Daniele Ninarello e Helen Cerina protagonisti della danza di Inequilibrio Festival 2015. Recensioni
Nella canicola di luglio il Castello Pasquini assume la consistenza fumosa del miraggio e sfida l’osservatore, lo scettico fenomenologo, a porre in dubbio quelle certezze sulle quali l’esperienza stessa si fonda: lo spazio e il tempo sembrano così mutare da insormontabili dimensioni della realtà in rassicuranti creazioni umane, e la vita stessa appare un prodotto, dolcissimo e assurdo, dell’arte scenica. Sono anche questi gli esiti ai quali la diciottesima edizione del Festival Inequilibrio conduce lo spettatore: e tuttavia non attraverso un teatro di parola che sappia farsi carico di filosofie e teorie, o che trasponga in un’affascinante drammaturgia articolate metafisiche, bensì grazie alla naturale, primordiale, muta arte della danza.
Il palcoscenico è ancora lo specchio della vita, nella commovente creazione di Helen Cerina, e tuttavia il suo Iperrealismi conduce a un geniale e pittorico parossismo l’antico adagio sulla mimesi artistica. In scena, quattro performer compiono gesti lenti e slegati, privi di senso e ‒ si direbbe ‒ di qualsiasi valore coreografico: due donne agitano le braccia, un uomo attraversa lo spazio, un’altra donna sosta pensosa al centro della scena, per poi proseguire verso il limite del palco. Proiettati sul fondale, brevi filmati ripropongono e amplificano l’assurdità di tali azioni in contesti sempre diversi ‒ un giardino all’inglese, un prato alberato ‒ fino a quando l’originaria ripresa video di un gruppo di bambini che giocano su una spiaggia scioglie l’enigma e conferisce un significato ai movimenti coreutici. Cerina non cade però nell’errore di insistere sull’identico meccanismo nella totalità dei segmenti che compongono Iperrealismi, ma costruisce invece un affresco di possibili variazioni sul tema dell’imitazione, grazie ai quali, sotto al brillante esperimento volto a fornire un calco tersicoreo di una banale quotidianità, si può scorgere un’ironica e divertita riflessione sulla percezione, quasi un jeu philosophique sull’osservazione, intriso di suggestioni cinematografiche. Il video può così replicare in sincrono non soltanto quanto sta accadendo sul palco, ma mostrare e reiterare all’infinito lo stesso fondale su cui è proiettato: una vertiginosa mise en abyme che non simula la realtà ma la scompone in innumerevoli livelli, dinanzi ai quali la verità perde di significato. Non i lunghi, interminabili minuti nei quali un uomo paralizzato contempla il mondo dalla terrazza di casa costituiscono infatti, con la certezza della ripresa filmica, l’autenticità di un’esistenza: essa è invece il toccante e liberatorio appannaggio della finzione teatrale.
Un universo ancora in fieri, dove il ritmo della vita è tuttora da istituire, è invece quello che Daniele Ninarello, Annamaria Ajmone, Marta Capaccioli, Pieradolfo Ciulli e Cinzia Sità elaborano con maestria nell’enigmatico L.A.N.D. Where is my love, creazione dello stesso Ninarello: una performance sofisticata e magnetica, che sembra indagare i fondamenti stessi dell’arte coreutica e con essi le relazioni, fluide e sempre sorprendenti, tra corpi e luoghi. Coadiuvati dall’efficace disegno luci di Cristian Perria, i cinque plasmano davanti ai nostri occhi uno spazio prima inesistente, trasformando una gestualità misurata ‒ quasi un prendere coscienza di se stessi ‒ in una progressiva dilatazione dei passi e dei movimenti. L.A.N.D. è infatti l’acronimo di “local area network development”, e corpo e spazio rappresentano solo i primi stadi di uno sviluppo conoscitivo che ha nell’altro da sé il naturale compimento. Se nella prima parte della coreografia i contatti tra performer sono assenti e costituiscono, proprio in virtù di questa negazione, un elemento di forte tensione drammaturgica, il successivo superamento delle forme monologiche di danza e la scoperta tattile dell’altro sembrano aprire un ventaglio di possibilità esistenziali prima ancora che gestuali. Ciò a cui assistiamo è il dispiegarsi misterioso di un mondo epicureo, nel quale è la deviazione casuale delle traiettorie degli atomi ‒ quell’incontro fortuito e benigno tra i danzatori ‒ a generare effetti stupefacenti e imprevisti: lo spazio si amplia di conseguenza in una corsa forsennata e gioiosa, e i performer sembrano dialogare, ricercare una convivenza spaziale, o sperimentare negli assoli nuove forme d’equilibrio nelle quali la staticità è frutto di fatica e conquista.
È lo struggente nucleo noumenico delle cose ad annunciarsi attraverso questi gesti rapidi e precisi: al di sotto di quella fata morgana che duplica e confonde i confini del Castello e moltiplica ad libitum le immagini dei danzatori, ciò che traspare è un’essenza del mondo, una vita disvelata.
Alessandro Iachino
visti al Castello Pasquini, Castiglioncello, luglio 2015
da Inequilibrio Festival 2015 leggi anche: Le metamorfosi di Roberto Latini e le trasgressioni di Armunia
HELEN CERINA
IPERREALISMI
idea e regia Helen Cerina
performance Francesca Gironi, Orlando Izzo, Elisa Mucchi, Annalì Rainoldi
costumi Valentina Ragni e Helen Cerina
suoni Aliendee
musiche P. Čajkovskij, Joan as Police Woman
luci Chiara Zecchi e Helen Cerina
grazie a Claudia Giordano e Alessandro Sciarroni
realizzato con il sostegno di Amat, Inteatro, Kilowatt Festival
DANIELE NINARELLO
L.A.N.D. Where is my love
ideazione e coreografia Daniele Ninarello, Annamaria Ajmone, Marta Capaccioli, Pieradolfo Ciulli, Cinzia Sità
musiche Adriano De Micco, Stefano Risso
drammaturgia Carlotta Scioldo
light designer Cristian Perria
organizzazione Silvia Limone
produzione CodedUomo
in coproduzione con Torinodanza Festival – Fondazione del Teatro Stabile di Torino
con il sostegno di MosaicoDanza – Festival Interplay, LePacifique | CDC- Grenoble