Enrique Vargas, un’intervista: domande e riflessioni sul contemporaneo
Dall’altra parte del telefono mi risponde una voce di una profonda ma giovane saggezza, e salutandomi con un sincero «ciao» mi chiede come sto. È il colombiano Enrique Vargas un poeta del teatro contemporaneo, antropologo e regista teatrale, fondatore nel 1993 della Compagnia del Teatro de Los Sentidos, realtà che ha trovato casa a Barcellona. Un teatro dell’esperienza che non si guarda ma si fa, che pone delle domande e stimola risposte; il suo ultimo spettacolo Pequeňos ejercicios para el buen morir – presentato con successo nell’aprile 2014 in Giappone al World Theatre Festival Shizuoka– è in prima nazionale dal 27 al 29 giugno al Centro Culturale Funaro di Pistoia. Per l’occasione abbiamo voluto porre alcune domande al regista colombiano: una formale intervista diventata poi una riflessione e scambio di pareri, a dimostrazione di come il teatro possa andare oltre le categorie estetiche ed essere veicolo di indagine antropologica del contemporaneo.
Cosa l’ha spinto a scegliere il Funaro come sede italiana della compagnia del Teatro de los Sentidos?
È un posto che possiede un cuore innanzitutto, non è quindi solo un centro culturale e teatrale. La direzione al femminile inoltre è sì determinante ma non è la sola ragione della mia scelta (detto accennando una discreta risata). Credo piuttosto che a colpirmi sia stata la passione per la ricerca unita a un grande lavoro.
Piccoli esercizi per il buon morire: cosa intende lei per «buon morire» e di conseguenza per «buon vivere» ?
La relazione che lega questi due contrari è una domanda che ognuno dovrebbe porsi e rispetto alla quale ognuno di noi possiede una propria e personale risposta. Del resto, le azioni che caratterizzano la vita del singolo individuo dipendono rispettivamente dalla paura, da un lato, e dal coraggio dall’altro, legati insieme da una tensione continua tra la negazione e il confronto. Il teatro va in questa direzione; la poesia cerca una risonanza in quello che non vediamo ma che in realtà esiste. Un’epoca penso, si contraddistingue per la risposta che dà a una simile domanda attraverso la sua poetica.
Come si insegna il «Linguaggio dei sensi» e quindi come lo si impara?
Deve essere un gioco che stimoli el asombro (l’incantamento, lo stupore, la meraviglia), lo stesso che possediamo da bambini e dobbiamo cercare in tutti i modi di non perderlo una volta diventati adulti. La mia in fondo è una poetica della curiosità.
Lei ha affermato: «la gente ha fame di essere ascoltata, ma poi non ascolta l’altro».
Il Teatro de lo Sentidos dunque come si pone in ascolto dell’altro e della realtà che lo circonda?
Con l’umiltà e la dignità rifuggendo dalla prepotenza. Viviamo in un mondo che ci costringe a riempire e ad accumulare, noi invece dobbiamo cercare il vuoto e lasciarci andare. Creare spazi vuoti coi quali poter lavorare quindi, non dimenticandoci che in assenza di vuoto siamo impotenti, non possiamo fare nulla. Non è affatto facile e non tutti riescono ad imparare quello che io chiamo il linguaggio della conoscenza, costituito da tre elementi imprescindibili: vuoto- curiosità-gioco.
Lucia Medri
Twitter @LuciaMedri
PICCOLI ESERCIZI PER IL BUON MORIRE / PEQUEÑOS EJERCICIOS PARA EL BUEN MORIR
Regia e Drammaturgia Enrique Vargas
Coordinamento artistico Patrizia Menichelli
Coordinamento attori Arianna Marano e Giovanna Pezzullo
Disegno dello spazio Gabriella Salvaterra
Direzione musicale Stephane Laidet
Paesaggio olfattivo Nelson Jara e Giovanna Pezzullo
Luci Francisco Javier Garcia
Costumi e maschere Patrizia Menichelli
Direttore tecnico Gabriel Hernandez
Con Francisco Javier Garcia, Gabriel Hernàndez, Stephane Laidet, Arianna Marano, Patrizia Menichelli
Giovanna Pezzullo, Gabriella Salvaterra, Joan Gerard Torredeflot
e con Massimiliano Barbini, Lisa Cantini, Rossana Dolfi, Emanuela Fiscarelli, Francesca Giaconi
con la partecipazione del Gruppo di Ricerca del Funaro