«Scritto nel modo corretto avevo paura che avrebbero storpiato la pronuncia, a me interessa la fonetica: Kopó». Nasceva quasi cento anni fa la sala di Jacques Copeau, il Théâtre du Vieux-Colombier, una di quelle minuscole utopie di inizio Novecento che contagiò come una felice malattia le successive generazioni del teatro francese, europeo e d’oltreoceano. Non ha paura a rifarsi a quel Maestro Francesca Epifani, giovane attrice, neanche trentenne, che ha avuto il coraggio e la follia di aprire un teatro nella periferia romana, zona Tuscolana. Lì dove prima c’era un autoricambi e dove ancora prima aveva tentato una sala slot. Al numero 47 di via Vestricio Spurinna è stato inaugurato il Teatro Kopó, un piccolo ma accogliente spazio che promette di farsi trampolino di lancio per i giovani talenti romani e non solo. E a dirla così sembrerebbe la solita favoletta, se non fosse che in questo caso il fatto accade in una zona periferica tra le più popolose della capitale, quella che fino a cinque o sei anni fa risplendeva delle vetrine dei propri negozi, floride attività commerciali che ora stentano a ritrovare i ritmi del passato e dove resistono, non senza problemi, solo quelle legate alla ristorazione, mentre non tardano ad arrivare le sale gioco e i fortunati negozietti di “fumo elettronico”. Insomma, specchio e laboratorio di quello che accade su larga scala in tutta la capitale al grido “se magna, se beve e se gioca (e se fuma pe’ finta)”.
Ma la cocciutaggine della neo direttrice artistica è evidente anche nell’intenzione etica: al Kopó non si paga l’affitto, si fa spettacolo al 70/30, ovvero 70% degli incassi alle compagnie e 30% al teatro, e forse è questo il dato più importante; Teatro Kopó rischia da subito, cosciente dei problemi che hanno già altri spazi gestiti con queste modalità, ma si affranca allo stesso tempo da quell’usanza ormai tipica della scena romana per la quale molti spazi teatrali sono trattati alla stregua di bed and breakfast. Congelando il giudizio sulla stagione, visto che delle 16 compagnie, programmate durante i fine settimana di fronte a una platea di 50 posti, ne conosciamo solo un paio, rimaniamo comunque colpiti dalla varietà di proposte e dalla giovane età degli artisti, provenienti anche da fuori Roma.
Avviso a tutti i colleghi giornalisti e operatori del settore: non snobbate il nuovo arrivato solo perché non è nato tra stucchi barocchi e bistrot radical chic, è a due passi dalla metro e non mancano le pizzerie a taglio.
Andrea Pocosgnich