HomeArticoliMoby Dick di Rockwell Kent: alla fine dell'origine le Apparizioni

Moby Dick di Rockwell Kent: alla fine dell’origine le Apparizioni

foto di Maurizio Evangelisti

Alla fine di ogni visione, di ogni sogno manifesto, in fondo al buco nero delle coscienze che hanno perduto i margini e si sono vocate all’infinito, dietro i paraventi dell’esistenza vigile, oltre il pensiero e i cardini che lo consegnano alla comprensione, alla fine di tutto e al suo principio. E pure, così a fondo dentro di noi. È questo il luogo di Moby Dick, la balena bianca che dalla penna di Herman Melville prese le linee e ingrandì la forma a misurare i sogni umani, gli spettri degli orizzonti senza confini, l’estensione dello sguardo oltre l’iride degli occhi. La balena è la macchia bianca nella parte nera di ogni anima, l’isola non trovata e per questo agognata, immaginata e per poco afferrata, ricordata e tratteggiata dalla memoria: è questa la balena delle illustrazioni realizzate da Rockwell Kent nel 1930, in bianco e nero, «la mappa della costruzione del viaggio», la definisce nelle note Fabrizio Pallara, regista del Teatro delle Apparizioni che ne ha appena curato una tenue, evocativa messa in scena, in anteprima al Teatro Palladium di Roma per ZTL_pro e che replicherà nella settimana Valle dei Ragazzi, curata dallo stesso Pallara al Valle Occupato.

Moby Dick di Rockwell Kent, è questo il titolo per esteso dello spettacolo. La visione di una visione, che può dunque prendere forma soltanto per chi ha nel nome la parola Apparizioni: la compagnia fondata da Fabrizio Pallara nel 1999, che ha scelto di dedicare con passione e sapienza la propria ricerca al teatro ragazzi, pone la sua sperimentazione su un piano sensoriale, oggi declinata nella relazione con un pubblico particolarmente incline all’attrazione dell’esperienza, ragazzi nell’età in cui maggiore è la disposizione a credere nel teatro, miracolosamente, senza sapere cosa sia.

foto di Maurizio Evangelisti

Lo statunitense Rockwell Kent, suo il nome esotico e affascinante che si allinea al classico di Melville, era agli inizi del secolo Novecento un illustratore ed esploratore di rotte lontane e sconosciute, quindi esattamente due declinazioni dello stesso spirito che si misura con quello che non c’è, a renderlo visibile: un’apparizione, quella che Kent ebbe della balena, così come la disegnò quando decise di misurarsi con l’ignoto di un’opera che conteneva una storia e insieme un viaggio. Questo deve aver pensato quando decise di partire per un naufragio annunciato, dal quale tornerà però proprio con le 295 illustrazioni di Moby Dick. La vide, nessun dubbio, la vide.

La regia che ne cura Fabrizio Pallara sceglie la qualità visiva di un manto, avvolge la scena come un velo su quel pensiero fisso, immobilizza gli spettatori in circolo attorno, come fossero nella balena alla ricerca della balena; forte è il carico immaginifico che Simone Memè e Antonio Giannantonio ai suoni e Paolo La Manna alle scene riescono a generare, al punto di farsi cellula visiva in cui la visione affiora e scompare, afferrata e subito contraffatta per gli occhi di quell’Ismaele (accogliente e poetico Dario Garofalo) che solo alla fine conosceremo, ribaltando il romanzo che con il suo nome comincia. Ma non è proprio questa la storia di un viaggio verso l’ignoto? Non è proprio l’inizio ad essere già una fine? Ismaele lo dice chiaramente, a un certo punto: «tornato “da” dove ero partito», in quella preposizione stilisticamente cedevole è una maestosa presenza dell’uomo nell’esistenza naturale, il suo spirito di attraversamento che insieme vela e svela, misurando sé stesso nell’invisibile, la consistenza delle apparizioni.

Simone Nebbia

Visto a Roma al Teatro Palladium [cartellone] Roma – maggio 2012

MOBY DICK di Rockwell Kent
dagli 11 anni
spettacolo per massimo 90 spettatori
da Herman Melville
adattamento Dario Garofalo/Fabrizio Pallara
regia e scene Fabrizio Pallara
con Dario Garofalo
immagini Simone Memè
suoni Antonio Giannantonio
realizzazione scene Paolo La Manna
organizzazione Sara Ferrari

produzione teatro delle apparizioni, ZTL_pro
con il contributo di Provincia di Roma, Assessorato alle Politiche Culturali
con la collaborazione di Fondazione Romaeuropa e Teatro di Roma
con il contributo di MAZZILLI SRL e con la collaborazione di Area06

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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