Cercate di non dimenticare, chiedono i danzatori. Sweet Mambo porta dentro di sé la leggerezza e la potenza del vento, irrompe sulla scena muovendo le lunghe tende bianche che dal traliccio scendono fino al fondo palco. Di quel vento imperante i danzatori, le loro storie e i loro movimenti hanno l’essenza effimera e la scia che rimane dopo il passaggio, dolcezza cullante e forza che scombina; per quanto fugace, la loro è una presenza che risuona, che prega d’esser ricordata: la loro è una danza della memoria contro la dimenticanza.
La poesia di questo spettacolo o, secondo il termine scelto dalla sua creatrice, di questo pezzo, porta davvero lontano. Pur essendo profondamente radicato a una realtà riconoscibilissima, esso è in grado di trasportare verso altri orizzonti, di non lasciare illeso il cuore di chi guarda, in un profluvio di emozioni – piacevoli o angoscianti che siano – che investe tanto l’esperto quanto il semplice spettatore. Prima di perderci nei suoi meandri però, forse sarebbero d’obbligo alcune precisazioni, in grado almeno in parte di rendere giustizia all’evento e riconoscenza all’operato.
Quattro anni dopo la scomparsa della propria coreografa e fondatrice Pina Bausch, il Tanztheater Wuppertal, storica compagnia tedesca che sconvolse e rivoluzionò l’intero universo della danza fin dai primissimi anni Settanta, continua a girare il mondo con un vastissimo repertorio, giungendo quest’anno in Italia con due importanti avvenimenti. La prima preziosa occasione si è da poco presentata al Teatro Petruzzelli di Bari con la replica di Sweet Mambo, penultima creazione del 2008 e inedita in Italia, grazie alla cura di Riccione Teatro; mentre da oggi 11 luglio e per i successivi tre giorni, il San Carlo di Napoli farà da scenario a un doppio evento celebrativo da non perdere: la messinscena del Sacre du Printemps di cui quest’anno ricorre il centenario e (sempre nella stessa serata) quello che forse è lo spettacolo più famoso della compagnia, l’unico in cui la Bausch stessa decise di danzare: Café Müller.
Costruito come di consuetudine per frammenti nati da improvvisazioni, Sweet Mambo vibra di luoghi e di temi presenti nel precedente Bamboo Blues – spettacolo del 2007 dedicato alla terra indiana – ma con alcune importanti differenze. Mettendo sempre più a nudo il processo di creazione, Bausch decide di sperimentare un’operazione che già nel montaggio era sua consuetudine: osservare come due spettacoli, partendo da basi simili, possano differire radicalmente in seguito al cambio dei danzatori. A testimonianza della ricchezza umana che contraddistingue la pratica alla base, le protagoniste (quasi tutte donne) sono le sue storiche danzatrici che, con l’ausilio di tre danzatori, mettono in scena con una dolcezza inquieta e melanconica l’evoluzione dei rapporti, in un’eterna ricerca e nel distanziamento dall’altro. Quelle stesse corde (toccate dalla melodia di René Aubry da cui il pezzo prende il titolo) si dispiegano nell’atmosfera da tiepida serata estiva, un luogo dove non c’è quasi mai solitudine, dove la capacità dei danzatori risiede proprio nel costruire mondi autentici in cui si riesce a percepire la presenza dell’altro anche nella sua assenza fisica. In questo mondo quasi assopito, in cui spesso sembra si danzi a occhi chiusi, può occorrere un temporale estivo, proiezione dell’animo di una disperazione interiore. Ma nessuna situazione è trascinata fino al suo epilogo: il montaggio di azioni interrotte rivela un ritmo serrato che ben alterna momenti comici ad altri sensuali, a drammatici eventi situazioni di gioco conviviale.
Contrariamente a quella foga tutta contemporanea del mostrare corpi, situazioni sentimenti in maniera iperrealisticamente eccessiva, negli spettacoli di Pina Bausch capita di provare la scossa emotiva più violenta da piccole azioni, piene di una poesia conturbante non perché volgare, ma perché intima, personalissima e universale allo stesso tempo. Delle danzatrici che in proscenio avanzano e timidamente ti chiedono di abbassare la zip del loro vestito, offrendo la nuda spalla con generosità quasi oscena, turba il loro sguardo, la dolcezza del tono. La schiena scoperta viene riempita di baci che ognuna riceve diversamente; non tanto per il piacere della differenza quanto per la scoperta di quella verità personali e nascoste e di cui tutto il teatro di Pina Bausch si è fatto portatore. La variazione che pure è presente all’interno delle sequenze, allora, non è più un virtuosismo, costituisce invece la decisiva messa a fuoco della spinta creativa. Se ne ha chiara l’idea nel confronto tra due scene identiche nella struttura ma che, nella diversità di piccoli dettagli, raggiungono corde diverse. Una corsa verso l’altro che chiama, un impedimento che puntualmente ritorna, braccia che braccano il movimento e un urlo: «lasciatemi andare!». Ma se nel primo caso i tuoni e il temporale conferiscono drammaticità, nel secondo un tavolo da cucina investe ripetutamente la danzatrice, che accoglie la reale sopraffazione – di cosa? Dei due uomini? Della violenza quotidiana? – e solo dopo, stremata, si getta in quella impossibile corsa verso il proprio nome, identità urlata il cui raggiungimento avverrà solo al buio, in platea.
Del vento e della sua fugacità, si diceva. Di vento ne è pieno lo spettacolo, che fin dall’inizio smuove le tende, reali o proiettate, gioca coi capelli, fa innalzare un enorme leggerissimo lenzuolo che danza assieme a una donna, minuscola e gigantesca allo stesso momento. Anche lei nel suo privato gioco, danza qualcosa di cui sembra di riconoscerne un senso, anche se mai pienamente afferrabile. Come se improvvisamente venisse alla luce il processo stesso della personalissima creazione dei frammenti, la danzatrice inizia a raccontare di tutte le parti del corpo che le ricordano i suoi famigliari. Ma la parola che ne traduce il senso in fondo non è che un pretesto, una chiave per poter godere appieno del movimento, per gioirne assieme e nel vento lasciarci cullare. Fuori dal teatro, un’ultima scia; insieme alle immagini è rimasto un po’ di vento anche qua.
Viviana Raciti
visto presso il Teatro Petruzzelli di Bari in Luglio 2013
Andres Neumann International present
in programmazione
SWEET MAMBO
Prima italiana
regia e coreografia Pina Bausch
scene e video Peter Pabst
costumi Marion Cito
musiche Barry Adamson, Mina Agossi, Rene Aubry, Mari Boine, Lisa Ekdahl, Brian Eno, Mecca Bodega,Jun Miyake, Hazmat Modine, Lucky Pierre, Portishead, Ryuichi Sakamoto, Hope Sandoval, Gustavo Santaolalla, Trygve Seim, Nina Simone, lan Simmonds, Tom Waits
danzatori Regina Advento, Andrey Berezin, Clémentine Deluy, Daphnis Kokkinos, Cristiana Morganti, Helena Pikon, Julie Shanahan, Julie Anne Stanzak, Michael Strecker, Aida Vainieri
Una produzione Tanztheater Wuppertal Pina Bausch
Inoltre la compagnia sarà a Napoli, ecco tutte le info:
dall’ 11 al 14 luglio 2013, Teatro di San Carlo
Andres Neumann International
presenta
TANZTHEATER WUPPERTAL PINA BAUSCH
CAFE’ MULLER
Un pezzo di Pina Bausch
Musica: Henry Purcell
Regia e Coreografia: Pina Bausch
Scene e Costumi: Rolf Borzik
Interpreti; Helena Pikon, Dominique Mercy, Barbara Kaufmann, Jean-Laurent Sasportes, Michael Strecker, Azusa Seyama/ Aida Vainieri
LA SAGRA DELLA PRIMAVERA (LE SACRE DU PRINTEMPS)
Un pezzo di Pina Bausch
Musica: Igor Stravinsky
Regia e Coreografia: Pina Bausch
Scene e Costumi: Rolf Borzik
Collaboratori: Marion Cito, Hans Pop
Interpreti: Pablo Aran Gimeno, Rainer Behr, Andrey Berezin, Damiano Ottavio Bigi, Wladislav Bondarenko, Luiza Braz Batista, Lea Burkart, Ching – Yu Chi, Aleš Čuček, Da Soul Chung, Ji-Hye Chung, Clémentine Deluy, Darwin Diaz, Cagdas Ermis, Silvia Farias Heredia, Mareike Franz, Chrystel Guillebeaud, Paul Hess, Ditta Miranda Jasjfi, Scott David Jennings, Daphnis Kokkinos, Kyungwoo Kwon, Thusnelda Mercy, Cristiana Morganti, Blanca Noguerol Ramirez, Jorge Puerta Armenta, Franko Schmidt, Azusa Seyama, Julian Stierle, Michael Strecker, Fernando Suels Mendoza, Tsai-Weii Tien, Anna Wehsarg, Paul White, Tsai-Chin Yu, Sergey Zhukov
Direttore Tecnico: Jörg Ramershoven
Direttore Luci: Fernando Jacon
Suono: Karsten Fischer
Direttore di Palcoscenico: Felicitas Willems
Tecnici di Palcoscenico: Dietrich Röder, Martin Winterscheidt
Guardaroba: Sylvia Franco, Andreas Maier
Direttore Organizzativo: Dirk Hesse
Assistene personale al Direttore Artistico: Robert Sturm
Assistente ai Direttori: Sabine Hesseling
Maestro di Ballo: Giorgia Maddamma
Terapista Shiatsu: Carlos Alberto Teixeira dos Santos
Spettacolo Stagione di Balletto 2012-2013
Teatro di San Carlo
Giovedì 11 luglio 2013, ore 21.00
Venerdì 12 luglio 2013, ore 21.00
Sabato 13 luglio 2013, ore 21.00
Domenica 14 luglio 2013, ore 17.00