Titanic the End. Salvatore Cantalupo ricorda Antonio Neiwiller al Teatro Vascello nella rassegna Le vie dei festival.
L’ammissione della propria ignoranza ha notevoli vantaggi: siamo vergini nell’atto dell’apprendere, all’inizio nudi e impreparati, ma poi vestiti di curiosità per accogliere lo svelamento dell’ignoto che si palesa a noi come felice scoperta. Così ogni esperienza ex-tranea viene poi avvolta da un familiare involucro di immagini, sensazioni e suoni già assimilati, affinché il nuovo giunga a noi in assenza d’urto.
A mancare ai neonati critici di teatro è il mestiere, inevitabilmente. Del mestiere è colui che si destreggia con facilità tra i nomi degli artisti, conoscendoli e incontrandoli in nuovi e più o meno attesi lavori; è colui che sa riconoscere i fili rossi di una drammaturgia, individuarne i tratti salienti per poter accomunarli, chissà, in una cifra stilistica; è colui che possiede inoltre uno “sguardo formato” in grado di spaziare nella storia del teatro unendo i punti di una tradizione, al fine di poterla divulgare nel presente. Il neo-critico, in attesa di consolidare il proprio mestiere, è perciò, in parte, beatamente ignorante.
“Beato” perché di fronte a Titanic the End, «visione» di Salvatore Cantalupo – che riporta in scena lo storico spettacolo di Antonio Neiwiller presentato trent’anni fa nella cornice del Teatro Nuovo di Napoli– si meraviglia di scoprire, per la prima volta, l’immaginario disarmante dell’attore napoletano, per una sola ed esclusiva serata al Teatro Vascello nell’ambito della rassegna Le vie dei Festival.
Tra un pubblico di addetti ai lavori come critici e studiosi, riconosciuti nel foyer prima di entrare in sala, vi sono anche giovanissimi spettatori che durante lo spettacolo non si sono fatti scrupolo di chiedere a voce sommessa: «Ma che stanno facendo?»; «Che significa questo?». La fine non si può spiegare. Le parole vacillano e parlano una lingua sconosciuta, il cui senso è difficile da comprendere, si può afferrare però il sentimento che dona loro corposa umanità. Densa e carnale è la corsa en déséquilibre sul crinale di un’esistenza precaria, nella pesantezza di una valigia dove sono conservati desideri, speranze e paure, in una doccia d’acqua fredda che vorremmo portasse via con sé rivoli di un’epoca al collasso. Gridare il proprio io in un tubo nero, riponendo in quel lungo e buio canale di comunicazione la speranza che alla sua estremità vi sia qualcuno in grado di rispondere. Scorgere altre immagini nella visione della visione, guardare Cantalupo che guarda Neiwiller che guarda a Brecht e soprattutto a Kantor. Viaggiatori senza viaggio sono gli attori Carmine Ferrara, Massimo Finelli, Amelia Longobardi, Ambra Marcozzi, Claudia Sacco, Sonia Totaro, Chiara Vitiello, clown del presente col viso dipinto da un trucco già sbavato. Piangono, ridono, si arrabbiano, urlano e soprattutto vanno giù e ancora più giù, dentro i flutti. E nell’oscura profondità dell’abisso, i corpi di queste erranti e malinconiche figure vengono illuminati da una luce, a rendere le loro silhouette delle ombre, come fossero la traccia di un passaggio.
Se H. M. Enzensberger ne La fine del Titanic leggeva nel naufragio del transatlantico un paradigma negativo del progresso, in questo spettacolo la fine non è il termine ultimo, il lascito conclusivo di un’epoca, ma il suo divenire immobile e incancrenito. È l’imago mortis di un tempo, quello di Neiwiller, quello di Cantalupo e il nostro. Affiora lontano il profumo agrumato di un’arancia morsa e lasciata a terra, sporca della polvere del teatro: l’epifania del ricordo di Antonio Neiwiller, presentato da Salvatore Cantalupo.
Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri
visto al Teatro Vascello nel mese di ottobre 2014
TITANIC THE END
ideazione e regia Antonio Neiwiller
in una visione di Salvatore Cantalupo
con Salvatore Cantalupo, Carmine Ferrara, Massimo Finelli, Amelia Longobardi, Ambra Marcozzi, Claudia Sacco, Sonia Totaro, Chiara Vitiello
luci Cesare Accetta
direzione tecnica Lello Becchimanzi
prodotto da Teatri Uniti in collaborazione con Ex Asilo Filangieri/la Balena, Accademia Amiata Mutamenti e le associazioni Laboratorio Memini e ’A puteca