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Il teatro finanziato, episodio 3: La multidisciplinarietà e le prime assegnazioni

Il teatro finanziato: ospitiamo l’opinione di Franco D’Ippolito relativa all’ambito della multidisciplinarietà (Circuiti, Organismi di Programmazione e Festival)

 

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Festival dei 2 Mondi – Spoleto

La Direzione Generale Spettacolo del MiBACT ha pubblicato i decreti di assegnazione dei contributi per l’annualità 2015, la prima del triennio 2015/2017, in favore dei soggetti appartenenti all’area della produzione/programmazione (Teatri Nazionali, Teatri di Rilevante Interesse Culturale e Centri di Produzione) e all’ambito della multidisciplinarietà (Circuiti, Organismi di Programmazione e Festival). Non entrerò nel merito delle singole assegnazioni, poiché sono convinto che una riforma del sistema ha sì bisogno di risorse adeguate ma non si misura, né tantomeno può giudicarsi, sulla base dell’aumento o della diminuzione dell’entità dei contributi ai singoli soggetti.
All’area della produzione/programmazione sono stati assegnati in totale 40.612.055 euro, che rappresentano il 61% dell’intera dotazione delle attività di prosa 2015, con un incremento complessivo per tutti i soggetti interessati, rispetto alle assegnazioni in loro favore per il 2014, di euro 5.036.055.
All’ambito della multidisciplinarietà sono stati assegnati in totale 9.165.208 euro, di cui 4.255.549 euro a valere sulla dotazione della prosa (vedi le tabelle con i soggetti finanziati) e i restanti sulle dotazioni della musica, della danza e del circo. Per quanto riguarda i circuiti multidisciplinari, i 9 circuiti regionali (Toscana, Puglia, Veneto, Campania, Marche, Piemonte, Lazio, Friuli Venezia Giulia e Sardegna) si sono visti sostanzialmente confermare la sommatoria dei contributi 2014. A questi si aggiungono l’ATER (storico circuito dell’Emilia Romagna) e la new entry della Lombardia.
È inoltre finanziato un solo Organismo di Programmazione (Teatro Duse di Bologna) e forse questo dovrebbe far riflettere sulla opportunità di considerare nel DM un settore specifico che, evidentemente, non ha significativi riscontri nell’articolazione del nostro sistema teatrale.
Sul versante dei festival vi sono parecchie novità, soprattutto il riconoscimento, da parte della Commissione (con la condivisione della Direzione Generale), di un sostegno adeguato alla funzione dei festival, che da anni rappresentano la parte più attenta alle nuove creazioni, quella che conosce ancora il “rischio culturale” della programmazione. Un sostegno che dovrebbe anche chiamare gli Enti Locali, che beneficiano sul proprio territorio delle attività artistiche e dell’attrattività dei festival, all’assunzione di una maggiore responsabilità politica e culturale. Purtroppo i segnali che giungono da questo fronte non sono incoraggianti e le politiche culturali territoriali si impoveriscono sempre più, non solo per la scarsità delle risorse a disposizione ma soprattutto per l’azzeramento delle scelte, un po’ banalmente affidate a bandi privi di visione strategica.
In attesa della pubblicazione degli altri decreti, riguardanti le imprese di produzione, i festival, i circuiti e gli organismi di programmazione monodisciplinari, la promozione e le tournée all’estero, cui dovranno essere assegnati i restanti 22milioni160mila euro, mi pare opportuno segnalare alcune questioni che potrebbero essere utili per valutare la portata di questo DM, in vista delle necessarie modifiche da apportarvi per il secondo anno del triennio.
Il decreto di assegnazione dei contributi in favore dei Centri di Produzione Teatrale (art.15), facendo riferimento al principio della valutazione comparativa, introduce uno specifico settore non previsto dal DM, quello dei “Centri per la sperimentazione e del teatro per l’infanzia e la gioventù”, di fatto suddividendo le domande pervenute in 4 sotto-insiemi (nonostante l’art.5 ponga il limite di massino tre sotto-insiemi). Si può ragionevolmente ritenere che tale decisione abbia come presupposto una più realistica (anche se non sempre congrua) diversificazione del contributo in favore di soggetti profondamente diversi fra loro, per struttura aziendale e per rapporto domanda/offerta. È chiaro, ancora, che il DM non riesce a fotografare il complesso sistema teatrale che pretende di regolamentare, tanto più che, nonostante l’eccesso di formule, vincoli, laccetti e lacciuoli di cui è disseminato, non è stato in grado di differenziare “gli organismi che svolgono attività di produzione e di esercizio”, costringendo Commissione e Direzione Generale a correre ai ripari in sede di assegnazione. Si capisce che l’architettura di sistema disegnata dal DM è talmente rigida e bloccata su vecchie logiche di sistema, che ad ogni applicazione si aprono crepe evidenti.
Un’altra questione più in generale è il rapporto tra la formazione dei sotto-insiemi e l’entità del contributo assegnato. Premetto che si tratta di una affermazione che non ha nulla di scientifico e che è consapevole che l’introduzione dei sotto-insiemi è il miglior correttivo alla rigidità del “valore punto” nella determinazione del contributo. Se i sotto-insiemi, come prevede l’Allegato A, si “costruiscono e si popolano in base al valore dimensionale” del soggetto, dovrebbe derivarne che il contributo assegnato rispetterà l’ordine di inserimento: i contributi assegnati ai soggetti inseriti nei sotto-insiemi, dal primo al terzo e dal maggior valore dimensionale al minore, dovrebbero seguire lo stesso ordine, dal più grande al più piccolo. Invece non è sempre così e (al netto dei casi in cui interviene la clausola di salvaguardia del 70% del contributo 2014 o il limite del deficit) a soggetti che “popolano” il secondo sotto-insieme viene assegnato un contributo superiore a quello di un soggetto che “popola” il primo. Se la “costruzione” dei sotto-insieme è basata sul “valore dimensionale” (così che i soggetti si ordinano dal più grande al più piccolo, per volume di attività e spesa per i lavoratori), ma a quest’ordine non corrisponde un analogo ordine di assegnazione, forse c’è qualcosa che non funziona perfettamente nel combinato disposto dei sotto-insiemi e del valore punto. La sensazione, assolutamente priva di scientificità, è che il sistema di valutazione proceda per linee rette e proprio non ce la faccia a immaginare la complessa bellezza delle linee curve che attraversano il nostro sistema teatrale.

Franco D’Ippolito

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Riforma Fus: la legge dei grandi numeri

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