Il Teatro Valle riceve un’importante convocazione dal Comune di Roma e il Ministero si esprime sul Cinema America
Sono a arrivate in questi ultimi giorni due importanti notizie, per una volta positive, che fanno intravvedere timidi spiragli di luci nella politiche culturali – inesistenti – della Capitale. La prima riguarda il Cinema America a Trastevere, occupato ormai nel giugno 2012 e protagonista di intensi e importanti appuntamenti: nuovi autori, proiezioni con i registi, l’attenzione ai classici della storia del cinema, basti pensare che nel fitto programma di questo aprile troveranno spazio proposte che vano da I cento passi di Marco Tullio Giordana (previsto un incontro del regista con il pubblico l’11 aprile) fino a Ladri di biciclette di Vittorio De Sica. Ebbene il Ministero dei Beni Culturali ha inviato una lettera indirizzata al Comune di Roma, alla Regione Lazio (oltre che alla Soprintendenza per i Beni architettonici e paesaggistici di Roma e alla Direzione per i beni culturali del Lazio) con cui esprime parere positivo circa la richiesta di vincolo storico storico-artistico per l’edificio abbandonato al degrado fino a un paio di anni fa. Insomma il Ministero ha riconosciuto il palazzo del Cinema America come un esempio di architettura del secondo Novecento, a quanto si apprende dall’Ansa la proprietà vorrebbe invece costruirci 20 appartamenti. È chiaro che siamo di fronte a un processo burocratico e giuridico lungo e tortuoso ma determinante nel restituirci anche il polso dell’effettiva situazione dei Beni Comuni a Roma e nel resto del paese. Senza quell’occupazione è innegabile che il caso del Cinema America non sarebbe mai arrivato negli uffici del Ministero, un primo passo necessario.
Intanto in via del Teatro Valle, al terzo anno di occupazione (giugno 2011), con il consenso popolare e artistico ormai diviso a metà – i malumori serpeggiano alla luce del sole soprattutto nel teatro romano, non solo in quello a vocazione prettamente commerciale – attendevano da mesi un riscontro delle istituzioni cittadine. Evento che a quanto sembra programmato per il 18 aprile, probabilmente generato anche dai fatti dell’Angelo Mai e dall’ultimo incontro organizzato da CReSCo all’Argentina. In una nota infatti il Teatro Valle Occupato parla della missiva arrivata ieri e indirizzata dal Assessorato alla Cultura di Roma al Teatro Valle Bene Comune in cui si esprime la volontà «di avviare un processo deliberativo finalizzato a elaborare il contributo progettuale di Roma Capitale per una soluzione condivisa sul futuro del Teatro Valle». Questo processo, del quale ancora non si sa nulla (neanche quali siano gli obiettivi concreti dell’Amministrazione), verrà accompagnato dalla presenza di alcuni esperti, che il Valle nella propria nota chiama «facilitatori»: Franca Faccioli (esperta di comunicazione pubblica), Mimma Gallina (consulente e organizzatrice teatrale), Christian Iaione (esperto di diritto pubblico), Alessandro Leon (economista della cultura) e Marxiano Melotti (sociologo del turismo e della cultura). Un team che dovrebbe capire insieme all’Assessorato e ai lavoratori del Teatro Valle quale possa essere la strada da percorrere con intenti condivisi.
Naturalmente, facilitatori o no, quello che aspetta il Valle, se vorrà andare fino in fondo, sarà anche un processo di mediazione, dunque politico: gran parte degli operatori teatrali vorrebbero vedere la più antica scena di Roma affidata con un bando, ma chi segue le vicende di questa città conosce anche le modalità con cui sono stati scritti gli ultimi importanti bandi di affidamento per gli spazi teatrali gestiti dalla Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea. Di certo questo incontro afferma che non è possibile cercare una soluzione senza condividerla con la cittadinanza e con coloro che da più di due anni stanno mandando avanti il teatro addirittura con risultati internazionali – viste le ospitalità e i premi. Certo nel migliore dei mondi possibili il Comune di Roma si aprirebbe alla gestione della Fondazione Valle Bene Comune con la quale intraprenderebbe un percorso congiunto anche per quello che riguarda le nomine direttive. Insomma la fondazione e i lavoratori che ogni sera animano lo spazio potrebbero avere un ruolo di cogestione e soprattutto di controllo. Soluzione utopistica? Forse, eppure logica. Parliamoci chiaro, se il Valle vuole eccellere ha bisogno di investimenti, in questo caso pubblici, e se il Comune vuole evitare gli errori fatti in passato dovrà confrontarsi con gli occupanti. Ma tutto questo dovrà accadere nella città che da mesi sta aspettando una risposta definitiva per eclatanti casi come l’assenza di un direttore artistico al Teatro di Roma… Insomma a sperare per il meglio non siamo più abituati.
Andrea Pocosgnich
Twitter @andreapox
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Gentilissimo, Le chiedo la cortesia di chiarirmi perchè mai “la fondazione e i lavoratori che ogni sera animano lo spazio potrebbero avere un ruolo di cogestione e soprattutto di controllo”: in nome di quale diritto, rispetto ad altri operatori ugualmente meritevoli e qualificati che avrebbero il solo torto di non aver “infranto” legge e sigilii? MI perdoni, ho tutta la simpatia per lavoratori e operatori culturali che animano lodevolmente il Valle, ne condivido idee, orientamenti e “credo” ma, per quelle quattro nozioni di diritto che mi porto dietro, non riesco proprio a digerire la legalizzazione dello status quo se questo nasce da un abuso, pur sorto in risposta a un colpevole abbandono della “cosa pubblica”. Per la stima che ho per Lei, però, mi farebbe davvero piacere una sua risposta. Grazie.
Forse giustamente questo punto meritava un approfondimento da parte mia, ma ringrazio Paolo, nostro affezionato lettore e commentatore per avermi dato qui la possibilità di approfondire: naturalmente intendevo la Fondazione come struttura e come esempio di progetto nato dal basso e forse è meglio se iniziamo a trattarla separatamente dagli occupanti veri e propri. Mi riferisco insomma alle centinaia di persone (non so se addirittura migliaia) che della Fondazione sono diventati soci (dunque ipoteticamente anche me e lei in un futuro prossimo, per esempio). Immagino una struttura aperta in questo senso. A lei non piacerebbe poter ascoltare ad esempio una decina di candidati direttori artistici, i migliori su piazza, e poter contribuire a quella scelta? Sinceramente non mi sembra male. Poi certo soprattutto inizialmente è chiaro che all’interno di un nucleo gestionale supportato dalle istituzioni debbano esserci (in qualche forma, forse di controllo o di scrittura di un eventuale bando) anche coloro che in questi due anni si sono spesi per tenere aperto quel teatro… mi dispiace sono già oltre la retorica dell’illegalità. Penso che dovremmo superare questa fase, altrimenti è tutto inutile, altrimenti è inutile anche questa convocazione da parte del Comune.
Grazie Paolo
Andrea
Bene tutto, però: chi ha inventato la parola “facilitatori”? Sparategli.
A parte gli scherzi, dopo tre anni l’amministrazione ha bisogno ancora di tempo e di “facilitatori” per sapere, capire, discutere e decidere? A questo punto , visto che di bene comune si tratta, bisognerebbe interpellare i cittadini! Forse sarò un facilone (non facilitatore) ma la questione è semplice: il Valle, antico e glorioso teatro e opera d’arte, ha bisogno di uno stanziamento molto sostanzioso dopo di che manca solo la nomina di qualcuno che lo sappia gestire (io avrei un lungo elenco, spero anche le istituzioni!!!). E’ talmente semplice che non succederà mai a meno che Putin non decida di invadere anche noi!!