o.t. è tutto impacchettato dietro teli di cellophane, si tratta di una partita tra parenti apparentemente tranquilla, dove però al triplice fischio il ruolo del difensore passa al portiere e il centravanti finisce in panchina, schiacciato dalle regole nascoste di un gioco che credeva di conoscere troppo bene. Non abbandonando la maglia LABit ma alla prima prova da allenatore, Matteo Quinzi schiera un testo scritto a quattro mani con Giovanni Bonacci, recita assieme a lui (con Emanuele Gabrieli e Ambra Quaranta), dirigendo una Cerimonia d’addio, commemorazione per un padre in absentia, in grado di travolgere l’apparente equilibrio delle forze usuali. L’atteggiamento cinico e concreto di una squadra che non sbagliava un goal sembra oramai logorato dal tempo. Alla moviola il gioco si capovolge: intimità di coppia, sbeffeggiamenti e nonnismi familiari, persino il ricordo viene ribaltato, svelati i meccanismi come tutt’altro da quel che sembravano, scoperchiando, oltre lo slancio divertito dei tiri in porta, un dolore profondo tra i compagni della stessa squadra. Accettato che con questo schema si rischia l’affaticamento soprattutto nelle zone dove il testo si allarga a considerazioni troppo generali, il merito risiede nella zona di stasi, nell’onestà dichiarata a non voler andare oltre (almeno per ora) gli schemi conosciuti, non rinunciando però a fluidificare l’azione scenica e a rafforzare quel dialogo tra i reparti che permette il pieno controllo del campo. Alla fine la squadra agguanta il pareggio. Contiamo in una marcatura più stretta al prossimo turno e passiamo negli spogliatoi del Teatro Lo Spazio. Luca, a te la linea.

foto ufficio stampa
foto ufficio stampa

Daniele Nuccetelli si confronta con un avversario insidioso: «La merda e il gioco hanno la stessa dinamica: forte impulso, appagamento, pentimento». Questa una delle frasi che ha ispirato l’azione di Nuccetelli, tratta dal libro L’equilibrista (Se.F.a.P, 2013) di Maurizio Paparella, in cui l’autore racconta la sua partita – ad oggi vinta – con il gioco d’azzardo. Più precisamente, indaga la relazione tra l’uomo e la dipendenza, quest’ultima schierata dal regista nella presenza femminile di Ida Vinella; per lei, l’indicazione del mister è chiara: marcatura a uomo. In un’altalena di euforia e depressione un Nuccetelli con tocco e lettura tattica regala al pubblico l’emozione della notturna – l’adrenalina dei cavalli, le scommesse – e la paralisi del gioco – il catenaccio della disperazione, l’incapacità di chiedere aiuto. L’azione è nel dialogare scenico dei due attori che sondano la solitudine di un uomo troppo attaccato al suo “pallone”; le proiezioni video, i neon puntati sulla tribuna accentuano nel pubblico l’abbaglio del gambling, conosciuto bene da un popolo amante del gioco del calcio, si, ma anche minacciato dal gioco d’azzardo: in Italia una slot machine ogni 143 abitanti, negli Stati Uniti una ogni 372, in Germania una ogni 261. La partita tra il protagonista e la dipendenza, avvincente, resta volutamente sospesa, e al triplice fischio le curve non si spellano troppo le mani perché nonostante il coraggio la marcatura a uomo e il sovraccarico di piani simbolici impedisce alla drammaturgia di finalizzare. Mi piace “depistare”, dichiara Daniele Nuccetelli a bordo campo; l’avevo visto nel 2003 in Diario di un killer sentimentale, e se Walter Zenga emozionato dopo una Coppa Uefa aveva acceso la mia vecchia fede calcistica, Daniele Nuccetelli dopo il monologo tratto dal libro di Sepùlveda mi aveva fatto innamorare del teatro. Sono cose che non si dimenticano. Linea al Tordinona.

tempo
Tempo 4/4 – Foto Ufficio Stampa

Dopo aver militato per anni nelle serie minori tra festival e centri sociali, con recenti apparizioni in prima squadra al Teatro Quarticciolo, Emiliano Valente scende in campo in un Teatro Tordinona quasi a porte chiuse, con poco pubblico sugli spalti forse a causa di un mercato non proprio esaltante, a detta dei tifosi, in quest’ultima stagione. Eppure, fin dal fischio d’inizio, si prende sulle spalle il centropalco e regala sequenze narrative di un teatro immediato, tornato ad essere veicolo di storie più o meno note, più o meno esemplari, ognuna con una forte caratura civile. Si muove bene, Valente, smista parole e movimenti senza sbagliare mai un passaggio, ordinato e pulito negli interventi per ognuno dei quattro tempi in cui si divide la gara. Tempo Monologo in 4/4, infatti, si articola lungo quattro storie differenti che hanno in comune un senso tradito di giustizia, quasi afferrato quell’attimo prima di vederlo sparire per sempre, riconosciuto e negato per l’orgoglio della libertà. Valente distribuisce bene le energie, per evitare cali di rendimento e così di cadere in qualche errore grossolano in una zona pericolosa del campo; eppure, proprio per questo, si vieta il guizzo capace di portare a casa una vittoria, tuttavia soltanto rimandata. Già, perché l’esigenza del teatro civile, di un racconto che tenga in conto la forza morale, è ancora lontano dal mostrarsi come un geroglifico di iscrizioni rupestri, è vivo e riemerge al modo di un calcio dato a un pallone in una stradina di periferia, poi rimbalzato fino al centro dell’area di rigore del più grande stadio del mondo. Finché si avrà una storia come quella del cantautore anarchico Joe Hill che nel 1915 fu ingiustamente ucciso, o come quella di Franco Serantini anarchico più moderno ma in ogni caso trucidato dalle “forse dell’ordine”, nel 1972, Valente avrà voglia di raccontarla, la sua manovra sarà avvolgente, la sua maglia tornerà irriconoscibile negli spogliatoi. Sudata. Ma come fosse un trofeo.

CARROZZERIE N.O.T.
CERIMONIA D’ADDIO
Di Giovanni Bonacci e Matteo Quinzi
Con Giovanni Bonacci, Emanuele Gabrieli, Ambra Quaranta, Matteo Quinzi
Regia di Matteo Quinzi
Foto di scena Clorinda Alina

TEATRO LO SPAZIO
GAME OVER
Liberamente tratto dal romanzo “L’equilibrista” di Maurizio Paparella
Con Daniele Nuccetelli e Ida Vinella
Disegno luci Danilo Facco
Musiche originali Andrea Ruscitto
Proiezioni video DVI99
Scritto e diretto da Daniele Nuccetelli

TEATRO TORDINONA
TEMPO. MONOLOGO IN 4/4
Di e con Emiliano Valente

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