Fino al 24 maggio l’Italia diventa il luogo scelto per festeggiare un anniversario, una ricorrenza sarebbe meglio dire, per tributare a una delle realtà più valevoli e durature del teatro contemporaneo il merito di essere rimasta un esempio nel saper dare forma a un’idea di teatro. Il Piccolo Teatro di Milano diventa per una dozzina di giorni il centro di propulsione e accoglienza per proiezioni, concerti e incontri – molti dei quali gratuiti – utili a ricomporre e approfondire il percorso del Théâtre du Soleil in occasione del suo cinquantenario. Le varie iniziative si accordano attorno allo spettacolo La ronde de nuit, in scena al Teatro Strehler dal 14 al 24 maggio e allestito dal Théâtre Aftaab, formazione afghana trapiantata in Francia e nata da un laboratorio tenuto a Kabul nel 2005 da Ariane Mnouchkine. Proprio lei, nel 1964, al ritorno da un viaggio in Oriente, fondava con Philippe Léotard e altri compagni allievi dell’École Internationale de Théâtre Jacques Lecoq le Soleil.
Da allora, col procedere del tempo e nonostante i cambiamenti che hanno attraversato la seconda metà del Novecento e il nuovo millennio, il collettivo è riuscito a rimanere fedele ai propri presupposti e ai propri obiettivi pur riconiugando costantemente le sempre urgenti istanze comunicative. Come accaduto in pochissimi altri casi, molti dei principi che ne hanno fatto uno dei poli della Comune nelle contestazioni del Maggio francese si sono consolidati fino a definire quanto Mnouchkine chiama uno «stile di vita»: abolizione di qualunque gerarchia di formazione, distribuzione paritetica di mansioni e retribuzioni per ogni componente o collaboratore, condivisione dello spazio lavorativo ma anche esistenziale. Legato alla ricerca di un’identità multietnica e utilizzando un linguaggio fortemente ibrido sospeso tra teatro, musica, danza, animazione e video, il Théâtre du Soleil si è fatto strada tra adattamenti di classici della letteratura teatrale occidentale e dirompenti lavori di scrittura originale derivata da collezione di materiali documentari o da una approfondita drammaturgia collettiva, imponendosi agli occhi del mondo come una realtà in cui l’espressione corrisponde a una ricerca di senso più ampio e profondo, all’assunzione di una responsabilità civile da cui gli universi individuali restano esenti solo in parte. Tale responsabilità equivale indubbiamente alla messa a punto di un linguaggio in cui il “fatto artistico” è modellato di continuo quale nucleo semantico e momento di creazione; tuttavia la sua concezione non si limita nei fatti all’esperimento delle possibilità performative, coincide piuttosto anche e soprattutto con una precisa necessità di fare del teatro, e non solo, un vera occasione di incontro, un campo di conoscenza, un luogo di frontiera dove riscoprire la concretezza della sua matrice sociale e comunitaria.
L’appuntamento iniziale è con la proiezione in anteprima de Les Naufragés du Fol Espoir, pellicola tratta dall’omonimo spettacolo che nel 2010 si ispirava all’omonimo racconto apocalittico di Jules Verne, a cui nei giorni seguirà quella del documentario Un soleil à Kaboul… ou plutôt deux realizzato dall’attore del Théâtre du Soleil Duccio Bellugi-Vannuccini insieme a Sergio Canto Sabido e Philippe Chevallier per raccontare proprio l’esperienza del 2005 in Afghanistan, del film Ariane Mnouchkine. L’aventure du Théâtre du Soleil (2009) di Catherine Vilpoux e di alcuni cui negli anni la stessa Mnouchkine si è dedicata: 1789 (1974) che, si legge nel programma, «racconta la storia di un gruppo di saltimbanchi che nel luglio del 1791 decide di mettere in scena i principali avvenimenti dei primi due anni della rivoluzione»; le 4 ore e 10 del sontuoso film biografico Molière (1978), già visto la scorsa estate al Festival di Santarcangelo e, in chiusura, le tre parti di Le Dernier caravansérail, basato nel 2006 sull’omonimo spettacolo di tre anni prima. Molti i concerti di musica tradizionale afghana, tutti di AksanDari , che si accompagnano pure agli incontri con la compagnia del Théâtre Aftaab (il 19 maggio) e con Mnouchkine stessa (il 24), e ai buffet e alle degustazioni, da sempre tratto distintivo del Soleil nella relazione col pubblico.
L’insieme delle iniziative sembra offrirsi allora quale compendio, seppur ridotto e concentrato, di un sistema in codifica perenne: solo un approccio poliedrico, integrale è in grado di rendere tale dedizione e applicazione espressiva un gesto politico, in primo luogo e senza dubbio perché atto radicale di etica artistica.
Marianna Masselli