Arrivando al Teatro Valle il cielo è feroce sopra Roma, neanche dovesse piangere cenere. La pioggia vera l’avrebbe lasciata cadere il giorno dopo mentre in Emilia la terra si apprestava a inghiottire altri morti. Per l’attentato di Brindisi il Campidoglio ha deciso di annullare la Notte dei musei in segno di lutto, quando invece scuole e musei andrebbero abitati e vissuti proprio in momenti come questi, ennesima prova che le istituzioni continuano a pensare alla cultura come forma di intrattenimento, come prodotto per turisti e non come momento aggregativo di una comunità. D’altronde i turisti sanno poco e niente di quello che è successo, proprio a pochi metri dal Valle Corso Vittorio Emanuele è animato dal solito viavai, da qui a poche ore ragazzi di mezza Europa saranno già ubriachi, come sempre ebbri di una giovinezza fugace.
Davanti all’ingresso del teatro occupato il pubblico attende di entrare, A sud di nessun nord, rassegna organizzata da L’Arsenale non si ferma. Ci si mette in fila verso la sottoscrizione libera, da dietro un banchetto spunta fuori una voce, sorridendo «nessuno vuole diventare socio della fondazione?». Qualcuno forse credeva di esser venuto a un centro sociale, sta per entrare in platea con la sigaretta accesa, prontamente gliela fanno spegnere: «Siamo in teatro!». Giusto il tempo di guardarmi attorno per accorgermi che non ci sono solo giovani, ma anzi anche un paio di signore, forse abbonate della precedente gestione Eti; in platea si chiedono che spettacolo stiano per vedere, poi si ricordano, «è danza». Uno degli occupanti legge il comunicato congiunto (con Macao, Cinema Palazzo, Coppola e Garibaldi, La Balena) di condanna dell’attentato di Brindisi. Silenzio, applauso.
La penultima serata che il Valle dedica agli artisti siciliani comincia con Angelo per Cristiano, uno spettacolo di cinque anni fa ispirato al lavoro della fotografa Francesca Woodman, protagoniste Alessandra Luberti e Simona Malato, nel quale la danza febbrile e a tratti meditativa della prima – anche autrice – si unisce all’espressività teatrale della seconda. Una in abito floreale, l’altra vestita di un nero pronto ad aprirsi sul décolleté per mostrare una nudità improvvisa. Si cercano, si abbracciano, si fotografano. Un’estrema varietà musicale (dall’elettronica al rock) accompagna i momenti danzanti e performativi, ma la precisione del gesto è sacrificata a favore dell’espressività, e i silenzi non sempre si riempiono con la presenza dei corpi. Da ricordare comunque un finale con un certo slancio ironico e visivo nel quale Luberti stesa in terra diventa tavola imbandita di pietanze mentre il corpo nudo della partner si colora anch’esso di frutta fresca.
Una breve intervista alle artiste, nella quale viene spiegata la genesi del lavoro e il filo rosso con le foto della Woodman, fa da intermezzo prima della preparazione della seconda serata, ma c’è ancora qualche minuto di tempo, mentre il palco viene allestito con gli strumenti della Banda A(r)mata Arsenale e la platea definitivamente occupata in ogni posto. Ci intrattiene Cristiano Nocera, lavoratore e occupante del Teatro Coppola. La sua è una lettura appassionata e complice di un testo (di cui è anche autore) scritto all’indomani dell’occupazione dello spazio catanese. Rivive la storia ottocentesca del teatro, i fasti lirici, poi la chiusura e la riapertura avvenuta a opera dei cittadini, fino alla Seconda guerra mondiale che ne decreta nuovamente la chiusura. Un excursus vivace ed emozionate, un fuori programma prezioso e inaspettato.
Poi le luci di sala si spengono ancora, spazio e silenzio sono tutti per la voce di Cesare Basile, le liriche di De André iniziano da subito a prendere posto nell’antico teatro. Alle canzoni fanno da contrappunto la recitazione di Marco Sciotto (più una breve incursione di Nocera) e i video realizzati ad hoc. Ognuno ad assolvere la propria funzione in un disegno più complesso che dal celebre album del poeta ligure prende il titolo, Storia di un impiegato. Questo lo spirito che muove la Banda, multiforme dispositivo animato da videomaker, musicisti e attori. Due le serie di inserti proiettati: nella prima due uomini di cui non vediamo mai il volto si interrogano sugli accadimenti, altri due lasciano intendere essere uomini dello Stato, parlano di forme di tortura, della necessità della risposta armata e violenta; poi la freddezza dei numeri, una sorta di telegiornale, forse creato in modo un po’ ingenuo e alla buona, snocciola i dati degli anni di piombo.
Sciotto interpreta in prima persona la storia di un brigatista, dalla costituzione nel nucleo armato alla cattura e alla carcerazione. I testi intrecciati a partire da ritagli giornalistici, dagli scritti di Micciacorta ben si legano alla forma canzone nonostante il rischio, sempre imminente, di un atteggiamento patetico. Le canzoni scandiscono la narrazione creando un mood a metà strada tra il teatro-canzone e la scena civile, o di inchiesta. Le suggestioni si intrecciano, il rischio di mitizzare la figura del bombarolo è dietro l’angolo, ma tra le ultime parole dell’idealista ci sono anche quelle per esprimere la dissoluzione di un sogno: «La lotta armata è stata sconfitta ora comincia la lotta per sopravvivere al carcere e alla nostra coscienza». Naturalmente non c’è – e non può esserci – soluzione, non è compito del teatro fornirla. Non basta neanche l’iniezione di ottimismo che precede la chiusura del sipario: la libertà di cui si parla, e che dalle ceneri degli anni di piombo dovrebbe rinascere, è una chimera ormai posticcia. In questi giorni il cinema, con modalità totalmente differenti, si interroga su temi contigui nel film di Steve McQueen Hunger: esiste un confine oltre il quale l’uomo rischia di lasciarsi alle spalle la propria umanità a favore di un ideale? Quella linea è la lotta armata?
Fuori dal Valle il grigio del cielo se l’è inghiottito la notte, intorno tutto sembra immobile in un eterno e vacuo movimento, non c’è lutto o interrogativo che tenga. Noi tutti ci teniamo ben lontani da quel confine invalicabile.
Andrea Pocosgnich
19 maggio 2012
Teatro Valle Occupato [A sud di nessun nord – programma]
Roma
Angelo per Cristiano
di Alessandra Luberti
con Alessandra luberti e Simona malato
Storia di un impiegato
la riscrittura in forma teatro-canzone dell’album di De Andrè
di e con Banda Amata Arsenale
Con
Marco Sciotto (Compagnia Gesticolando)
Anna Bellia (Compagnia Gesticolando)
Melissa Botto (Compagnia Gesticolando)
Cristiano Nocera (Lavoro Nero Teatro)
Emiliano Cinquerrui
Arrangiamenti e live
Cesare Basile, chitarra acustica e voce
Carlo Natoli (Gentless3), lap steel guitar, mandola, banjo, chitarra elettrica, backing vocals
Massimo Ferrarotto (Feldmann), percussioni
Tazio Iacobacci (Tellaro/Pola), percussioni, banjo
Anna Balestrieri (Black Eyed Dog), synth, cigar box guitar, diamonica, chitarra elettrica
Marcello Caudullo (Zuma), basso, armonica, chitarra elettrica
Video Giovanni Tomaselli (Orwell Comunicazione)
Scenografie Valeria Cariglia