Il teatro europeo nelle dimore sabaude. Con questo sottotitolo si presenta l’edizione 2013 di Teatro a Corte, festival diretto da Beppe Navello che si innerva fra Torino e la provincia seguendo le brevi rotte dell’ultima monarchia italiana: dalle sue notissime residenze cittadine alle case di villeggiatura, un tempo immaginate come “leggere” estensioni del concetto di giardino privato e ora rimaste come estesi parchi per la contemplazione estatica e – certe volte – per il teatro e la danza, un altro tipo di contemplazione, partecipata e vitale. Il teatro europeo, dunque, arriva oggi in Italia con minore possibilità di giro rispetto agli anni dell’ETI in cui maggiori erano le economie di importazione; questo è vero in città affaticate come Roma dove solo Romaeuropa Festival e Le Vie dei Festival provano a coprire l’assenza, in città invece rinnovate come Torino (ricca di Torinodanza e impoverita del festival Prospettiva, delle cui sorti poco si conosce), complice anche la prossimità fisica a contesti oltre le Alpi ma non solo per quello, l’attenzione si mantiene alta e grazie a simili esperienze il desiderio di confronto con realtà coeve e più lontane ha spesso la sua soddisfazione.
In attesa di una potenzialmente densissima Biennale di Venezia in questi giorni, Teatro a Corte compete nel suo ultimo weekend ospitando per la prima volta in Italia una compagnia inglese che ha nel nome una data: 1927, ma che di datato non ha nulla e porta sul palco dello storico Teatro Astra uno spettacolo dal titolo The animals and children took to the streets, innescando la sensazione – soprattutto per il risultato esplosivo in platea – di potersi permettere un respiro finalmente lungo, dopo tanti piccoli richiami d’asma. La formazione fondata e composta nel 2005 dalla scrittrice e performer Suzanne Andrade e dall’illustratore Paul Barritt, pone il suo obiettivo nella ricerca di un linguaggio nuovo e – a onore del vero – sembra che per una volta questa definizione non sia abusata, a vedere questo loro “magical filmic theatre”, dialogo delizioso fra scena teatrale e animazione video che si arricchisce (grazie alla presenza in scena della musicista Lillian Henley al piano e del costumista e performer Esme Appleton) con elementi di musical e teatro di figura, giungendo a un’offerta di teatro per ogni tipo di pubblico appagante e di forte impatto.
Un palazzo fatiscente in un quartiere degradato di una triste città. In questo contesto una serie di personaggi misurano il proprio desiderio di fuga e la ferma volontà di rimanere, timidamente sentono nel fondo di questa coltre ingrigita che si può ancora credere nelle relazioni umane, nonostante il clima di violenza. Red Harring Street, nel quartiere di Bayou, si fa allora terreno di una malandata rivolta di ferocissimi bambini che, più che con gli animali come animali, esplicitando il titolo “scendono in strada” contro i vecchi, portano cioè il loro disagio nella forma casuale e distruttiva che conoscono contro un potere identico nella forma ma che in questo modo, ignorandone le fattezze, stanno miseramente replicando.
In un clima da favola notturna ma ricca di risvolti acidi, che ha le sue forti parentele visive con il cinema di Tim Burton e la graphic novel e che stimola anche rimandi sensibili ad animazioni d’autore come il Persepolis di Marjane Satrapi e i “sogni” animati di Hayao Miyazaki, il portiere-scrittore del palazzo cerca di sollevarsi dal grigiore di cui è intriso, ne è parte nonostante il desiderio di lasciarselo alle spalle; la sua avvilita e vaga resistenza sembra riprendere vigore e riconoscersi in quella più stoica della giovane Agnes Eaves che – si veda nell’immagine e se ne pensi metafora – cerca riparo dalla pioggia sporca per il capo della sua figlioletta Evie.
1927 porta dunque in Italia uno spettacolo di grande ricchezza drammaturgica, crudele e poetico nei suoi contenuti, affascinante nella forma che accoglie la musica fino a inclinare la stessa drammaturgia inevitabilmente in un testo di canzone. In questa continua possibilità di respiro della parola, così come nell’impianto visivo che dispone della magia di relazione fra il gesto vero e l’azione immaginifica (un esempio, su tutti, è visibile quando l’attrice spazza la scena con una ramazza e la polvere si alza nello schermo), c’è l’idea di un teatro grandioso che non vuole confini ma sperimenta, gioca, esprimendo non stilizzazioni striminzite ma sentimenti, vivi e concreti, anche se proiettati nel fondale.
Ma se in teatro è appunto il teatro, totale, a rendere il contesto in scena, quando ci si sposta nei grandi giardini delle tenute di “corte” ci si trova di fronte a spettacoli specificatamente performativi, in cui è ciò che accade in scena a inserirsi in un contesto naturale di grande effetto. Attack in Racconigi della coreografa torinese Gabriella Cerritelli, nel Castello del paese omonimo, abita la grande sala d’ingresso con un lavoro intrigante ma acerbo sul rapporto tra il corpo e ciò che – idealmente e materialmente – lo stringe e lo veste; poco fuori, oltre la radura che apre verso il bosco, la finlandese Ilona Jantti di Ilmatila distende la sua tela di ragno fra gli alberi accompagnata da una musica di violoncello (di Stefania Riffero) lungo il suo Gangewifre e il francese Yoann Bourgeois misura La balance de Lévité sfidando e richiamando Newton nella sospensione della gravità su una macchina fissata in mezzo al prato (performer Marie Fonte). In entrambi i casi, tuttavia, se facilmente si apprezza la tensione fisica e il gran uso del corpo, a mancare è una tensione creativa che sviluppi in evoluzione alcuni tratti che pur la scena sembrerebbe suggerire.
Si va via, si torna a casa. Non prima di aver incontrato gli artisti nella elegante caffetteria del Palazzo Reale, in Piazza Castello a Torino, una città che in pochi mesi ha dato vita a eventi quasi antitetici come questo Teatro a Corte e il Torino Fringe Festival, nati probabilmente dalle più diverse origini ma legati da un’intenzione che vede ancora nel teatro e nella danza – nazionali o esteri – gli elementi cardine di una comunità. Mancherebbe soltanto qualcuno che dall’interno ne dia conto e ne segua le tappe, qualcuno che voglia contagiarsi della manifestazione di presenza e che voglia portare fuori dal luogo dell’evento ciò che esso è in grado di generare… ma se qualcosa manca, non è detto che non si possa innescare: dal 25 al 29 settembre, in un altro piccolo festival, in questa città torneremo per un laboratorio di critica teatrale e se qualcuno avesse voglia insieme a noi di dire, raccontare, prendere posizione… chissà che non nasca, nel tempo, una nuova redazione…
Simone Nebbia
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nella fotogallery gli scatti di Lorenzo Passoni
THE ANIMALS AND CHILDREN TOOK TO THE STREETS
ideazione 1927
scritto e diretto da Suzanne Andrade
film, animazione e design Paul Barritt
musiche Lillian Henley
costumi Sarah Munro, Esme Appleton
interpreti Sue Appleby, Lewis Barfoot, Eleanor Buchan
voce caretaker James Addie
produzione Joanna Crowley
commissionato da BAC, Malthouse Theatre, The Showroom (University of Chichester)
con il sostegno di Corn Exchange Newbury, The Arches & Manipulate Visual Theatre Festival