Il teatro finanziato: ospitiamo l’opinione di Franco D’Ippolito, consulente per le politiche culturali alla Regione Puglia. Qui una riflessione sull’allargamento dei Centri di produzione dopo le proteste
Nella riunione della Commissione consultiva prosa del 3 giugno, l’elenco dei Centri di produzione teatrale è passato da 24 (decisi lo scorso aprile) a 29, con l’inclusione di tre ex stabili (CRT di Milano, Pupi e Fresedde di Firenze e Attori&Tecnici-Teatro Vittoria di Roma) e di due imprese di produzione/esercizi teatrali (La Contemporanea-Teatro Carcano di Milano e Diana Oris di Napoli). Non dev’essere stato facile per la Commissione riaprire l’elenco dei Centri, che pure aveva suscitato ricorsi e polemiche, ma che sembrava rispondere a una visione di sistema, nonostante le contraddizioni del DM e le incongruenze generate dalla sua applicazione. Nelle critiche dell’Agis era proprio questa cosiddetta “linea editoriale” a venir presa di mira, così che le ultime decisioni sembrano rimetterla in discussione, a favore di una “linea d’ombra” che scolorisce i criteri e le motivazioni delle decisioni finora assunte e condivise con la Direzione Generale dello Spettacolo.
Quest’ultima decisione sui Centri richiede un aggiornamento dei dati relativi agli organismi dell’area della produzione e programmazione per il triennio 2015/2017: non saranno più 50, bensì 55 (7 Teatri Nazionali, 19 Teatri di Rilevante Interesse Culturale, 29 Centri di Produzione Teatrale), rispetto ai 65 della vecchia area della stabilità (pubblica, privata e di innovazione); i nuovi soggetti nati a seguito di aggregazioni tra stabilità o tra stabilità e compagnie o teatri riconosciuti dal vecchio ordinamento non sono più 7, se ne aggiunge uno, nato dall’aggregazione fra due imprese di produzione e un esercizio teatrale. Sul piano della distribuzione geografica della nuova area non vi sono grandi cambiamenti (il 57% dei soggetti è al Nord, il 24% al Centro e il 19% al Sud). Resta, casomai un po’ più negativa, l’impressione che le decisioni sull’applicazione del DM non riescano a raccontare il sistema esistente, ma neanche a prefigurare un suo diverso assetto e che restino lì, in mezzo al guado, fra lettura della nuova vitalità dei palcoscenici italiani e resistenze degli apparati (politici, amministrativi, rappresentativi).
Sono quasi definitive le decisioni su festival e circuiti, anche multidisciplinari, e restano da valutare ancora le imprese di produzione e la promozione. È auspicabile che prima delle vacanze estive (nuovi ricorsi e polemiche permettendo!) siano pubblicati gli elenchi definitivi e, soprattutto, le assegnazioni per l’annualità 2015, così da poter considerare tutti gli effetti della prima applicazione del DM. Seguiranno due momenti importanti per cogliere appieno e fino in fondo la portata dei cambiamenti introdotti. Il primo sarà la verifica sull’articolato del Decreto, affidata al tavolo tecnico MiBACT/Regioni e prevista per il prossimo ottobre. Il secondo è affidato agli uffici del MiBACT, che saranno chiamati a verificare la realizzazione delle attività finanziate e a controllare i risultati quantitativi, i cui valori preventivi tanto peso (70 punti su 100) stanno avendo nella valutazione delle domande per il 2015. La struttura del DM, che ha eliminato ogni requisito di accesso e che assegna il punteggio quantitativo e della qualità indicizzata su dati preventivi (che in tanti casi si dice siano riferiti a cifre in libertà con apologie di ottimismo oltre ogni immaginazione), imporrebbe nella fase consuntiva un giusto rigore nel verificare se, in che misura e come tutte le belle e buone intenzioni dichiarate (dall’istituzione delle scuole di teatro alla stabilità del gruppo artistico, dall’apertura dei teatri al numero di piazze, dall’incremento del pubblico a quello delle recite) siano state realizzate.
Che il DM 01.07.2014 non fosse in grado di ridisegnare il sistema teatrale italiano ma che si limitasse ad un maquillage delle etichette era opinione di molti fin dalla fase negoziale fra MiBACT, Regioni e categorie. Purtroppo bisogna prendere atto, soprattutto alla luce di queste ultime decisioni sui Centri, che un’applicazione rigorosa del DM sta portando al naufragio anche il tentativo di verificare il reale bisogno di cambiamento da parte del sistema teatrale.
Franco D’Ippolito
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