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Goliarda Sapienza e l’arte della felicità

Recensione di Perché non ci lasciano giocare con la terra? Al teatro Studio Uno di Roma

 

perché non ci lasciano giocare con la terra
foto Ufficio Stampa

Il bisogno di mordere la vita fino al midollo, lo spirito anarchico, la voglia di lasciare alle spalle tutta la terra calpestata e promettere a se stessi che non esistono barriere. Questo il pensiero rivoluzionario di Goliarda Sapienza, stretto tra le labbra di un corpo ultrafemminile, che dalla donna origina e alla donna torna, nel turbine di passioni omosessuali in grado di cambiare segno al grado zero dell’amore, un corpo dove anche la vertigine maschile è raccolta in sguardi buttati al di là delle differenze di sesso, di genere, di sguardo.

Perché non ci lasciano giocare con la terra? è il titolo dell’omaggio che la piccola compagnia Arcadia delle 18 lune dedica a questa scrittrice «dimenticata dal suo tempo e riscoperta dal nostro», come scrive la regista Alessia Barbieri Pomposelli. In un racconto a quattro voci (tre donne e un uomo) rivivono le suggestioni dei (troppo) pochi romanzi pubblicati dalla scrittrice, soprattutto del celebre L’arte della gioia, in cui l’autobiografia si insinua come una spina. Nell’adattamento curato da Silvia Manciati (anche in scena) il racconto incrocia una voce narrante che snocciola poesia e progetti di romanzo con le azioni del personaggio-paradigma, Modesta, quasi una proiezione inversa di Goliarda, impegnata a vivere giorno per giorno la ricerca della felicità. Compare l’infanzia libera nelle campagne catanesi, il rapporto con i genitori anarchici, i primi amori che esplorano il formarsi della coscienza femminista e la sua esplosione dentro un’etica ancor più ferrea.

Un’altalena ciondola sul piccolo palco del Teatro Studio Uno ricoperto di bruno terriccio dove i piedi nudi affondano e si sporcano, a terra un incrocio di riflettori ambra, ma soprattutto forte e curato è il lavoro sulle scene e sui costumi, opera di Paola Scafareo, un’esplosione di artigianato che si fa quasi quinto personaggio. E però proprio questa vertigine estetica, che pare essere un segno distintivo della compagnia, rischia in più punti di gettare anche la recitazione e l’uso dei corpi sotto un’esposizione fredda, dalla quale, pur apprezzandone la cura, si vorrebbe a volte veder scaturire energie più sanguigne. La parola di Sapienza è già evocazione di prima mano, che non avrebbe davvero bisogno di tale  – forse eccessivo – sovrapporsi di piani , della partitura sonora che non concede tregua.

Ritratto d'autore di Chiara Lanzieri
Ritratto d’autore di Chiara Lanzieri

Tuttavia, il coraggioso adattamento non fallisce e quell’epica delle piccole cose, dal profumo degli aranci al collaborazionismo comunista, riceve, dall’incastro delle immagini, la potenza destrutturata di uno sguardo che è ribellione sorridente, un’epifania di saggezza che guarda alla felicità come a una scelta autonoma. Il sorriso continuo della narratrice, l’ondeggiare senza posa dell’altalena richiama la doppiezza unica e irripetibile che si traduce in timida vergogna. Il fare etereo della recitazione incontra bene il contrasto con un trattamento della scena che forse vorrebbe essere più viscerale e “giocare con la terra” più di quanto davvero riesca, ma si apprezza la sincerità di un’operazione filologica, cogliendo in più di un punto l’essenza di un pensiero sempre orgogliosamente autobiografico, in cui le maschere passano di viso in viso e ruotano come capitoli dello stesso romanzo, lungo tutta una vita.

La rinuncia al personaggio, la sua esplosione su un quartetto di voci che si fa cassa di risonanza di quella stessa parola è la forza di questo piccolo lavoro, con il respiro emozionato e però la nettezza di una preparazione tecnica che, se è ancora acerba, ha tutti i presupposti per farsi solida. A patto che non si perda il coraggio di raccogliere certe storie, sempre con l’attenzione alla consegna di un pensiero di essenza e senza volontà documentaria.

Sergio Lo Gatto
Twitter @silencio 1982
guarda il video su e-performance.tv

visto al Teatro Studio Uno in febbraio 2014

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PERCHÉ NON CI LASCIANO GIOCARE CON LA TERRA?
da Goliarda Sapienza
Adattamento di Silvia Manciati
Regia Alessia Barbieri Pomposelli
Scene e costumi Paola Scafareo
Suono Gaetano Converso
Disegno luci Alessio Mastrantonio
Produzione Arcadia delle 18 lune
Con Viola Sartoretto, Silvia Manciati, Davide Maria Marucci, Arianna Paravani

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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