Stoccolma. Dal 15 al 20 agosto 2012, la capitale svedese ha ospitato la nona conferenza di Women Playwright International, associazione internazionale che, come orgogliosamente sottolineato dalla neo-presidente Marcia Jhonson, “senza una sede fissa, un ufficio, un conto corrente e grazie soltanto al volontariato delle socie”, dal 1983 si occupa di monitorare, incentivare, promuovere e diffondere la drammaturgia scritta da donne, organizzando ogni tre anni una conferenza che ha lo scopo di far incontrare, conoscere e contaminare drammaturghe e operatrici teatrali di tutto il mondo attraverso una fitta serie di incontri, dibattiti, letture di testi, lezioni, laboratori e spettacoli.
I prodromi dell’associazione risalgono al 1983, quando l’attrice e drammaturga statunitense Kathleen Betsko Yale lesse sul New York Times una recensione dello spettacolo Top Girls firmata dallo scrittore e critico teatrale Walter Kerr, il quale metteva in dubbio le credenziali femministe dell’autrice, l’inglese Caryl Churchill, etichettando il suo dramma come spietato e irriguardoso nei confronti delle donne. Poco dopo, il cinico Glengarry Glan Ross di David Mamet si aggiudicò il Premio Pulitzer. La sproporzione tra i metri di giudizio applicati alle due opere suscitò l’indignazione di Betsko Yale la quale, assieme ad altre colleghe, tra cui la drammaturga e docente universitaria Anna Kay France, decise di iniziare a diffondere testi teatrali scritti da donne in un ambito più vasto; nacque così l’idea di istituire Women Playwright International, un luogo in cui le drammaturghe potessero incontrarsi, sostenersi, incoraggiarsi vicendevolmente e promuovere il proprio lavoro. La prima conferenza si tenne nel 1988 a Buffalo, e da allora, una volta ogni tre anni, le socie si sono riunite in un punto diverso del pianeta: Toronto, Adelaide, Galway, Atene, Manila, Giacarta, Mumbai e, lo scorso agosto, a Stoccolma, in Svezia.
La sede scelta per le cinque intensissime giornate è il Södra Teatern, un elegante edificio di sette piani sulla collina di Södermalm, che ospita un lussuoso teatro con palco all’italiana di circa quattrocento posti, un’ampia sala con platea a gradoni e palco rialzato, uno spazio polifunzionale allestito con praticabili, fondale e quinte nere e infine un magnifico bar dalla cui terrazza si gode la vista più spettacolare di Stoccolma, che abbraccia l’intera città partendo dal vecchio borgo di Gamla Stan fino alla distesa sconfinata di Djurgården. La struttura è gestita da Riksteatern, ovvero il National Touring Theatre di Svezia, ospite della conferenza insieme al Al Madina Theatre (Libano) e all’ Al-Harah Theatre (Palestina). Il programma è organizzato in modo intelligente e razionale, ed è talmente fitto e variegato da imporre alle duecentosessanta partecipanti scelte e rinunce. Seminari, conferenze e laboratori si svolgono di mattina, spettacoli e performance di sera. Il pomeriggio è interamente dedicato alle letture degli ottantotto testi scelti dal comitato di lettura dell’associazione, che ha lavorato nei due anni precedenti per selezionare il meglio della drammaturgia femminile mondiale e presentarla in questa sede. Il tema di quest’anno, che dà anche il titolo al convegno, è The Democratic Stage (La scena democratica). A ogni testo è concessa mezz’ora, durante la quale una moderatrice introduce brevemente la drammaturga, prima che i diligenti e generosi attori scandinavi (appositamente ingaggiati per l’iniziativa), leggano un estratto dall’opera di circa un quarto d’ora. Segue uno spazio di cinque minuti in cui il pubblico può porre delle domande all’autrice, ricevere risposte e fare osservazioni, per poi scorrere in tutta fretta il programma e decidere tra mille dubbi in quale sala spostarsi, quale lettura prediligere, in quale paese e universo dell’immaginazione perdersi per i successivi trenta minuti.
Al convegno sono presenti delegate da cinque continenti e cinquanta Paesi diversi; il Medio Oriente è ben rappresentato con partecipanti provenienti da Egitto, Turchia, Afghanistan, Libano, Palestina, Kurdistan e Giordania. Oltre a loro, drammaturghe e operatrici teatrali provenienti da ogni angolo del pianeta: India, Africa, Europa, Australia, Indonesia, Nuova Zelanda, Giappone, Stati Uniti, Cina, Cuba, Argentina, Russia, Canada. Tra le europee, spicca la totale assenza delle francesi, delle tedesche e delle greche, nonché la sparuta presenza delle italiane.