I Solisti del Teatro XXI Edizione
10 luglio – 6 agosto 2014
Giardini della Filarmonica Romana – Via Flaminia 118 – Roma
10 LUGLIO
Neraonda
presenta
Sergio Rubini
in Di fame di denaro di passioni
musiche dal vivo di Daunia Orchestra
Umberto Sangiovanni pianoforte e composizioni
Marta Colombo voce e percussioni
Dario Piccioni basso
Un viaggio tra le parole e la musica di Matteo Salvatore, il cantastorie pugliese, poeta degli “ultimi”, che con le sue ballate ha raccontato se stesso e la sua quotidianità. Dalla sua terra lui ha rubato tutto: il bianco pudore dell’ignoranza, la capacità di non mollare mai e la forza di rinascere ogni giorno e mille volte ancora. La miseria nera e la fame che accompagnarono tanti, troppi anni della sua vita, saranno linee parallele ai suoi ricordi, come chimere raggiunte e ritrovate, sognate e malcelate.
Cominciò a scrivere le sue canzoni su commissione, quasi per convincersi che quella poteva essere la strada giusta per portare al suo stomaco “Maccaroni e carne pe’ putè ballà”. Con il passare degli anni la sua opera passerà dal grande affresco di povertà e dolore al benestare di un’agiatezza forse malgestita. Le sue ballate vivranno una continua ricerca di melodie e poesia composta con il candore di chi non aveva mai conosciuto il piacere di scrivere, ma sempre saputo interpretare la forza delle parole. Versi che brillano di una bellezza sofferente, di una straziante realtà che spesso si mischia alla follia. I suoi passaggi vocali inaspettati, dai toni più gravi al falsetto lasciavano quel senso malinconico come se tutto fosse cantato con il sottile timore di dover raccontare una biografia dolorosa. Gli anni passati in carcere per l’uccisione della sua compagna Adriana nel 1973, non gli tolsero la voglia di ricominciare, di ritrovare la gente per mettere ancora in piazza la sua forza, il suo talento di cantastorie. Della sua vita ha saputo tralasciare moralismi e giudizi, ha speso i molti soldi che gli regalò il destino, ha voluto bene ai suoi pochi amici e cercato sempre il sorriso di una donna.
11 LUGLIO
Il Teatro delle Donne/Officie della Cultura
con il patrocinio dell’Associazione Ilaria Alpi
presenta
Isabella Ragonese
in African Requiem
con Luisa Cattaneo
scritto e diretto da Stefano Massini
musiche originali di Enrico Fink
eseguite dal vivo da Luca Baldini, Massimo Ferri, Enrico Zoi
In un’atmosfera perennemente incerta, nebbiosa come la Mogadiscio descritta da Ilaria Alpi – prende vita un reading di luci ed ombre, dove una partitura di voci si amalgama continuamente alla musica. Siamo nei dieci secondi successivi all’omicidio: un bagliore di luce, poi il caos di una faticosa presa di coscienza. Isabella Ragonese è un’Ilaria Alpi appena uccisa, che si desta come da un improvviso letargo e ripercorre la propria vicenda in un susseguirsi di saette di memoria. Ne nasce una carrellata di tredici frammenti, incursioni spietate nella ferita ancora sanguinante di una Somalia contraddittoria, terra di torbidi compromessi e nefandi accordi mascherati dietro l’alibi di una beffarda cooperazione. In un vortice di evocazioni e di opposti stati d’animo, fra tesissime ascese e discese vertiginose, la tela del calvario si tesse e ritesse da sola, componendo un puzzle inaudito in cui le parole di Ilaria si sdoppiano fra Isabella e Luisa Cattaneo.
Nel ventesimo anniversario dell’omicidio di Ilaria Alpi a Mogadiscio (1994-2014), Stefano Massini conclude il suo progetto drammaturgico intorno alla giornalista del Tg3: un percorso teatrale affidato alle voci di tre grandi interpreti che si sono susseguite nel tempo: prima Ottavia Piccolo, quindi Lucilla Morlacchi e infine Isabella Ragonese. Il progetto giunge a compimento nel segno dell’interazione con la musica dal vivo e con le sequenze video, a sigillo di una grande “narrazione di immagini” dove l’Africa è ventaglio di suoni, odori, colori, percezioni sparse.
14 LUGLIO
L’Albero Teatro Canzone
Tacchi Misti
Piccolo Teatro degli Instabili
presentano
Valentina Martino Ghiglia, Carla Ferraro, Corinna Lo Castro, Silvia Siravo
in Moms! Il primo varietà sulla maternità
di J.Daum, D.Williams, L.Carson, A.Kelly, R.Nichol, B.Pollard
regia di Ferdinando Cerini
scena e costumi Marta Crisolini Malatesta
testi delle canzoni Toni Fornari
arrangiamenti musicali Stefano Fresi
assistente regia Flavia Clari
“MOMS! Il primo varietà sulla maternità”, uno spettacolo scritto da 6 mamme-attrici che hanno sopportato le agonie e le estasi della maternità. Uno sguardo incredibilmente divertente e profondamente toccante, intimo, graffiante, licenzioso sull’essere genitori oggi. Tra pannolini, notti insonni, pappette, biberon, mariti alla disperata ricerca di un momento di intimità, frustrazioni, pubertà, sesso, urla, pianti, strepiti e tanto, tanto amore per quei “mostricciattoli”, 4 attrici affiatatissime danno voce, corpo e anima a un intreccio di racconti e aneddoti oltraggiosamente divertenti.
15 LUGLIO
Ass. Cult. Kipling Academy
presenta
Vittorio Viviani
in Napoli è un paradiso. Anzi tre
reading teatrale
con Duo Sax
Daniele Cali sassofono
Renato Trombì sassofono
Napoli è un Paradiso! Si è sempre detto. L’hanno detto i grandi viaggiatori, da Sthendal a Goethe.
Napoli è un paradiso abitato da diavoli.
Cioè, da uomini “di poco ingegno, maligni, cattivi e pieni di tradimento”. Come i lazzari, ad esempio. Come i lazzari sanfedisti, massacratori della Repubblica Napoletana del 1799. E anche questo fu raccontato dai grandi viaggiatori. Poi ripresero a suonare i mandolini e Napoli sembrò veramente solo un Paradiso. Tanto che, in una famosa canzone, “due vecchi suonatori di concertino” vanno nel vero Paradiso, a cantare fra i santi, per dimostrare che il vero Paradiso è Napoli. Tre grandi autori (mi viene da dire napoletani e invece sono tre sommi poeti italiani) hanno anch’essi intrapreso un viaggio nel Paradiso, frequentando santi importanti e addirittura il Padreterno in persona! Con un senso molto più critico rispetto ai mandolini di quei suonatori, però. Più aspro, più satirico e amaro. Ciascuno a suo modo.
Eduardo De Filippo, in “De Pretore Vincenzo”, poesia che in seguito diventò commedia, fa fare il viaggio nel Paradiso a un ladruncolo da quattro soldi che, sfrontatamente, va protestare le sue (giuste?) richieste al suo protettore San Giuseppe, a tutti i santi. Fino ad arrivare al cospetto del Signore stesso.
Ferdinando Russo, nel suo poemetto “ ‘N Paraviso ”, si trova, invece, di persona al cospetto di Dio e dei santi, ma per caso: dopo uno strano (e storico!) viaggio in una mongolfiera che continua a salire, salire…
E qui Russo dipinge un tragicomico quadro del paradiso come fosse un vicolo di Napoli. Con i santi e persino il Padreterno affetti dagli stessi sentimenti e dalle stesse debolezze dei comuni mortali. Pulsioni, passioni, vizi, virtù, arrabbiature, pettegolezzi e rivalità tipicamente nostre. Sono santità umane, troppo umane.
Infine Salvatore Di Giacomo, nella monumentale “Lassammo fa ‘a Dio”, fa scendere Dio dal Paradiso con l’inseparabile San Pietro (santo napulitano e ‘n Paraviso capo guardaportone) e li fa arrivare a Napoli, il paradiso di quei suonatori di concertino. E Napoli sembra davvero un Paradiso. Ma dietro ogni angolo, Dio scopre un’umanità dolente, misera, storpia, povera. La mette in un lenzuolo calato dagli angeli e fa salire questa famosa “mappata” in cielo, in Paradiso. Gli offre un pranzo di gala e li tiene sempre con se. Forse…Questa successione dei tre poemi, accomunati da una pirotecnica teatralità, nell’ordine così presentato, per la loro forza poetica, di scrittura, di fantasia e per la diversità degli stili e degli eventi, rappresenta una vera e propria struttura drammaturgica. Un viaggio nei presunti empirei, molto laico; con una grande forza teatrale. Satira, etica e poetica caratterizzano questo entusiasmante viaggio in Paradiso.
Per raccontare l’inferno. Dei nostri giorni.
16 LUGLIO
L’Associazione Culturale Centrarte Mediterranea
e Teatro91
presentano
Le toghe in giallo
in Processo e morte di Luigi XVI
di Lucia Nardi
regia di Luigi Di Majo
con Ferdinando Abbate, Antonio Buttazzo, Dario Andrea Chiricozzi, Filippo Chiricozzi, Antonio De Robertis, Luigi di Majo, Alessandro Lunetta, Andrea Masotta, Corrado Sabellico
coordinamento generale Lucilla Tamburrino e Antonio De Robertis
musiche a cura di Antonio De Robertis
Il processo di Luigi XVI durò poco più di un mese. La Convenzione Nazionale che lo giudicò, era divisa in tre fazioni: la Montagna, che negò il ricorso alle primarie, ovvero l’appello al popolo, rivendicando a se stessa il pieno diritto a giudicare il re; la Gironda che, viceversa, sperava con l’appello al popolo di far riconoscere l’incostituzionalità della pena di morte; infine la terza fazione, la Palude, che era rappresentata da deputati sempre pronti a spostarsi dalla parte più conveniente e che furono decisivi per conquistare la maggioranza, raggiunta solo con una esigua superiorità di voti. La difesa di Luigi XVI, sebbene ostacolata e mortificata da una procedura penale non rispettosa delle regole vigenti, fu tuttavia appassionata e convinta. L’avvocato De Sèze, difensore del re, dopo il processo fu anche lui ghigliottinato. Luigi accettò cristianamente la sentenza di morte, rinunciando al legittimo ricorso riguardo la sua inviolabilità, per timore di provocare altro spargimento di sangue. Il 21 gennaio del 1793, giorno stabilito per l’esecuzione, la Comune di Parigi ordinò che si posizionassero 25.000 soldati in Place del Rèvolution, intorno al patibolo. Un momento prima di essere ghigliottinato, il re urlò alcune parole verso il popolo, ma non furono udite perché sopraffatte dal rullo dei tamburi.
I corpi di Luigi XVI e di sua moglie Maria Antonietta furono sepolti nel cimitero della Madeleine, insieme ad altre 3000 vittime della rivoluzione.
Nel 1815 Luigi XVIII li fece trasferire nella cattedrale di Saint-Denis dove ancora riposano.
17 LUGLIO
Ashira Ensemble
presenta
Evelina Meghnagi
in Di Gracia La Señora
Domenico Ascione chitarre, oud
Arnaldo Vacca percussioni
Marco Camboni contrabbasso
Sulla trama delle melodie sefardite vengono narrate le rocambolesche vicende di Grazia Nasi, la, figura emblematica del XVI secolo, che dedicò le sue immense ricchezze e la sua influenza all’opera di riscatto degli ebrei perseguitati in tutta Europa.
Gracia Nasi, il suo nome spesso segreto, è Beatriz de Luna da convertita, Gracia Mendes da sposata, e diventa, per tutti I ‘salvati’, ‘La Señora’.
Spagna , Portogallo, Amburgo, Venezia, Ferrara, Istanbul, Tiberiade, le tappe di un viaggio verso la libertà, vengono tratteggiate a grandi pennellate nella storia raccontata e cantata.
18 LUGLIO
Vucciria Teatro
presenta
Joele Anastasi, Enrico Sortino, Federica Carruba Toscano, Simone Leopardi
in Battuage [RECENSIONE]
scritto e diretto da Joele Anastasi
“Oggi faccio il compleanno fatemi gli auguri e quattro anni che sono qua. Sto aspettando il momento giusto, il provino giusto e me ne vado da questo posto di merda. Il treno giusto prima o poi deve passare. Che poi se sapevo che mi finiva a fare la puttana tanto vale che me ne stavo in Sicilia.”
Battuage racconta la storia di un luogo popolato da zombie notturni alla ricerca di sesso.
Sesso facile, gratis, a pagamento. Eterosessuali, Transessuali, Omosessuali, Gigolò, Puttane, Marchette, Scambisti. E’ questo il popolo di questo luogo non luogo che ci viene
raccontato attraverso gli occhi di Salvatore.
Ma Salvatore, non è una vittima. Ha scelto di giocare a questo gioco. La domanda è: cosa si è disposti a fare pur di ottenere quello che si vuole, pur di emergere? Salvatore si dimena, come una bestia che ha dimenticato di essere uomo mentre incontra altri zombie.
Battuage vuole quindi offrire non solo una panoramica all’interno di un fenomeno metropolitano dilagante, ma tentare di offrire uno spunto ben più ampio. Salvatore non è costretto da nessuno, non è una vittima malcapitata. Non è neppure’ l’esempio isolato di una degenerazione ma è invece la tendenza e la dimostrazione che l’uomo è una bestia disposta a tutto: a dissacrare quello che egli stesso ha elevato a sacro, a smantellare a piacimento i suoi valori, le sue idee, i suoi ideali. Salvatore ci mostra la bestia taciuta dentro gli occhi di tutti.
21 LUGLIO
T.G.G.M. Compagnia Teatro Giovane
presenta
Ottavia Fusco
in Effetto Notte
Cinzia Gangarella pianoforte
Ispirato al titolo del celeberrimo film di François Truffaut, lo spettacolo“Effetto notte” le canzoni del cinema è un omaggio alle canzoni del cinema. Musica e Cinema sono legati da sempre da un legame indissolubile; colonna sonora è infatti un termine tecnico coniato nel secolo scorso che
esprime perfettamente la fusione esistente tra pellicola e suono. Ancor prima dell’avvento del cinema sonoro il commento di un pianoforte partecipava alla magia del cinema muto. Quel pianoforte accompagnatore nel tempo si è trasformato in orchestre straordinarie e i più celebri compositori hanno scritto, e scrivono tuttora, proprio per il cinema temi indimenticabili e canzoni.
Le canzoni dei film hanno accompagnato la vita di intere generazioni, e sono così significanti da rappresentare la sintesi più efficace delle pellicole a cui appartenevano: poche note bastano infatti a farci rivivere immagini ed emozioni ad esse legate. Canzoni spesso diventate più famose dei film per i quali sono state scritte, o ancora canzoni già famose divenute pretesto per una invenzione cinematografica. Canzoni comunque, il cui potere evocativo è fortissimo e che fanno parte della nostra storia e della nostra memoria. Proprio a queste canzoni è dedicato “Effetto notte”.
In scena la cantante attrice Ottavia Fusco interpreterà una ventina di canzoni, tessendo anche un lieve racconto di raccordo tra i brani. La sua voce, calda e profonda, si alternerà a fantasie pianistiche. Arrangiatrice e pianista è la musicista Cinzia Gangarella.
22 LUGLIO
Esplor/Azioni
presenta
Blas Roca Rey,
Enrico Pieranunzi pianoforte
in Roma 1849
La Repubblica Romana nei versi di Cesare Pascarella
Cos’hanno in comune un attore di talento come Blas Roca Rey e Enrico Pieranunzi, prestigioso pianista jazz? La risposta è Roma, quattro lettere e millenni di storia, ma è soprattutto la grande passione per le atmosfere, per i suoni verbali e musicali di una città unica al mondo. I sonetti romaneschi di Storia Nostra, poema in cui Pascarella racconta le drammatiche vicende della Repubblica Romana dall’angolo visuale del disincantato ma partecipe popolo romano.
Tra Blas Roca Rey e Enrico Pieranunzi c’è però in comune molto di più: la voglia-necessità di raccontare e rendere teatro d’oggi, attraverso la lettura del primo e i suoni improvvisati al piano del secondo, speranze e illusioni di un periodo chiave della storia italiana, che i versi di Cesare Pascarella ci restituiscono con rara forza poetica.
1° Nazionale
23 LUGLIO
Deca
presenta
Francesca Merloni,
Danilo Rea pianoforte
in La Guardiana
opera sperimentale di Francesca Merloni
installazioni di Gregorio Botta
La Guardiana è un’opera di teatro-musica, un concerto poetico che fonde diverse forme espressive: musica, scultura, arte visiva, poesia, teatro.
La poetessa e attrice Francesca Merloni – autrice del testo – si muove tra le sculture sceniche create dall’artista Gregorio Botta e dialoga attraverso voce, versi e interpretazione con la musica originale suonata live da Danilo Rea e i paesaggi sonori di Martux-m.
La Guardiana è un archetipo, la custode del fuoco degli inizi, la sacerdotessa che presiede all’origine della vita, alla creazione di ogni opera d’arte, alla nascita di ogni amore: è colei che tesse le fila del tessuto nascosto che tiene insieme l’universo. La Guardiana è stata ovunque e ha nostalgia di ogni cosa: perché tutto ciò che avviene la tocca intimamente.
Nella performance si svela allo spettatore e lo accompagna in un viaggio poetico tra visioni interiori e apparizioni sceniche, tra materie primordiali (fuoco e acqua) e contemporanee (video e sonorità elettroniche): sul palco si realizza una fusione profonda tra le forme d’arte coinvolte, che diventano, nell’intenzione e nella percezione, un’unica voce.
La voce recitante entra nella partitura e nell’improvvisazione musicale come se fosse anch’essa uno strumento e interagisce e aderisce alle opere che si animano sulla scena, per un insieme di alta intensità ed impatto emotivo.
24 LUGLIO
Ass. Cult. Muovileidee
presenta
Orsetta De’ Rossi e
Susanna Stivali Quartet
in Nina Simone – Songs of Freedom and Spirit
Susanna Stivali voce
Alessandro Gwis pianoforte
Marco Siniscalco contrabbasso
Emanuele Smimmo batteria
Un omaggio, a più di10 anni dalla sua scomparsa, ad una grandissima artista che ha attraversato ed è stata protagonista di mezzo secolo di musica e di importanti cambiamenti sociali.
Un viaggio attraverso le diverse anime musicali di Nina Simone: quella folk, blues e jazz.
Un viaggio tra musica e letture per conoscere Nina Simone, donna e artista.
25 LUGLIO
Altera Actione &
Simonpietro Cussino
presenta
Simona Marchini
in Croce e delizia…Signora Mia!
di Simona Marchini e Claudio Pallottini
Paolo Restani pianoforte
Uno speciale omaggio a Giuseppe Verdi. La voce di Simona Marchini ci racconta tre storie appassionanti – Traviata, Rigoletto, Trovatore, la cosiddetta trilogia popolare – intercalata dalla maestria di Paolo Restani, interprete delle più celebri parafrasi di Liszt su temi verdiani.
L’incontro con l’opera nasce dall’infanzia: eroi, eroine, drammi, passioni…Tutto ha nutrito la mia vita, e quella della mia famiglia, da quando ho memoria condivisa con nonni e genitori. Spesso l’immedesimazione era fortemente emotiva, fino alle lacrime. Passavo tutto il repertorio, dal martirio d’amore alla malizia giocosa dell’intrigo sentimentale… Insomma ero totalmente immersa in un fantastico mondo pieno di suoni, costumi, luci e voci “miracolose”…. Bene, tutto questo si è sedimentato, depositato, nei molti strati del mio patrimonio di vita e di esperienza ed è diventato “spettacolo”. Credo di avere fatto un genere di teatro dedicato all’opera assolutamente unico: “Salotto Carmen” (1986) e “Dossier Trovatore” (1990 Festival Verdiano, Parma), e monologhi da personaggio di “Quelli della notte” con tutta l’ingenuità, la tenerezza, e l’immedesimazione di un’anima semplice.
Ironia leggera, ma anche commozione di un “genere” che è denso di storia e di identità culturale. Da qui nasce l’idea di raccontare tre storie appassionanti (Traviata, Rigoletto, Trovatore), la cosiddetta trilogia popolare… a modo mio, coinvolgendo l’arte raffinatissima di Paolo Restani che descrive al pianoforte temi verdiani attraverso la parafrasi di Liszt. E’ sicuramente un connubio audace ma l’intenzione è un intrattenimento colto, gentile, e appassionato su una “materia” che risuona nel profondo di ciascuno di noi. Basta che abbia occhi sensibili e “sorridenti” per guardare il melodramma con l’amore dovuto.
28 LUGLIO
Teatro Libero di Rebibbia e Ass. Cult. Muovileidee
presentano
Sasà Striano, Fabio Rizzuto e gli ex detenuti attori di Rebibbia N.C.
in Una Bella Prigione (il Mondo)
Amleto, W.Shakespeare
Un Talk Show su Bellezza e Giustizia
M° Franco Moretti pianoforte
e con la partecipazione straordinaria del Prof. Marco Ruotolo
conduce Fabio Cavalli
In occasione del Decennale del Teatro Libero di Rebibbia, mentre all’interno del penitenziario romano si anima uno dei principali teatri della Capitale con oltre 15.000 spettatori l’anno, ecco che un gruppo di artisti ex-detenuti propone al pubblico una vera e propria rimpatriata. Chi li ha apprezzati “dentro” con Shakespeare, Dante, Cechov, Tolstoj, Bruno,… e sui grandi schermi con “Cesare deve morire”, ora può incontrarli sul palcoscenico dei Solisti del Teatro. Si sono fatti le ossa sul palcoscenico del carcere ed ora, liberi dalle aule di giustizia, affrontano quello che è diventato il loro nuovo, autentico “giudice naturale”: il Pubblico. Dieci anni di carriera dietro le sbarre raccontati attraverso una carrellata di brani celebri, racconti drammatici e gustosi, aneddotica fra Arte e Vita. Hanno chiamato a sorreggerli il loro storico musicista di scena, il compositore e direttore d’orchestra ufficiale del Teatro di Rebibbia, il M° Franco Moretti.
Fabio Cavalli, regista della Compagnia di Rebibbia N.C. si è fatto, ancora una volta, loro complice. In un talk-show che svela sul carcere tutto quello che avreste voluto sapere e non avete mai osato chiedere, è stato coinvolto nientepopodimenoche un grande giurista: il prof. Marco Ruotolo che lascia per una volta le aule di Roma3 e sale in palcoscenico. Obiettivo: fare in modo che la palla delle polemiche giudiziarie vada a finire proprio là dove deve finire: in tribuna. Infatti il pubblico sarà coinvolto, provocatoriamente, direttamente, nel grande dibattito mai spento e mai risolto: “buttare la chiave?”.
29 LUGLIO
Giuseppe Pambieri
in L’infinito Giacomo – vizzi e virtù di Giacomo Leopardi
drammaturgia e regia di Giuseppe Argirò
“L’imperfezione del genio, in tutta la sua irregolarità, conduce alla solitudine, a un pellegrinaggio estenuante nell’universo.
Leopardi è un re senza regno, è Amleto che arriva oltre il limite del conoscibile, supera la coscienza affermando la vita nel suo groviglio inestricabile di bene e male; per il genio tutto è noia, è tedio incommensurabile. Il poeta di Recanati, con lucido disincanto, affonda a piene mani nella verità e ne trae la radice del dolore. È inutile chiedersi a che punto sia la notte; la notte non finisce… mai. I regni, i globi, i sistemi, i mondi, non sono che una pallida rappresentazione del pensiero dell’uomo, ma l’anima giace nelle profondità ed è a tutti invisibile tranne al poeta che può profanare il suo mistero e consegnarlo all’uomo.
Leopardi, affettuosamente Giacomo, nel nostro viaggio, non appare così distaccato e lontano dai piaceri terreni, non ci sembra affatto disinteressato a ciò a cui aspira la gente comune. Giacomo è vulnerabile, ansioso, riservato, schivo, eppure è pervaso da un desiderio inesauribile di vita. Giacomo è goloso, non può fare a meno di dolci, cioccolata, paste alla crema e gelati. In questo ricorda Mozart, altra creatura divina nella sua sregolatezza. Non a caso alcune delle sue più scandalose composizioni, fanno da contrappunto agli aneddoti più divertenti della vita di uno dei massimi autori italiani.
La biografia romanzata che esce fuori dalle pagine dell’Epistolario e dello Zibaldone, ci aiuta a costruire un ritratto singolare ed inedito del nostro poeta. Leopardi, con grande sincerità, confessa le sue paure come la sua fobia per l’acqua, un fastidio che giungerà al parossismo e alla comicità, culminando nel rifiuto del bagno almeno settimanale. Non mancano gli spunti divertenti per riflettere sul suo rapporto con l’eros e la sessualità. Nelle sue stesse parole, il desiderio di una vita normale, è incessante: il dono della poesia appare spesso come una maledizione divina che lo segna come diverso, lo condanna a una sofferenza eterna e lo affranca contro ogni sua volontà dal mondo che lo circonda. Ecco, questa è la figura dilaniata, spesso scissa, combattuta e afflitta che la parola non può contenere.
Leopardi non è tutto nella sua poesia. La sua ricerca affettiva attraversa i secoli e incontra una disperata umanità che per sopravvivere alla storia che avanza, non può che stringersi in una solidarietà reale che diventa l’unica possibilità di sopravvivenza, ancora oggi per tutti noi.” Giuseppe Argirò
30 LUGLIO
Bradamante Entertainment Romania
presenta
Gabriele De Pascali
in TRY: La vita davanti a sé
regia di Michela Scolari e G. De Pascali
con la partecipazione degli orfani/acrobati dell’Associazione Parada
Ionesco ha scritto che “gli uomini sanno ma si comportano come se non sapessero. Sanno e dimenticano. Tutto viene infine conservato in una memoria senza ricordi”. Anche Stoppard ne L’invenzione dell’Amore arriva alla conclusione che la vita si ‘rattrappisce’ in “quel pezzo di ghiaccio che stringiamo nel pugno e non possiamo ne’ trattenere ne’ lasciar cadere”. E poi, la morte, a rimpiangere le lacrime non versate e gli amori non amati e le vite mai vissute. Try – ovvero, La vita davanti a Sé – nasce proprio da questa semplice, umana riflessione: e se potessimo ri-vivere dopo la morte? Se ci fosse concesso di tornare anche solo per qualche minuto, che cosa faremmo? Che cosa diremmo? Che cosa lasceremmo alle vite che vanno avanti, oltre di noi, al di là del nostro vissuto, incuranti della nostra morte? Lo spazio vuoto del palcoscenico accoglie la nostra riflessione e diventa il luogo deputato alla sua condivisione col pubblico. Sulle ultime battute di TRY – gli orfani/acrobati dell’Associazione Parada che saltando tra il pubblico giungono sul palco, inondandolo di gioia, di colori, di rumori, di musica, regalando le emozioni di chi proprio perché non ha niente, ha in realtà tutto. Perché la nostra riflessione, che va dal cuore verso il cuore, scopre infine che tutto ciò che si possiede è in realtà solo ciò che si da’ agli altri.
Fondazione Parada Romania
Nei primi anni novanta sono i bambini a pagare il prezzo più alto della crisi economica e sociale del Paese . In tanti vengono abbandonati dalle famiglie, altri scappano da casa o dagli orfanotrofi. Vivono di espedienti, non hanno un tetto, non frequentano la scuola, sono invisibili agli occhi del mondo. Molti iniziano a sniffare la colla, per non sentire la fame e dimenticare le sofferenze. Nel 1992 arriva a Bucarest Miloud Oukili, un giovane clown franco-algerino. Profondamente colpito da questa realtà, decide di diventare per questi giovani un fratello maggiore, un capo branco. Guadagna la loro fiducia, li ascolta, li rende finalmente visibili, e attraverso l’insegnamento del circo, i ragazzini diventano protagonisti della loro vita e del loro futuro. Nel 1996 Miloud crea per loro Parada e grazie al loro impegno, il Governo Romeno ha riconosciuto l’esistenza dei giovani di strada e ha attuato una Strategia Nazionale per l’Infanzia di Strada. L’obiettivo di Parada è di inserirsi – attraverso l’arte – in maniera articolata e coerente nel processo di transizione del Paese sviluppando azioni di prevenzione, assistenza, recupero e reintegrazione sociale.
1 AGOSTO
Compagnia Massimo Verdastro
presenta
Francesca Benedetti
in Madame Céline o il ballo della malora
Lucette Almanzor e Luis-Ferdinand Céline: un amore in guerra
progetto drammaturgico di Luca Scarlini
dall’opera di Luis Ferdinand Céline
regia di Massimo Verdastro
Luis Ferdinand Céline era ossessionato dalle ballerine, dalle danzatrici, scriveva libretti per la danza, che nessuno avrebbe mai rappresentato. Anche nel cuore delle sue avventure più estreme, nella Prima Guerra Mondiale, in Africa nel cuore delle epidemie, nella disgrazia della fine del mondo hitleriano, in una Germania in fiamme, lo scrittore continua a elaborare sogni in tutu, visioni di bianche interpreti di Giselle e dei grani più celebri del repertorio classico. Nel 1943 Céline sposò Lucette Almanzor, interprete di danze indù e poi didatta, e con lei attraversò il disastro della fine del Reich. I due lasciarono Parigi al momento in cui gli alleati arrivarono in Normandia, lo scrittore si era esposto con gli occupanti, aveva all’attivo opere antisemite che gli avevano attirato numerosi attacchi, aveva bisogno do andarsene. La mèta era la Danimarca, raggiunta faticosamente e dove fu destinato alla prigione e alla miseria, dopo una immersione nel Crepuscolo degli Dèi hitleriano, come racconta con feroce umorismo nella sua ultima opera capitale, la Trilogia del Nord, composta da Nord, Da un castello all’Altro e Rigodon: queste opere gli resero il successo, dopo gli anni dell’esilio e dell’ostracismo. Da esse, ma anche dalla memoria di Lucette Destouches Céline segreto e da quella di Robert Poulet Il mio Céline, prende forma Madame Céline o il ballo della malora, una scrittura a due voci che narra di una unione a prova di tutto, precipitata nel disastro della Storia, nella villetta suburbana di Meudon, dove Lucette dava lezioni di danza, e Céline scriveva riepilogando la propria personale discesa agli inferi, incarnando il personaggio del rivoltoso per la cultura francese. Francesca Benedetti, grande signora del nostro tempo, si confronterà questa volta con la parola incandescente di Luis Ferdinad Céline, dando voce e corpo alla figura di Lucette: amica, compagna, amante appassionata ma anche spietato alter ego del grande scrittore Francese.Luca Scarlini
4 AGOSTO
Fondazione Salerno Contemporanea
teatro stabile d’innovazione
presenta
Giovanna Giuliani
in Dongiovanna
liberamente ispirato a “Il Corpo senza qualità. Arcipelago queer” di Fabrizia di Stefano
regia di Giovanna Giuliani
Lo spettacolo è liberamente ispirato al libro Il corpo senza qualità della filosofa Fabrizia Di Stefano (edito da Cronopio), che pone una domanda aperta sul genere, una domanda senza soluzione: un augurio perché possa sformarsi, di forma in forma, e rimanere indicibile, senza la museruola di nessuna determinazione: un genere senza qualità. Ho voluto esercitare questo tema, estendendo anche al genere stilistico l’elasticità e indefinitezza di genere sessuale. La bulimìa che porta a uscire continuamente di genere in genere mi ha spinto a pensare all’ insaziabilità del dongiovannismo, alla continua ricerca di una variazione di genere. L’esercizio del corpo senza qualità, però, è una mobilità del soggetto, l’esercizio dongiovannesco ha, invece, bisogno di oggetti svariati. Chi cataloga fuori e chi dentro di sé. Ho seguito e dato voce agli alti e bassi di una tensione utopistica, quella di avere a che fare con un esemplare di dongiovanni, e corrispondergli non in funzione femminile, ma riflettendo tutta la sua sete di forme variegate. Perdendo connotati certi, in uno sforzo sovrumano, che inciampa continuamente in debolezze e inadeguatezze. Una lotta, quindi, anche di genere stilistico: accenti parodistici e grotteschi di una commedia che viene continuamente attentata da fughe fuori-genere, tragico-sentimentali.
Ho affrontato la scena, cercando di moltiplicarmi, senza trascurare nessuna voce o sfumatura, apparecchiando n. posti a sedere e n. bicchieri etc., quanti possano essere gli sdoppiamenti e le scissioni di un pensiero che cerca di non cadere nel genere. E così la protagonista si autodefinisce Ennesima, perché non riesce a trovare una collocazione certa, sia sessuale, che stilistica, -passando da euforie estreme all’incubo più violento e nero. E sceglie di non scegliere, diventando così un’eroina senza qualità, di genere ennesimo.
Chiama studio il suo amore. E, come scienziata, cataloga tutte le mute che subisce e le ennesime metamorfosi di adattamento che il suo studio le ispira. Ecco il suo catalogo.
La sua forma più perfetta di poligamia. E se, per amor di studio, arrivasse a perdere ogni certezza di genere, né tragico, né comico, né maschile, né femminile, solo genere fantastico?
6 AGOSTO
Festival dell’Eccellenza al Femminile
Compagnia Schegge di Mediterraneo
presenta
Galatea Ranzi
in Fedra – diritto all’amore
testo originale di Eva Cantarella
regia di Consuelo Basilari
consulenza drammaturgiae testi greci Marco Avogadro
musiche Andrea Nicolini
luci Liliana Iadeluca
editor video ed immagini Angela Di Tomaso
creazione oggetti di scena Paola Ratto
sarta Umberta Burroni
suono Rinaldo Compagnone
Fedra è la moglie in seconde nozze di Teseo, reggente di Atene, che, in prime nozze ,ha avuto un figlio, Ippolito. Il giovane, che vive lontano dalla famiglia, quando ritorna a casa richiamato dal padre, incontra per la prima volta la matrigna, scatenando in lei una violenta passione. L’amore per Ippolito, bellissimo, giovane e “selvaggio” nella sua caparbietà e passione per la vita, travolge Fedra fino al suicidio e porta il giovane alla morte.
Galatea Ranzi è l’interprete di Fedra “la luminosa” (questo è il significato del nome), la nuova Fedra, consapevole anche se tormentata, ribelle e determinata nella trasgressione, pronta a sfidare nella ricerca della libertà la condanna morale della famiglia e della società, capace di rompere gli schemi e l’ordine della cultura patriarcale antica. Non c’è predestinazione divina né maledizione genetica in questa nuova Fedra; passione e intelligenza la spingono a trasgredire; il cambiamento è l’esigenza a cui lei risponde con il proprio istinto: bellissima e misteriosa, amata e rispettata, Fedra muore suicidandosi con il veleno, e in questo modo rivendica la libertà di amare e diventa paladina dei diritti e della libertà della donne.
La scrittura qui si fonde con una messa in scena moderna e multimediale che fa riferimento visivo
all’atmosfera “noir” del cinema di A. Hitchcock e che colloca l’eroina di Euripide, in una “altra”
dimensione immaginaria che si ispira al glamour degli anni sessanta. La messa in scena gioca drammaturgicamente sull’impatto e il coinvolgimento emotivo attraverso la costruzione del processo d’identificazione dello spettatore, con l’uso strumentale delle proiezioni video, grafich emotion e cinematografiche che inducono i meccanismi della suspence, esaltando la forza drammatica e misteriosa della vicenda umana di Fedra. Lo spettacolo si ispira agli scenari del film Phedra che Jules Dassin, negli anni ’50 assistente alla regia dello stesso Hitchcoock, girò nel 1961 con l’attrice Melina Mercuri, e Anthony Perkins nel ruolo di Ippolito.
Lo spettacolo rompe lo schema temporale della storia che tutti conosciamo; la scena si apre quando il fatto è già avvenuto proprio con l’elaborazione di una sequenza cinematografica presa dal film di Dassin: l’incidente di macchina in cui Ippolito muore scomparendo tra i flutti del mare .
info: www.teatro91.com