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stArt up Teatro 2015. Riflessioni con Gaetano Colella

stArt up Teatro 2015 La dimora del racconto. Riflessioni con Gaetano Colella sul futuro del festival.

Foto di Circolo di Confusione/Arcidosso. Street art Borondo
Foto di Circolo di Confusione/Arcidosso. Street art Borondo

Ci sono circostanze che agiscono contro la natura stessa delle cose, sono lì intente a seguire un proprio corso vitale impegnando energie, tempo, volontà, economie e a un certo punto qualcosa giunge a reciderle. Strappandole dalla terra che hanno abitato e nutrito fino a quel momento. Così accade a stArt up Teatro, un festival molto giovane (giunto solo alla quarta edizione) che si appresta ad andare incontro a una fine prematura. Ci eravamo stati l’anno scorso per la prima volta e abbiamo deciso di prendervi parte nuovamente in questa edizione, dal sottotitolo La dimora del racconto, conclusasi da poco con la divulgazione di una lettera aperta che ha portato alla luce le gravi condizioni in cui riversa questa giovane realtà teatrale.

Il festival ha luogo nelle sale del Teatro Tatà situato nel quartiere Tamburi di Taranto e gestito dal Collettivo di Ricerche Espressive e Sperimentazione Teatrale Crest, con la direzione artistica di Clara Cottino e Gaetano Colella e quella organizzativa di Santina Novellino. stArt up Teatro nasce dall’unione di sei residenze teatrali una.net – Armamaxa teatro, Bottega degli Apocrifi, Crest, La Luna nel letto, ResExtensa, Teatro delle Forche – distribuite nelle province di Bari, Brindisi, Foggia e Taranto, ed è realizzato nell’ambito di Teatri abitati: una rete del contemporaneo, modello di residenza teatrale nato nel 2008 e finanziato dal FESR (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) «che mette a sistema enti pubblici, dotati di spazi teatrali e compagnie regionali di teatro o di danza che in questi luoghi si stabilizzano per gestirli e proporre cultura». Prestiamo attenzione: la residenzialità non è dunque una mission da raggiungere, ma una politica culturale di sistema che ingloba promozione, distribuzione, programmazione e formazione teatrale nella Regione Puglia, dalla quale sono scaturite in questi anni due conseguenze fondamentali: «da una parte l’attivazione drammatica delle comunità, sempre più coinvolte nei processi creativi, dall’altro l’ingresso del “territorio” nelle storie e nelle opere degli artisti». Questa edizione si è presentata con un’ ulteriore novità, ossia quella di accogliere Puglia Showcase 2015, la vetrina internazionale del teatro contemporaneo a cura del Teatro Pubblico Pugliese che ha permesso di «valorizzare entrambi gli appuntamenti con un programma ancor più ricco, la presenza di operatori del panorama internazionale e un dialogo aperto con il territorio e la giovane produzione pugliese». Sinergiche proposte culturali che hanno favorito un clima di accoglienza non solo per il pubblico di critici e operatori che si incontra a Taranto rinnovandosi l’appuntamento ogni anno, ma anche e sopratutto per il pubblico costituito dagli abitanti del quartiere, agevolati dal prezzo dei biglietti assai “familiare” che permette di seguire un festival – la cui fruizione distribuita in più giorni e importanza comunicativa è diversa e lontana dall’unicità della singola serata a teatro – pagando cinque euro il biglietto intero e quattro il ridotto.

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

«Ma stArt up quest’anno ha richiesto molto alle nostre forze e alle nostre economie. Sette compagnie, di cui sei residenti, che hanno allestito un festival con soli 38 mila euro, di cui la metà messo dalle nostre tasche, dalle residenze teatrali. Un budget al quale sommare il contributo della regione per le ospitalità che non supera i 20 mila euro. Un festival, quindi, fatto con 57 mila euro.» Questo, al di là di tutta l’organizzazione capillare fin qui analizzata, è il bilancio conclusivo esplicitato nella lettera pubblicata sul sito del Crest l’ultimo giorno della rassegna, puntando volutamente l’attenzione su un disagio che nella frenetica messa a punto del festival era passato inosservato, ma sul quale poggiavano purtroppo le forze di chi vi ha lavorato. Parlando al telefono con Gaetano Colella, che si è reso disponibile ad approfondire la situazione, abbiamo appreso la genesi di un’edizione che sin dall’inizio presentava delle problematiche: «Abbiamo avuto sin da subito delle difficoltà, se non ci fosse stato l’intervento di Puglia Showcase saremmo stati costretti a malincuore a fare una cosa molto piccola. Il contributo messo a disposizione da ciascuna delle residenze purtroppo è esiguo (appena tremila euro) e non riesce a coprire tutte le spese, sopratutto quelle riservate al comparto tecnico. La nostra è una realtà circoscritta che per quattro anni è riuscita a fare il possibile dimostrando di possedere una visione di progetto ben delineata e adatta al territorio nel quale operiamo, ma ora ci auspichiamo che gli sforzi giungano anche da altri sedi perché ne abbiamo urgenza e da soli non bastiamo. Senza contare inoltre, che ci troviamo in un periodo in cui la riforma del Fus non ci viene affatto incontro e nell’orizzonte di cambiamento voluto dal Ministero, una delle nostre compagnie è stata tagliata fuori.»
Molte sono le iniziative organizzate ultimamente dal Teatro Pubblico Pugliese, oltre a stArt up citiamo infatti l’ampio e interessante progetto dedicato a Misteri e Fuochi in grado di stabilire legami con le varie città coinvolte attraverso un percorso che fa della ritualità teatrale il trait d’union tra la comunità cittadina e quella artistica. Eventi che si sono ritrovati tuttavia a coincidere negli stessi giorni, favorendo da una parte la comunicazione tra i vari progetti e l’unione di diversi pubblici (ad esempio la serata dedicata al lavoro di Armando Punzo Paradiso – voi non sapete la sofferenza dei santi è coincisa con quella di apertura del festival stArt up); dall’altra però questa contemporaneità non ha permesso di dare tempo e specificità ai singoli appuntamenti, i quali da entrambe le parti hanno rischiato di perdere attenzione. Semplicemente, a nostro avviso, ipotizziamo che essi si siano trovati a spartirsi un tempo che forse non doveva essere condiviso, ma doveva restare individuale. Oltretutto stArt up come organismo festivaliero necessita di un ascolto non privilegiato ma sicuramente distinto in quanto, come ci ha tenuto anche a precisare Gaetano Colella, «è nato per puntare i riflettori sulla città e le produzioni pugliesi che possiedono una circuitazione ristretta». Colella infine è lapidario: «Così non più! Questa lettera è servita a richiamare l’attenzione, dichiarando una situazione d’emergenza. In questi giorni abbiamo anche incontrato l’assessore regionale, il che vuol dire che siamo riusciti, nonostante le difficoltà, a conquistarci una parte del pubblico di questa città e speriamo di avere in futuro delle buone notizie».

L’intento è chiaro: «spostare il centro» in Puglia e in particolare a Taranto, celebre purtroppo per ben altri demeriti. Rendiamoci dunque consapevoli di cosa voglia dire per noi operatori decidere di partire, affrontare il viaggio e fruire in quel luogo e non in un altro dell’ offerta teatrale presentata. Retorica? Probabile, ma a volte la dimensione dislocata e raggiungibile dei festival fa cadere nell’automatismo le nostre azioni. Dimentichiamo infatti con facilità i motivi glocali che li sostengono e ai quali le istituzioni devono garantire un’ abitazione solida e duratura.

Lucia Medri
Twitter @luciamedri

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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