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Il Buco: un’intervista a Paolo Alessandri

Intervista a Paolo Alessandri autore e interprete dello spettacolo in scena ogni lunedì sera al Teatro Furio Camillo

 

foto ufficio stampa
foto ufficio stampa

L’idea di uno spettacolo che va sul palco con la cadenza di un unico ma regolare appuntamento settimanale già incuriosisce. Salta all’occhio perché si sottrae alla concentrazione canonica della messinscena in un periodo circoscritto, a maggior ragione se il giorno scelto è quello che generalmente i teatranti dedicano al riposo. Dal 6 gennaio, ogni lunedì al Teatro Furio Camillo si presenta una produzione della Piccola Compagnia Impertinente (in associazione con Roma Teatro Festival), ensemble foggiano da cui proviene il regista Pierluigi Bevilacqua.

Incontro Paolo Alessandri, autore e attore unico de Il Buco – una storia QUASI vera, all’Accademia Teatrale di Roma Sofia Amendolea dove insegna Espressione corporea. Arrivando in anticipo ho modo di trascorrere qualche minuto su una poltrona all’ingresso. Mentre sfoglio moduli, residuati di commissioni precedenti, le voci degli allievi e dell’insegnante, la musica e il suono di passi o movimenti accompagnano il preludio della nostra conversazione fra i muri rossi, le locandine. Dichiaro immediatamente, con un velo di senso di colpa, la mia scarsa conoscenza del luogo in cui ci troviamo. Lui mi spiega che nasce nel 2007 come conseguenza dell’internazionalizzazione del ROMATEATRO Festival, rassegna che aveva visto la sua prima edizione quattro anni prima. Di sé mi racconta tra un caffè e l’altro partendo dal principio, dal suo avvicinamento alla performance a tredici anni tramite quello che definisce un maestro. «Ciao sono Mario Casale, un marxista-leninista. Vuoi fare teatro con me?», ricorda così questa «persona non comune, che parlava alle persone come se fossero persone» e l’approccio alla sua emotività laterale di ragazzino introverso, tanto incisivo da far di lui «la pecora nera, l’unico che ha continuato col teatro». Passa poi alla sua prima compagnia, Psicoreattori, fondata «autarchicamente» a diciassette anni con il suo migliore amico. Diplomato in scenografia all’Accademia delle Belle Arti di Roma e rimasto orfano del proprio collettivo dopo dodici anni, inizia a lavorare in modo autonomo in allestimenti differenti o, per dirla con le sue parole, che molto richiameranno alla sensibilità di alcuni interpreti a ingaggio, «ho fatto la puttana, quindi ho macinato, macinato, macinato. Ma devo dire che da quando ho cominciato il periodo più lungo che ho passato senza fare spettacoli è stato trenta giorni. Sono stato fortunato, però sono stati i trenta giorni più brutti della mia vita». A questa fase segue l’incontro, l’«innamoramento professionale» con la compagnia Legge 180 insieme a cui nascerà prima il Festival e poi l’Accademia, che lo ha spinto a concentrarsi sull’insegnamento, la regia e la composizione di testi.

foto ufficio stampa
foto ufficio stampa

Di tale percorso è figlio il monologo che oggi porta in scena e che gli ha restituito la curiosità come attore. Mi spiega di aver delegato la regia perché altrimenti non sarebbe mai riuscito in un lavoro completo e di averlo affidato a Bevilacqua – di un anno più giovane e, per una serie di concause, suo ex allievo – «non perché fossimo simili, ma perché mi piaceva quello che faceva. Mi piace il suo discorso di poetica ed ero ben conscio che solo a lui lo avrei chiesto». Venuto alla luce nel 2006 da «una chiusa di trenta giorni per uno spettacolo pensato come un incrocio di monologhi» a Palermo, il testo proviene da una scrittura emotiva, a flusso. La composizione intermittente attraversa varie tappe e giunge a termine solo un anno e mezzo fa.
Inizia tutto «da una cosa vera, autobiografica: la convinzione che io non volessi nascere e per questo sia nato dopo dieci mesi». Ma non solo, lo attraversa anche un’altra suggestione: «Io sono stato sempre molto pigro e quindi tendente a un’adolescenza sedentaria, introversa in cui leggevo troppi libri. 1984 di Orwell io l’ho letto a dieci anni. Cose sbagliate, negli anni sbagliati. Ero più incline al mondo delle idee e si è sviluppata questa pigrizia tendente all’eutanasia. Poi tutto si è unito a una storia famigliare, come tante storie, travagliata».
Sulla forma e sulla struttura mi chiarisce: «C’è tutto o forse tanto di quello che, metaforicamente o fisicamente, letteralmente o per rimando, si può definire “buco”. È un ragionamento, uno spettacolo drammatico se vogliamo; con diverse cose, alcune delle quali affrontate con molto cinismo. Anzi direi piuttosto tragicomico: inizia in modo comico e finisce in modo tragico. La reazione del pubblico alla fine – parlo di quelli a cui piace ovviamente – non è “Bravo!”, ma “Grazie”. In fondo è come la vita: io spiego sempre ai miei allievi che la vita è uno spettacolo tragicomico recitato in modo drammatico, cioè sbagliato».

Riguardo alla scelta del lunedì che tanto aveva attratto la mia attenzione, mi puntualizza: «Partiamo dal presupposto che ormai gli spettacoli ci sono solo nei weekend. Prima non era così, anche una cosa piccolina restava una settimana o due. Una delle esperienze più belle e più utili come attore è stata per me quella di stare in scena quattro settimane di seguito anni fa con uno spettacolo splendido di Massimiliano Bruno. È stato uno dei periodi più interessanti di approfondimento sul personaggio. Perciò per Il Buco mi dispiaceva fare una cosa che iniziasse e finisse rapidamente, anche perché per darmi forza, all’inizio, l’ho preso come il canto del cigno. Dunque volevo farlo bene e a modo mio, indubbiamente particolare e potenzialmente utile. In un giorno in cui tutti gli altri teatri sono chiusi, sono vuoti. E poi il lunedì mi è sempre piaciuto: è il giorno in cui riposano gli attori e i barbieri, come faccio a non usarlo?».
Allora come fare non sedare la curiosità con la visione?

Marianna Masselli

Teatro Furio Camillo – tutti i Lunedì alle ore 21.00
Roma

dal 6 Gennaio 2014
TUTTI I LUNEDÌ

La Piccola Compagnia Impertinente
presenta:
IL BUCO
una storia QUASI vera
In Memoria di Luca Alessandri
di e Con Paolo Alessandri
regia Pierluigi Bevilacqua
Una produzione Piccola Compagnia Impertinente, in collaborazione con la X Edizione del ROMATEATRO Festival 2014.

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Marianna Masselli
Marianna Masselli
Marianna Masselli, cresciuta in Puglia, terminato dopo anni lo studio del pianoforte e conseguita la maturità classica, si trasferisce a Roma per coltivare l’interesse e gli studi teatrali. Qui ha modo di frequentare diversi seminari e partecipare a progetti collaterali all’avanzamento del percorso accademico. Consegue la laurea magistrale con una tesi sullo spettacolo Ci ragiono e canto (di Dario Fo e Nuovo Canzoniere Italiano) e sul teatro politico degli anni '60 e ’70. Dal luglio del 2012 scrive e collabora in qualità di redattrice con la testata di informazione e approfondimento «Teatro e Critica». Negli ultimi anni ha avuto modo di prendere parte e confrontarsi con ulteriori esperienze o realtà redazionali (v. «Quaderni del Teatro di Roma», «La tempesta», foglio quotidiano della Biennale Teatro 2013).

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