Direttore Teatro di Roma: dopo la notizia di incompatibilità di Cutaia
Il Teatro di Roma non trova pace. Dopo il ritardo nella nomina dei vertici dello Stabile, la sera del 25 marzo il Ministro Franceschini ha comunicato in via definitiva che Ninni Cutaia è incompatibile con la carica di direttore (leggi la news). È il suo ruolo di dirigente al Mibact, dove ha svolto funzioni ispettive e di controllo sui teatri pubblici e dunque anche sul Teatro di Roma, a determinare l’inconciliabilità con il ruolo cui è chiamato. Anche nel caso si dimettesse, sembra che la norma in questione preveda uno stop di almeno due anni dalla carica prima di rendere possibile il passaggio. Quindi tutto da rifare per una nomina che aveva avuto una strada travagliata proprio a causa della difficoltà di trovare una figura che garantisse esperienza nel settore e conoscenza del territorio e allo stesso tempo possedesse adeguate competenze manageriali necessarie per il passaggio alla dimensione Teatro Nazionale – che sarebbe lo sbocco naturale per lo stabile della Capitale – prevista dalla riforma Bray.
Il tempo è sempre meno dalla parte dell’istituzione romana, anche se rispetto ai mesi scorsi l’esistenza di un consiglio d’amministrazione competente già in carica si spera possa coadiuvare le decisioni di Marino e Zingaretti sulle sorti del teatro. Chissà che non possa sparigliare le carte una nomina fuori dagli apparati, magari giovane e con una reale percezione della vivace scena teatrale di cui Roma è uno degli epicentri per espressività ma una delle periferie in quanto a capacità di messa a sistema. La nomina di Cutaia, infatti, era stata “salutata come una festa” – secondo quanto scrive Anna Bandettini su Repubblica – proprio grazie alla profonda conoscenza che Cutaia ha della geografia teatrale italiana, di norma poco ascoltata dalle istituzioni capitoline. In effetti, nelle poche settimane della sua non-direzione, il dirigente del Mibact aveva già effettuato un numero di colloqui con artisti e compagnie che solitamente lo Stabile capitolino realizzava nel giro di una triennalità (esagero, ma non troppo), e per altro condotte con una notevole pertinenza nel settore del contemporaneo, quel settore quasi sempre trascurato dalle stabilità italiane, focalizzate di norma sulla tradizione o sui nomi altisonanti della prosa o del grande schermo, e che invece sarebbe strategico per il sospirato rinnovamento del teatro italiano. Sarà per quello che alcuni giorni fa era partita una petizione a sostegno della nomina di Cutaia da parte di singoli artisti e operatori.
Ora si riparte, sperando che i tempi possano essere brevi, considerata la complessità della situazione. Per una nomina forte (ammesso che la vicenda non presenti ulteriori colpi di scena) occorrerà che il nome scelto sia in possesso di una conoscenza della materia teatrale pari a quella di Cutaia – e su questo fronte, come dicevamo, di profili giovani, ve ne sono anche di femminili, in grado di incarnare una figura adeguata, ce ne sarebbe qualcuno. Senza dimenticarsi del rebus sullo sguardo manageriale.
Graziano Graziani
Twitter @Grazianji
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Ma è possibile che non si trovi un direttore in tutta l’Italia? Ci sono molte persone con un ottimo curriculum (il curriculum di N. Cutaia peraltro molto citato ma mai visto) in Italia. Il problema è che non sono iscritte ad un partito!!! Quindi non è vero che non si trova un direttore per lo stabile (tra l’altro già c’era e con un gran curriculum); non si mettono d’accordo su chi deve avere il potere sulla cultura teatrale romana. Che strazio!!!
Le regole vanno rispettate, e sorprende che si nomini un direttore (e che questi accetti) sapendo che ci sono impedimenti insormontabili. Questa è una leggerezza della quale qualcuno dovrebbe rispondere, anche perchè non credo non si sapesse che la nomina era contra legem.
E adesso? Una stagione rischia di saltare o avere un profilo modesto, abborracciato alla bell’e meglio? Possibile che non si trovi un direttore artistico “adatto”? Perchè allora (per non buttare via due mesi di lavoro) non affiancare un manager, al quale affidare un incarico diverso dalla direzione artistica (ovviamente sarebbe lo stesso Cutaia) e un vero uomo di spettacolo (come era Lavia, e come potrebbero essere tanti altri – Lazzareschi e Branciaroli sono i primi nomi che mi vengono in mente, ma ce ne sono almeno una decina)?
Cutaia certamente è persona competente e ricca di esperienza e avrebbe fatto un buon lavoro, ma la domanda non è quale sia l’uomo migliore, ma quale sia la visione culturale e di sistema competitiva per Roma e e per il paese. Ma l’impressione è quella che l’accavallamento delle cariche o la soluzione del sol uomo pieno di scienza e coscienza non risolva i problemi del teatro. In molti anni allo stabile di Roma ho visto una carrellata di uomini stimabili con proposte forti e rivoluzionarie ma la verità è che comunque il teatro ha perso gli autori, gli attori, le maestranze e una visione chiara del futuro da proporre alla città. I perché sono molti ma è importante capire che con il tempo il teatro ha perso la sua peculiarità, quella critica, provocatoria e di essere nel tessuto sociale. Questo principalmente perché la nomina dove rendere conto proprio a quel sistema che dovrebbe scuotere specialmente in una città che rende ogni riforma impraticabile e ogni innovazione intollerabile. E’ vero, l’Italia e la politica stanno cambiando persino nella cultura. Primarie, facce nuove, giovani e soprattutto la voglia di esprimersi su una nuova strada. La cosa curiosa che il teatro insegua, accumulando sempre più ritardi strutturali. La cultura quando non è solo un processo patrimoniale e storicizzato è viva più che mai e “vibra” nella cose e nelle persone ma questa vitalità deve ritrovare gli spazi e dinamismo perché Roma ritorni ad essere fulcro teatrale del paese. Come? Decidiamolo insieme ma basta sporgersi al di là dei confini nazionali per riempirsi gli occhi di modelli fondamentali alle città e alla crescita. Quindi la competenza dell’uomo centra poco con la visione che il sistema teatrale dovrebbe produrre con le migliori e più fresche energie di categoria cominciando ad opporsi al concetto di nomina specialmente se sa di principe e di principati anche, come sono sicuro, se malgrado le volontà e i buoni propositi di personalità come Cutaia. Il ministero dovrebbe avere quindi solo una funzione di coordinamento e rafforzamento della rappresentanza culturale. Ma se volgiamo anche accettare il meccanismo di nomina dobbiamo proporre anche un meccanismo di candidatura chiaro che possa concorre alla formazione di programmi e di confronti. Se il meccanismo fosse davvero rappresentativo allora le associazioni di categoria dovrebbero esprimere un loro giudizio preventivo, discutere e inserire quegli elementi che possano far compiere al teatro quel salto di qualità tanto atteso invitando tutti a remare nella stessa direzione. La legittimazione renderebbe forte chi propone scelte all’interno del “vero” tessuto teatrale, magari quello vivo e meno legato al palazzo. Si produrrebbe meno teatro di Elite e più dei cittadini dove non insista più una visione prudente e particolare ma una d’insieme, provocatoria e leggera, legata a una cultura da costruire insieme e a un teatro rappresentativo quanto più esso si chiami pubblico e di interesse nazionale.
Libero Stato in libero teatro!
Sono d’accordo con Robert Schiavoni e Simone Martini ma ho un appunto da fare al commento di Paolo: Lavia, Lazzareschi e Branciaroli… ma gente nuova, stimolante e fuori dal sistema politico non si riesce a trovare???
Passi per Lavia, ma non mi sembra che Lazzareschi sia “vecchio” o poco stimolante: ma lo conosci veramente? Sai che è direttore della Versiliana? Conosci il suo curriculum? E conosci Branciaroli, la sua attività con il CTB?, alcuni dei sui ultimi allestimenti, la politica culturale che porta avanti? Per citare il primo che mi viene in mente, e del quale si è parlato per il TdR, non credo che si possa auspicare per Roma il nuovo di Gassmann, con velatini, microfoni ed effetti 3D a teatro (ma qualcuno gli ha detto che a ettaro gli attori sono già in 3D??).
Sono d’accordo con Robert sulle nomine legate ai partiti oppure alle ‘fazioni’ di partito. Ci sono molte persone capaci di gestire il Teatro di Roma, bisogna solo fare delle scelte ‘artistiche’ e non ‘politiche’. E sono d’accordo con Paolo26: chi ha commesso l’errore di nominare Cutaia per imcopatibilità dovrebbe dimettersi o rispondere in qualche modo dell’errore. Sempre che si voglia veramente credere alla storia dell’incompatibilità… abbiamo migliaia di casi in Italia in cui dirigenti ricoprono cariche altamente incompatibili tra loro eppure continuano allegramente a svolgere le proprie funzioni… incompatibili tra loro. Incompatibilità… mi viene da ridere al solo pensiero.
Paolo e Lady Victoria, credo vi riferiate a Barbareschi, dubito che Luca Lazzareschi, ottimo e migliore attore per altro, sia preso in considerazione per una simile nomina…
E perché? E’ direttore artistico alla Versiliana, conosce il mestiere e il ruolo. Barbareschi? Dio non voglia….(absit iniuria verbis)
Per rispondere a Robert (e quindi anche ad Anna Ashton Parnanzini): purtroppo non c’è nessuno a cui addebitare eventuali responsabilità, perché la compatibilità di Cutaia era stata valutata tale dal Ministero quando c’era Bray, e oggi, con Franceschini, viene valutata una posizione incompatibile. E’ chiaro però che è proprio negli “interregni” che emergono le magagne, volute o meno che siano.
Per Paolo: un “vero teatrante” come Lavia non potrebbe assumere la direzione del Teatro Nazionale; la riforma infatti prevede espressamente che il direttore non possa anche fare il regista (norma quantomai attuale, che trova la sua giustificazione nel fatto che molto spesso i “grandi” nomi del teatro italiano hanno usato le stabilità come un portafoglio personale per produrre se stesse)