Ungra. Una vera e propria bizzarria teatrale con scenografia 3D e ambientazione futuristica. Recensione
Mentre inforcavo gli occhiali per la visione 3D mai avrei pensato di poter essere lo spettatore di una pièce teatrale così di cattivo gusto. Ma il gusto è relativo, è soggettivo, direte voi. Bene, ma questa volta è stato oltrepassato un segno, un limite che rende la questione davvero surreale, illuminando di una luce involontariamente comica ciò che io e altri venti abbiamo visto ieri sera al Teatro Ambra alla Garbatella.
Certo, leggendo anche solo una parte del foglio di sala potreste obiettare che me la sono cercata: «L’opera è ambientata nel lontano 4014, in un mondo caratterizzato da parametri diversi rispetto a quelli della nostra realtà attuale, all’interno del quale è concessa qualsiasi invenzione. Il pianeta è popolato da sole donne, dopo la grande epidemia che nel 3715 colpì e sterminò il genere maschile. Una vera spedizione punitiva, creata dalle donne stesse, verso chi tanto le aveva maltrattate nei secoli precedenti».
Vero, ho rischiato. Ma in teatro le distopie fantascientifiche non sono poi così frequenti e qui la cosa che colpiva era proprio il taglio, molto semplice, quasi cinematografico. E la trama è davvero quella descritta, siamo in un futuro lontano duemila anni e il mondo è diviso in due grandi regni, ognuno comandato da una regina: la prima è casta e austera, la seconda invece non disdegna i piaceri della carne. Ma in realtà, a comandare nell’ombra, ci sarebbero tredici scienziate, probabilmente colpevoli dell’estinzione del genere maschile trecento anni prima. Tutto questo è raccontato in soliloqui e dialoghi e agito – perché una componente precisa di Ungra è l’azione – in una scena 3D. Qui in buona sostanza avviene una moltiplicazione del kitsch che rende il lavoro unico superando quella barriera di razionalità di cui scrivevo sopra. La scenografia tridimensionale di cui si parla nelle note di accompagnamento dello spettacolo è una serie di paesaggi filmati in «formato 3D top and bottom» (specifica la regista in un commento su Facebook) e retroproiettati sulla quarta parete di pellicola olografica; tuttavia a mio avviso la tecnica in questo caso si limita ad avvicinare ai nostri occhi effetti in fondo non sbalorditivi.
Visivamente siamo comunque di fronte a un’ora di bizzarrie che vanno dalla computer grafica bidimensionale a quella immersiva, passando improvvisamente dal trompe l’oeil di una grotta sotto terra a effetti cartoon a basso costo. Ma soprattutto la sensazione è quella di stare di fronte a un episodio di qualche ipotetica serie TV low budget di fantascienza girata negli anni Settanta/Ottanta. La recitazione, nel complesso, scatena le stesse emozioni che si provano durante la visione di The Lady. Tanto nel caso del lavoro teatrale scritto e diretto da Teodora Nadoleanu che in quello televisivo di Lory Del Santo il ridicolo genera il comico, ma all’origine c’è uno sfasamento grottesco tipico di queste situazioni: le autrici credono di aver messo al mondo qualcosa di serio e non di ridicolo, pescano a piene mani nell’immaginario drammatico cinematografico o in quello tragico teatrale, ma non lo ribaltano mai con l’evidenza della parodia, con il risultato di generare una parodia involontaria che fa sgranare gli occhi agli spettatori.
Ed è quello che ci è accaduto ieri sera quando in sala la luce si è accesa per il timido applauso, nessuno credeva a ciò che stava vedendo. Anche perché al quadro descritto dovete aggiungere i costumi acetati, improbabili coreografie che spuntano in un dato momento senza un motivo preciso, la scena di combattimento proiettata in stile Street Fighter e poi lotta e colluttazioni che in quanto a credibilità lasciano più che a desiderare. Insomma lo spettacolo (in scena fino al 4 ottobre) è costellato di momenti in cui non puoi far altro che chiederti “ma davvero lo stanno facendo e io sto qui seduto a guardare?”. Emblematico il caso dell’uccisione della regina cattiva da parte dell’eroina: avviene con la mossa tipica dei film d’azione trash con cui spezzano le vertebre del malcapitato con una torsione improvvisa della testa, oppure quando sempre la nostra eroina – colei che è stata mandata in un posto segreto per raccogliere il «liquido spermatico purissimo» e rifondare la razza umana – fa fuori un’altra nemica con una ginocchiata.
Ora, in rete, non si trovano molte informazioni sulla regista o sullo spettacolo, nel comunicato stampa appare però anche questa dicitura: «Il progetto, liberamente tratto dall’opera Ungra la Guerriera di Alessandro Iori, nasce da un laboratorio teatrale che ha come obiettivo una sintesi tra cinema e teatro». Ennesimo stupore: siamo nell’ambito del teatro amatoriale con ambizioni tecnologiche?
Andrea Pocosgnich
Twitter @AndreaPox
fino al 4 ottobre 2015, Teatro Ambra alla Garbatella, Roma
UNGRA
Di Teodora Nadoleanu e il cast
Con la partecipazione di Gabriella Di Luzio
e con Nika Perrone, Ludovica Avetrani, Elisabetta Raoli,
Sandra Rossi, Francesca Di Vincenzo, Sara Bocola e Chiara Lombardo
Regia di Teodora Nadoleanu
Regia 3D di Katia Lopett