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Gospodin contro i «borghesucci» del presente

Gospodin di Giorgio Barberio Corsetti con Claudio Santamaria in prima assoluta al Teatro Eliseo

 

Foto Ufficio Stampa
Foto Ufficio Stampa

«Merda» è il sostantivo volgare più volte ripetuto in Gospodin, atto unico diretto da Giorgio Barberio Corsetti e presentato al Teatro Eliseo in prima assoluta durante il Romaeuropa Festival.«Merda» è il giudizio dato dal Mister o Signore – significato etimologico dello strano nome serbo croato del protagonista – a qualsiasi cosa che lo circondi prodotta da quella che lui considera una società schifosa perché capitalista. Scritta dal drammaturgo tedesco Philipp Löhle (classe 1978), acclamato in Europa per le sue pièce dal «carattere acido e surreale» e inserita all’interno del progetto Fabulamundi Playwriting Europe, Gospodin diventa personaggio nei panni dell’attore Claudio Santamaria affiancato in scena da Valentina Picello e Marcello Prayer, interpreti ma anche voci-narranti di questa paradossale storia.

Rifiuto del sistema e delle logiche del denaro, rifuggendo dalla proprietà privata per essere libero da qualsiasi vincolo politico-economico, questa è l’anacronistica filosofia di vita di Gospodin riassunta in quattro principi: «1) Una partenza è da escludere, sarebbe troppo facile lasciare il proprio paese. 2) I soldi non devono essere necessari, quindi tuttalpiù si vive di baratti. 3) Ogni proprietà è da rifiutare, perché la nullatenenza è libertà. 4) Libertà è non dover prendere decisioni…». Tuttavia una decisione dal nostro trasandato omuncolo è stata presa, e cioè quella di vivere insieme a un lama basando su di lui la propria sussistenza, con l’intento di «afferrare il capitalismo per le palle». Peccato però che insieme al lama, portatogli via da Greenpeace, Gospodin sarà abbandonato anche dalla sua ragazza e il suo “migliore” amico lo priverà mano a mano di tutti gli elettrodomestici che possiede in casa, arrivando così a vivere da solo in un contenitore vuoto e spogliato di oggetti che, se anche frutto di una società abbruttita dai soldi, sono quantomeno reali.

Foto Ufficio Stampa
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Sì perché questo testo, le cui parole sono abbracciate da una straordinario apparato di graphic animation e video mapping, è la dichiarazione, un po’ snob se vogliamo, di un distacco verso il presente in cui, più o meno consapevoli, siamo costretti a vivere. Come voci narranti i due attori (Picello e Prayer) una volta abbandonati i loro rispettivi e diversi ruoli interpretati con agile e frizzante ironia, prendono il microfono e raccontano le azioni e i pensieri del povero Gospodin che mima a sua volta i loro ridondanti “commenti alla visione”. Reali sono inoltre tutti coloro i quali il nostro Mister chiama con il dispregiativo di «borghesucci», ovvero il rigattiere che si arrabatta nel suo negozio di cianfrusaglie cercando di arrivare alla fine del mese riordinando vecchi e impolverati suppellettili, il giornalaio che vuole offrirgli un lavoro, o la stessa Annette che insegna in una scuola con la speranza di costruirsi un futuro. Un testo che guarda a un marxismo di ritorno? Con lo sguardo un po’ annebbiato forse, perché l’aspetto rivoluzionario degli scritti fondativi di Karl Marx e di Friedrich Engels risiede nell’attenta analisi della realtà, comprensione dei suoi meccanismi e attenzione attiva ma non sottomessa alle dinamiche imposte dal sistema. Solo così è possibile soverchiare la struttura.

Bravi gli attori nel dare spessore psicologico ai personaggi, Santamaria donando sensibilità e follia al protagonista salva, in parte, un testo semplicistico e superficiale perché ignora il tempo. La quotidianità, purtroppo, scorre per vie parallele e contrarie a quella del protagonista: «È possibile che sono il solo a pensarla in questo modo?». Al termine dello spettacolo si è parlato molto del coraggio di Gospodin e tornando a casa un quesito ci assilla: ma coraggioso è colui che sceglie il rifiuto o che fa dell’adattamento la condizione per poter cambiare le cose dall’interno?

Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri

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GOSPODIN
regia Giorgio Barberio Corsetti
con Claudio Santamaria,Valentina Picello e Marcello Prayer
traduzione Alessandra Griffoni a cura del Goethe-Institut
scene Giorgio Barberio Corsetti e Massimo Troncanetti
costumi Francesco Esposito
luci Gianluca Cappelletti
graphics Lorenzo Bruno e Alessandra Solimene
video Igor Renzetti
musiche Gianfranco Tedeschi e Stefano Cogolo
regista assistente Fabio Cherstich
una produzione Fattore K. / L’UOVO Teatro Stabile Di Innovazione
in collaborazione con Romaeuropa Festival
si ringrazia Progetto ABC Arte Bellezza e Cultura, Rialto Santambrogio, Cinepizza

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Lucia Medri
Lucia Medri
Giornalista pubblicista iscritta all'ODG della Regione Lazio, laureata al DAMS presso l’Università degli Studi di Roma Tre con una tesi magistrale in Antropologia Sociale. Dopo la formazione editoriale in contesti quali agenzie letterarie e case editrici (Einaudi) si specializza in web editing e social media management svolgendo come freelance attività di redazione, ghostwriting e consulenza presso agenzie di comunicazione, testate giornalistiche, e per realtà promotrici in ambito culturale (Fondazione Cinema per Roma). Nel 2018, vince il Premio Nico Garrone come "critica sensibile al teatro che muta".

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