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Romaeuropa ricorda il Sacre du Printemps

Flash mob (Répétition J-3) foto di Jean Philippe Raibaud
Flash mob (Répétition J-3) foto di Jean Philippe Raibaud

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Il 29 maggio 1913 le poltrone parigine dell’appena inaugurato Théâtre Des Champs-Elysées vennero abbandonate tra i clamori e il frastuono di una folla inorridita, inconsapevole di trovarsi di fronte a uno dei balletti più importanti di tutta la storia del Novecento, considerato un punto di non ritorno sotto diversi aspetti. Lo scandalo della prima del Sacre du Printemps fu tanto più risonante se si pensa che dietro questo “flop” gravitavano alcuni tra i nomi fondamentali della scena musicale e coreutica mondiale: Sergej Diaghilev, impresario e mecenate storico che diede vita al fenomeno dei Ballets Russes; Vaclav Nižinskij, danzatore eccellente e coreografo incompreso e naturalmente il compositore Igor Stravinskij.

A distanza di un secolo la situazione a Parigi è radicalmente rovesciata. Manifestazioni pubbliche, flash mob, messe in scena – tra le quali spicca anche l’esecuzione della ricostruzione originale agita dalla compagnia di Sasha Waltz – hanno invaso la tutta la città. A Roma le celebrazioni si sono diluite nell’arco di tutto l’anno, dalla riproposizione in forma di concerto all’Auditorium Parco della Musica alle rivisitazioni del balletto in chiave contemporanea come il Sacro della Primavera di Balletto Civile, arrivando proprio il 29 maggio 2013 a un evento promosso dalla Fondazione Romaeuropa. Inserito nell’avant programme della sezione del Festival dedicata ai giovani coreografi italiani, l’incontro di Waiting for DNA in occasione dell’anniversario del Sacre – svoltosi presso l’elegante spazio dell’Opificio Telecom Italia – si è aperto con la presentazione di un volume dedicato alla storia e ai miti cresciuti attorno ai Balletti Russi, di cui ci ha raccontato la complessa gestazione Patrizia Veroli, curatrice assieme a Gianfranco Vinay. Nel volume, prossimamente edito dall’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, non è presente solamente un’articolata ricostruzione storica della leggendaria compagnia che nel primo ventennio del secolo scorso dettò mode e rivoluzioni; interventi importanti e originali tentano di gettare luce su questioni fondamentali legate al presente, alla ricostruzione e trasmissione della danza e al fondamentale passaggio del contenuto artistico da un medium a un altro.

Il Sacro della Primavera. foto di Futura Tittaferrante
Il Sacro della Primavera. foto di Futura Tittaferrante

A pochi anni da quella prima disastrosa, la partitura musicale del Sacre conobbe i dovuti riconoscimenti, al punto che fino a oggi si contano più di duecento messe in scena a esso strettamente legate, ci racconta Ada D’Adamo in una seconda parte dell’incontro. Riprese fedeli e attualizzazioni trovano coerenza nella diversità: il sudore di corpi incrostati di terra nel lavoro di Pina Bausch o la polvere d’ossa mossa dai macchinari pensati da Romeo Castellucci. Qualsiasi messa in scena instaura un complesso dialogo con la musica scritta da Stravinskij: dalla versione per orchestra alla riduzione pianistica a quattro mani, nelle rivisitazioni jazz, pop, techno, dalle contaminazioni fino alla sua radicale negazione, chiunque abbia scelto di lavorare con il Sacre lo ha fatto trovando in queste sonorità sfida e conforto, dirompenza e capacità di aprire sempre nuovi orizzonti di significato.

Tale stratificazione di segni nell’immaginario e nella ricezione di questo mito lasciano oggi una fertilità vastissima, se è vero che durante la parte conclusiva della serata assistiamo a Sagra della Primavera Paura e delirio a Las Vegas, una performance di Cristina Rizzo, la quale sembra tradurre in pratica scenica quelle stesse questioni affrontate durante l’incontro. Una collaborazione del 2008 con il Balletto della Toscana la vedeva già coreografa di una versione del Sacre, esperimento tutto al maschile: più che una riflessione sulle tematiche note, una «personale immersione nell’universo sonoro». Anche in questo assolo la Rizzo sceglie di lavorare sul suono, approfondendone l’aspetto percettivo e sfidando l’abituale suggestione che la compresenza spaziale tra chi osserva e chi agisce debba necessariamente riflettersi nella condivisione di ogni altro tipo di spazio, visivo o sonoro. Prima che inizi lo spettacolo ci vengono consegnate delle cuffie da indossare. Una riproduzione della versione orchestrale del Sacre lascia spazio a piccole intrusioni – un temporale, le note di una chitarra hawaiiana, parole indistinte – leggere distorsioni che un orecchio attento può riconoscere come sfumature non appartenenti all’originale eppure perfettamente omogeneizzate.

Cristina Rizzo. foto www.fabbricaeuropa.net
Cristina Rizzo. foto di Irene Franchi

I movimenti della danzatrice, che con la musica dialogano anche per contrasto, poco sembrano ricordare le tematiche del balletto, anche se, come per la musica, è possibile intravedere connessioni, quasi un rituale svuotato in cui la gestualità acquista nuovi possibili significati, nella mollezza di un gesto non risolto o in un braccio a cui sembra esser negato il movimento. La danza si sviluppa in scena ma il suo reale compimento avviene singolarmente, diverso nella ricezione, nell’elaborazione di ognuno, quando scopriamo che ciò che stiamo ascoltando non sono gli stessi suoni emessi dai piccoli auricolari della danzatrice. Eppure questa rivelazione non è solamente un effetto a sorpresa. Alla fine dei quaranta minuti, quando le nostre cuffie hanno smesso di riprodurre e il respiro diviene ritmo portante delle sue ondulazioni, sentiamo ovattata una melodia alquanto diversa. Nello scarto prodotto si risolve, vincendola, la sfida a quell’idea di visione, di assorbimento passivo degli elementi scenici, ponendo semplici ma fondamentali domande: «Che cosa vedo quando ascolto, che cosa ascolto quando vedo?».

Viviana Raciti

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WAITING FOR DNA
Il Sacre du printemps compie cent’anni

Presentazione del volume I Balletti Russi di Diaghilev tra storia e mito.
A cura di Patrizia Veroli e Gianfranco Vinay
Incontro Ancora un altro “Sacre”. Riscritture contemporanee di un classico del Novecento
Con Ada D’Adamo
Performance La Sagra della Primavera Paura e delirio a Las Vegas
concept, coreografia, elaborazione sonora: Cristina Rizzo
danza: Cristina Rizzo
musica: Igor Fedorovic Stravinskij
registrazione eseguita da The Cleveland Orchestra diretta da Pierre Boulez (1992)
disegno luci: Carlo Cerri
produzione: CAB008
residenze creative: Summer Residencies Bruxelles, Teatro Era Pontedera, I Macelli Certaldo, Fondazione Nazionale della Danza Aterballetto, PimOFF
collaborazione tecnica: TerniFestival

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Viviana Raciti
Viviana Raciti
Viviana Raciti è studiosa e critica di arti performative. Dopo la laurea magistrale in Sapienza, consegue il Ph.D presso l'Università di Roma Tor Vergata sull'archivio di Franco Scaldati, ora da lei ordinato presso la Fondazione G. Cinismo di Venezia. Fa parte del comitato scientifico nuovoteatromadeinitaly.com ed è tra i curatori del Laterale Film Festival. Ha pubblicato saggi per Alma DL, Mimesi, Solfanelli, Titivillus, è cocuratrice per Masilio assieme a V. Valentini delle opere per il teatro di Scaldati. Dal 2012 è membro della rivista Teatro e Critica, scrivendo di danza e teatro, curando inoltre laboratori di visione in collaborazione con Festival e università. Dal 2021 è docente di Discipline Audiovisive presso la scuola secondaria di II grado.

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