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Ex cathedra: le Palladium Lectures di Alessandro Baricco

fotogramma da video.repubblica.it

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La nuova stagione del Palladium si avverte già dal piazzale appena fuori: un rumorio più acceso, automobili in cerca di parcheggio, le luci elettriche sembrano più vive a battagliare con quelle mobili che seguono le telecamere svicolanti nel foyer. Romaeuropa zampilla a far sì che tutto sia pronto, il pubblico – non quello solito della comunità teatrale – riceve e firma la liberatoria per la ripresa video che renderà possibile lo streaming sul sito Repubblica.it, platea e galleria si riempiono pian piano in attesa della prima delle quattro Palladium Lectures di Alessandro Baricco, affermato intellettuale dei nostri giorni che ha deciso di guardarsi indietro dal 2013 e rintracciare nel recente passato alcuni nodi della storia occidentale.

Una musica di moda lo accoglie, Baricco siede e inizia la sua lezione, che per il primo giorno sarà Sul gusto, prendendo come titolo nome e cognome della modella britannica Kate Moss. Il suo obiettivo è monitorare nell’evoluzione culturale quel punto della storia che definisce “lo strappo”, ossia quel momento particolare in cui accade l’avvenimento esplosivo in grado di sovvertire l’ordine costituito, tradire il noto per l’ignoto, dichiarare nell’innovazione l’urgenza palpitante del mondo contemporaneo. Tre i punti nodali che Baricco individua, tre esempi fra tanti: grazie al video innesca il discorso con una breve storia del salto in alto, ossia dal salto ventrale alla rivoluzione di Dick Fosbury alla fine degli anni Sessanta; poi si cala a cavallo fra gli anni Ottanta e Novanta quando l’avvento dell’esangue Kate Moss bambina ha convertito il glamour patinato alla rappresentazione cerea di uno sfatto quotidiano; infine grazie all’audio torna indietro al 1950, anno in cui inizia alla Scala la rivalità tra la diva Renata Tebaldi e la graffiante Maria Callas, capace di imporre nel canto lirico caratteristiche prima inammissibili. Baricco dunque interroga tre momenti storici per trarne indicazioni universali, indaga da ultimo fra tanti il concetto di crisi prendendo in esame il ’68 delle grandi rivoluzioni ideali, l’89-’91 che pone fine al Secolo breve di Eric J. Hobsbawm, il ’50 che fu spartiacque della ricostruzione post bellica. Un’indagine già svolta, pertanto, la sua. Svolta altrove e, forse, già digerita.

Baricco è stato tra i primi a cogliere un dato fondamentale di questo trentennio: dalla trasmissione televisiva Pickwick alla tournée dei reading di Totem con Roberto Tarasco e Gabriele Vacis, Baricco ha compreso che la cultura spettacolo non ha bisogno di approfondire, affondare la materia, basta riportare il già noto con garbo e quella leziosità che fa passare ogni concetto nel filtro del proprio io in mostra. Ma proprio qui si incaglia la sua lezione: ascoltandolo raccontare si è incapaci di toglierlo di mezzo e dedicarsi alla materia. Baricco arriva a definire che questi momenti di “strappo” sono in direzione del «più vero». Poi cerca di spingersi più in profondità e contraddire l’affermazione già di per sé vittima di un eccessivo manicheismo, ma non ce la fa e si rende confuso, giungendo a dire che non ci sono risposte, ma bisogna «vivere nello spazio della domanda». Troppo poco. Troppo elusivo. E troppo facile togliere di mezzo Kate Moss e i secoli brevi per comprendere come, nel confutare l’assunto, Baricco abbia confutato sé stesso: inadatto al vero, graffiante e corrosivo intervento sulla realtà di molteplici risposte tutte fallimentari ma vitali, Baricco giustifica il proprio intero operato teorizzando come unica risposta l’assenza di risposte, rinchiuse nella basculante evasività della domanda. Lo “strappo” non è cosa che lo riguardi.

Ex cathedra. È questa la locuzione che dal latino la Chiesa Cattolica ha fatto propria per definire l’infallibilità papale. Le parole “ex cathedra” del Papa sono quelle del dogma. Senza possibilità di smentita. Ora, non è certo questo che viene in mente al solo entrare in sala e trovare una cattedra a centro scena con il pubblico seduto sulle sedie ai lati, come dalle gradinate del foro romano si acclamava l’orazione nel comitium, certo che no, ma pian piano la sensazione si fa largo. Impossibile fermarla. Tutto perché al suo arrivo l’atteso oratore, sedendosi appena dietro la cattedra, frappone un elemento fin troppo visibile da interpretare perché non sia chiaro il segno delle lezioni che andrà a consegnare al suo pubblico. Baricco illustra indicando immagini ma stenta a crearle, quindi non ha coscienza del teatro, rifiutando il suo assunto basilare che ogni elemento scenico di quella scena è responsabile: come chiunque è attratto dalla fascinazione, Baricco è attratto da sé stesso e dimentica di essere lui, in quel momento, il teatro. Molto più chiare, oggi, le sue ormai celebri parole sull’argomento, quel tentativo di “strappo” in un articolo su La Repubblica del febbraio 2009: il suo attacco al pubblico perché foraggiasse il privato, lo spostamento dei finanziamenti culturali ai teatri su scuola e televisione, dove innescare una nuova alfabetizzazione. Baricco ha condotto una lezione in un luogo, trattandolo da non luogo. È venuto in teatro, ma pensando di fare televisione.

Simone Nebbia

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17 – 19 gennaio 2013

Teatro Palladium [cartellone]

Roma

anche in webstreaming su repubblica.it

PALLADIUM LECTURES

di e con Alessandro Baricco

Regia e allestimento di Roberto Tarasco

Redazione artistica: Raffaele Riba

Segreteria organizzativa: Emanuela Faiazza

Riprese video: Lorenzo Letizia

Produzione: Scuola Holden

In collaborazione con Fondazione Romaeuropa

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