«Stai colmo! Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l’incubo è confonderli). Come un intimatore di alt, come un battitore di ciglia che mette all’asta gli apostrofi delle palpebre, come l’inventore del cuscino anticalvizie o del transatlantico anti aggressione, come chi è posseduto da sciamanesimo estatico, a suon di decibellezze da scorticanto, come giaguaro che diventa uno degli animali più lenti se in ascensore, e come lumaca che diventa uno dei più veloci se in aereo, così tra tellurico e onirico, tra lo scoppio delle alte cariche dello stato delle cose, in uno spazio tra antipodi, in un limbo dell’imparadiso (compreso il peccato di distanza), ho avuto un sentore: urge». Nessun’altra immagine, nessuna suggestione, né tanto meno alcuna nota avrebbero potuto costituire un incipit più efficace di questo inciso riportato sulla brochure di presentazione trovata negli spazi di foyer. Le parole di Alessandro Bergonzoni, in scena al Teatro Vittoria di Testaccio con Urge fino al 24 novembre, segneranno quindi una riconoscibilità di cifra inconfondibile per chi abbia già confidenza col suo lavoro e determineranno in chi invece non ce l’ha una forma di disorientamento quanto meno incuriosito.
Lo spettacolo, in replica dal 2010, è il più recente messo a punto per il teatro dall’artista bolognese – con la collaborazione di Riccardo Ridolfi – che spazia tra palcoscenico, scrittura, radio e televisione ormai da una trentina d’anni. Definire in parole una linea narrativa sarebbe arduo in questo caso. Quello che prende forma è un monologo ininterrotto, serrato, da sfinimento di forze polmonari per l’interprete e, a giudicare dalla reazione di risate in sala, per lo spettatore. L’ingresso dal fondo della platea porta la figura alta, dinoccolata, quasi puntuta nella fisionomia e avvolta nel nero degli abiti sotto un cappello che andrà via presto, a sedersi sui gradini di ribalta come apostrofo cromatico in contrasto al rosso del velluto che avvolge l’ambiente e segna una sorta di prologo della pièce. Inizia così già prima dell’apertura del sipario la versificazione in-credibile di una serie di collegamenti, di situazioni che all’assurdo, nella sua accezione scenica e concettuale più compiuta, devono giustificazione, necessità e forma drammaturgica. Il sogno, mirabolante anch’esso, è della performance il punto di partenza travalicato in una ricerca di interpretazioni che conducono sino a quei paradossi tematici tipici dello stile dell’autore.
Fra l’immaginifico come sfera eletta alla fuga dal reale e l’incongruenza sofistica di pensieri innestati su parole scardinate e riassemblate, si costruiscono la struttura intera e l’efficacia di un teatro fondato sulla presenza “assente” di Bergonzoni. Per ossimoro, il significato nasce nel controsenso, uncinato alle entità che per eccellenza son di esso portatrici, le parole: queste si insinuano fra i luoghi comuni, i modi di dire, le forme preconfezionate del linguaggio che riverbera la concezione diffusa; si trasformano alle pendici del fraintendimento, lungo la scala che segna il confine tra le acrobazie ludiche del comico e la sagacia di una visione sarcastica, sfumature simili ma non identiche che scompaginano la banalità di ogni compattazione lineare. Anche il corpo, le posizioni, i piegamenti, nello scuro della scena seguono la deriva fra i praticabili, nella delineazione dei momenti che, evitando il racconto, lo incontrano per elezione di fantasia o meglio fantasmagoria.
È il trionfo dell’idiozia eccellente, per nulla gratuita e tutta filosofica che permette all’ordinario di trovare asilo nel regno della singolarità e congiungersi così allo strapotere nobile e taumaturgico del riso.
Marianna Masselli
URGE
Scritto ed interpretato da Alessandro Bergonzoni
Regia: Alessandro Bergonzoni e Riccardo Rodolfi
Scene: Alessandro Bergonzoni
Ufficio Stampa: Licia Morandi
Assistenza impianti tecnici: Tema Service
Produzione: Allibito S.r.l.
Distribuzione: Progetti Dadaumpa