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Stagione 2012 – 2013 Teatro Gobetti (Stabile di Torino)

STAGIONE 2012/2013 TEATRO GOBETTI DI TORINO

15 – 18 novembre 2012

ABBASTANZA SBRONZO DA DIRE TI AMO? [recensione] di Caryl Churchill
con Carlo Cecchi, Tommaso Ragno
PRODOTTO
di Mark Ravenhill
con Carlo Cecchi, Barbara Ronchi
regia Carlo Cecchi
Teatro Stabile delle Marche

Carlo Cecchi è tra gli attori più noti e carismatici della scena italiana: l’indimenticabile Renato Caccioppoli di Morte
di un matematico napoletano (1992, regia Mario Martone) è ora interprete d’eccezione di questi due testi contemporanei inglesi. Abbastanza sbronzo da dire ti amo? di Caryl Churchill è una commedia che tratta del rapporto fra “the country” e “a man”, ossia tra Stati Uniti e un individuo europeo. Fra i due nasce e si sviluppa un rapporto d’amore omosessuale. Con il procedere della vicenda amorosa e delle prodezze “storiche” della coppia, il turbine dell’entusiasmo geopolitico-etico-erotico tra i due amanti ha drammatici sviluppi. Caryl Churchill, inglese, nata nel 1938, è considerata uno dei più grandi drammaturghi viventi. In Prodotto di Mark Ravenhill, un regista cinematografico racconta a una star il film che intende realizzare: la storia che racconta è una di quelle ridicole fiction che l’industria hollywoodiana pretende di far passare come nuovi miti moderni, ma a sorpresa l’oggetto d’amore è un islamico, seppure bello e prestante. Si apre per l’eroina un conflitto civico-amoroso, ma attraverso crisi strazianti, dove ritornano più o meno tutti i luoghi comuni dell’immaginario consumistico occidentale, la protagonista arriverà a un’apoteosi che la trasfigurerà. Autore, attore e regista, Mark Ravenhill (1966) è considerato il miglior drammaturgo della sua generazione.

27 novembre – 2 dicembre 2012

RODAGGIO MATRIMONIALE
di Tennessee Williams
con Jurij Ferrini
e cast in via di definizione
regia Jurij Ferrini
Progetto U.R.T. – Compagnia Jurij Ferrini

Jurij Ferrini torna a Tennessee Williams dopo il successo dell’allestimento de Lo zoo di vetro. Commedia inedita e mai
rappresentata in Europa, Rodaggio matrimoniale (titolo originale: Period of Adjustment) è stato oggetto di una trasposizione cinematografica nel 1962, diretta da George Roy Hill e interpretata da Anthony Franciosa e da una giovanissima Jane Fonda. Due coppie manifestano i propri disagi matrimoniali: i due giovani sembrano schiacciati dal timore di un futuro incerto, e incapaci di avere fiducia l’uno nell’altro; i due sposi più maturi sono in conflitto sulle modalità di educazione del figlio. Questo testo, estremamente divertente e per molti versi fuori dalle righe della tradizionale drammaturgica di Williams, è una delicata celebrazione dei sentimenti. «Ho conosciuto quest’opera e un altro inedito di Williams, Le eccentricità di un usignolo – scrive il regista ed inteprete Jurij Ferrini – grazie a Flavia Tolnay, storica agente teatrale e rappresentante italiana degli eredi di Tennessee Williams. Flavia è scomparsa nell’agosto scorso. Penso che questa messinscena possa in qualche modo essere un tributo alla sua memoria e al suo impegno per promuovere la cultura del teatro d’arte».
4 – 9 dicembre 2012 | prima nazionale

DOPPIO INGANNO
una commedia perduta di William Shakespeare
con Luca Di Prospero, Barbara Mazzi, Maddalena Monti
e cast in via di definizione
Primo spettatore Bruce Myers
regia Marco Lorenzi
Il Mulino di Amleto/L’ Albero Teatro Canzone
in collaborazione con Teatro Marenco di Ceva
progetto realizzato con il contributo della Città di Torino, della Provincia di Torino,
con il sostegno del Sistema Teatro Torino e Provincia
in collaborazione con Fondazione del Teatro Stabile di Torino e con Fondazione Circuito Teatrale del Piemonte

Il Mulino di Amleto è una compagnia che nasce nel 2009 per iniziativa di un gruppo di giovani attori diplomati presso
la Scuola del Teatro Stabile di Torino. Per questo spettacolo hanno scelto di affrontare una sfida ambiziosissima:
mettere in scena Doppio inganno, la “commedia perduta di William Shakespeare” e ispirata a un episodio del Don
Chisciotte di Cervantes. Allestita solo due volte nel 1613 al Globe Theatre, viene creduta distrutta nell’incendio che
devasta la sala. Un primo manoscritto ricompare nel 1727, ma è solo nell’ottobre del 2010 che il direttore della
Royal Shakespeare Company annuncia il ritrovamento delle ricevute di pagamento per l’iscrizione dell’opera
nello Stationers’ Register, ovvero l’albo degli antichi stampatori di Londra. Alla definitiva attribuzione a William
Shakespeare segue la prima messinscena ufficiale del dramma da parte della Royal Shakespeare Company di Double
Falshood – a lost play by William Shakespeare a Stratford on Avon, nell’estate del 2011. Mettere in scena questo “giallo”
letterario, scrive la compagnia, è come « fare un tuffo in un mondo in cui l’avventura, il viaggio senza mèta e la
ricerca di sé, la passione e l’ironia sono all’ordine del giorno».

11 – 16 dicembre 2012

EDIPO RE
tratto dall’Edipo Re di Sofocle
drammaturgia e regia Marco Isidori
con Marco Isidori, Lauretta Dal Cin, Maria Luisa Abate, Paolo Oricco,
Stefano Re, Valentina Battistone, Virginia Mossi
scenario e costumi Daniela Dal Cin
Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa
con il sostegno del Sistema Teatro Torino

I Marcido tornano per la seconda stagione consecutiva sul palcoscenico del Teatro Gobetti con il loro Edipo Re, un Edipo “salato Marcido” per la regia di Marco Isidori e le scene e i costumi di Daniela Dal Cin, un allestimento prodotto
insieme al Teatro Stabile di Torino. «Abbiamo sempre affrontato il Teatro come fosse una fortezza da espugnare –
scrive l’Isidori – per scaricarla dei suoi beni e mettere “in pubblico” l’eventuale tesoro nascosto; una ricchezza che
non sappiamo né computare, né precisamente sappiamo in cosa consista, ma della quale siamo avidi. Sentiamo con
forte sentimento che la sostanza emozionale di un tal genere di bottino, fornisce all’uomo una carta d’identità che
non scade mai. Il documento vivente che dimostra appieno quanto dalla terribile e meravigliosa parentela umana
non si possa proprio scappare, questo documento base, ce lo stampa soltanto, e in esclusiva per ora, la macchina in
moto dell’arte teatrale. Non ci sono alternative! L’universo sensazionale che la scena compone nei nostri cervelli,
niente ha il potere di suscitarlo con altrettanta significativa intensità linguistica. L’antichità del Teatro garantisce
l’assoluta modernità del Teatro. L’approccio interpretativo alla testualità dell’Edipo, tutta così fittamente tramata,
nonostante sia l’incarnazione della più pura linearità drammatica, è complicato da infinite contraddizioni e talvolta
ci si smarrisce nella folla dei segnali con cui il Poeta ha modellato il corso dell’azione».
18 – 23 dicembre 2012 | prima assoluta

ADMURUSE
di e con Alessandra Patrucco e Lorena Senestro
su testi e canzoni della tradizione popolare piemontese con brani tratti da Cesare Pavese
regia Massimo Betti Merlin
Teatro della Caduta in collaborazione con Cal Gras (Alberg de Cultura – Barcelona) e L’imaginaire (Musiques d’idées –
Strasbourg) – realizzato con il sostegno della Regione Piemonte
progetto realizzato con il contributo della Città di Torino, della Provincia di Torino,
con il sostegno del Sistema Teatro Torino e Provincia

Fondato da Lorena Senestro e Massimo Betti Merlin, Il Teatro della Caduta si è imposto come un autentico fenomeno
teatrale. La compagnia ha saputo mettersi in luce con un progetto artistico capace di esprimere qualità performativa e
rigore stilistico. Dopo il recente successo al Teatro Gobetti di Madama Bovary, che segue l’altrettanto acclamato Leopardi Shock, il nuovo spettacolo, intitolato Admurèse, è uno sguardo che indaga la prosa poetica di Cesare Pavese, nostalgico ma lieve, condotto attraverso la lente del femminile. Un gioco teatrale e musicale dove la parola poetica e le cadenze del dialetto diventano vocalità, musica, recitazione; le logiche e i suoni della cultura piemontese sono trasfigurati in un orizzonte più vasto, poetico e musicale, che accomuna le parlate popolari non solo della nostra regione. All’origine del lavoro c’è anche l’incontro tra Lorena Senestro e la cantante e compositrice Alessandra Patrucco, che nelle proprie incisioni coniuga dialetto piemontese e sonorità internazionali.

8 – 13 gennaio 2013

GUERRA
di Lars Norèn
con Manrico Gammarota e Antonella Attili
e con Pietro Faiella, Cristina Spina, Ornella Lorenzano
regia Marinella Anaclerio
Compagnia del Sole con il sostegno produttivo di Mittelfest 2011 e Comune di Bari

Guerra si svolge in una qualche landa offesa da un violento conflitto. In un ipotetico dopoguerra una famiglia cerca di
sopravvivere in un precario equilibrio. Madre e due ragazzine, padre soldato che non dà notizie da due anni: la madre
si è messa con il cognato; la figlia maggiore si prostituisce con i soldati delle forze di pace per mantenere i famigliari;
la figlia più piccola, nonostante gli orrori che la circondano, riesce a mantenere viva la fiamma della speranza. Ma
il ritorno del padre, sanguigno e violento nonostante la cecità che ha guadagnato negli anni di conflitto, rimette
in discussione ogni cosa. Come un animale entrato in un territorio sconosciuto, l’uomo non può più far parte del
gruppo. Drammaturgo tra i più rappresentati in Europa, lo svedese Lars Norèn è autore di più di cinquanta testi
teatrali e, dal 2009, è il direttore artistico del Folkteatern di Gothenburg, in Svezia. Le sue opere sono caratterizzate da
un crudo realismo, che mette in luce distorte relazioni famigliari, a loro volta espressioni di una società impoverita
nei principi e nelle aspirazioni. Diretto da Marinella Anaclerio, Guerra è stato tra gli eventi del XX Mittelfest, rassegna che da diversi anni ha superato la prima istanza di spazio per autori e interpreti della Mitteleuropa, allargando i propri confini tematici e artistici verso il Nord del Continente.

15 – 20 gennaio 2013

ANTIGONE
ovvero una strategia del rito
da Sofocle
progetto e elaborazione drammaturgica di Elena Bucci e Marco Sgrosso
con Elena Bucci, Marco Sgrosso, Daniela Alfonso, Maurizio Cardillo, Nicoletta Fabbri
Filippo Pagotto, Gabriele Paolocà
regia Elena Bucci con la collaborazione di Marco Sgrosso
CTB – Teatro Stabile di Brescia in collaborazione con Le Belle Bandiere e con il sostegno del Comune di Russi

Elena Bucci è una centaura in giacca di pelle nera, un’Antigone già morta, che rivive la propria storia, ricompie il
proprio olocausto, appartata, estatica, invasata, come le donne isteriche di Charcot. Elena Bucci e Marco Sgrosso
hanno creato la compagnia Le Belle Bandiere nel 1992, dopo aver lavorato nel nucleo storico del Teatro di Leo dal 1985
al 2001. Si sono imposti da tempo sulle scene per la rilettura dei classici in chiave contemporanea, attraverso l’utilizzo
di un linguaggio teatrale vicino alla sensibilità del nostro tempo: «E ritroviamo in Antigone – scrivono gli artisti –
quella stessa motivazione “necessaria” che ha spinto autori come Anouilh e Brecht a riscrivere il mito adattandolo
alla propria epoca, l’eterno conflitto tra legge ed etica e tra pietà e necessità. In epoche tiepide e cariche di paura, ci
appare salutare riflettere su temi come questi. Il teatro resta uno dei pochi riti collettivi attraverso i quali la comunità
si ritrova a sentire e a pensare insieme, e a vivere sollecitazioni non soltanto intellettuali ma anche fisiche. E
attraverso la celebrazione di questo rito si può raggiungere quella “catarsi”, che cambia forma e senso a seconda del
pubblico, del tempo, del luogo».

 

22 – 27 gennaio 2013

LEI DUNQUE CAPIRA’…
di Claudio Magris
con Daniela Giovanetti
regia Antonio Calenda
Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia

Claudio Magris ripercorre il mito di Orfeo che scende nell’Ade in cerca della sua Euridice. È lei che decide di farsi guardare per non tornare a contatto con la banalità, con l’inutile ricerca di un senso, dopo aver compreso che nell’aldilà c’è uno specchio deformante a rendere la verità inaccessibile. È lei che lo fa uomo diventando donna nelle sue mani. Ripercorre le fasi salienti della nascita, crescita e affermazione del suo compagno poeta che mette in versi i pensieri della sua ispiratrice. È lei che veicola il suo trasporto e indica la direzione al suo astratto poetare. Lei dunque capirà… è la storia di Orfeo. O meglio, è uno dei possibili modi in cui si potrebbe raccontare oggi il mito del giovane poeta che scende negli inferi per recuperare la sua amata e che, forse per troppo amore, si volta a guardarla prima del tempo, contravvenendo alle promesse. Ma in questa messinscena del mito non c’è nulla. Non ci sono gli inferi, non c’è nemmeno Orfeo: è solo una donna dietro la porta di un ambiente scarno e cupo, che racconta una storia. La sensibilità, la dolorosa dolcezza e l’appassionata determinazione di Daniela Giovanetti, diretta da Antonio Calenda, disegnano una moderna Euridice, testimone di un amore il cui eco si ripete oltre il tempo.

29 gennaio – 3 febbraio 2013

LEONILDE, STORIA ECCEZIONALE DI DONNA NORMALE
di Sergio Claudio Perroni
con Michela Cescon
regia Roberto Andò
Teatro Stabile di Catania

«Sono cresciuta in fretta, io. Neanche il tempo di essere ragazza, ed ero già donna. Cresciuta in fretta, troppo in fretta.
“Come tutte le belle figliole”, diceva mio padre. Ma in realtà la bellezza non c’entrava. C’entrava la fame. La fame fa
crescere in fretta. Belli e brutti, figliole e figlioli. Se non li ammazza prima».
Ha inizio così Leonilde un testo dedicato alla vita e al pensiero di Nilde Iotti, donna la cui storia personale testimonia
buona parte della storia italiana contemporanea. Scritto da Sergio Claudio Perroni e diretto da Roberto Andò, Leonilde
vede nei panni della Iotti una profonda Michela Cescon, attrice nota al grande pubblico sia in ambito teatrale sia
cinematografico, recentemante insignita del David di Donatello per Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana
«Leonilde – scrive Roberto Andò – è soprattutto la storia di una donna determinata, tenace che, per quasi vent’anni,
è stata la compagna “scomoda” di Palmiro Togliatti; una grande donna che, in un’Italia ancora troppo bigotta per
accettare la sua relazione con un uomo sposato, antepone i sentimenti alla ragione e difende coraggiosamente il
valore delle proprie scelte». Con la vita di Nilde Iotti si ripercorrono i temi centrali della nostra contemporaneità:
dal Fascismo alla Seconda Guerra Mondiale, dalla Resistenza alla nascita della Repubblica, dalla Costituzione alla
conquista dei diritti delle donne.

12 – 17 febbraio 2013

UN AMORE DI SWANN
di Marcel Proust
drammaturgia di Sandro Lombardi
con Sandro Lombardi, Elena Ghiaurov, Iaia Forte
regia di Federico Tiezzi
Compagnia Sandro Lombardi

Federico Tiezzi dirige il suo nuovo spettacolo a partire da uno dei più grandi autori dell’Ottocento: Marcel Proust. Parte
essenziale del primo volume di Alla ricerca del tempo perduto, Un amore di Swann è un romanzo nel romanzo e pare pensato dal suo autore anche come “dramma” di grande, tragicomica teatralità. Inizialmente non inserito nel piano originale della Recherche, è un episodio estraneo, il racconto in terza persona di un’avventura passata, e serve a introdurre il personaggio di Charles Swann, alter ego del protagonista, suo modello in tutto il romanzo. Proust descrive la storia di un tormento, di un amore che diventa ossessione, malattia, rovina: una vicenda di passione, gelosia, tradimenti nella Parigi della mondanità di fine Ottocento. La passione che divora Swann è il tema di questo spettacolo: amore come gelosia, tradimento, ansia, angoscia, solitudine. Ma anche gioia di possesso, condivisione, forza sensuale… Ritratto di una società in via di disfacimento e analisi accorata ma anche spietata dei moti dell’animo e delle leggi dell’amore, Un amore di Swann offre la possibilità di una drammaturgia asciutta e tagliente, spumeggiante di toni comici e drammatici, dolenti e ferocemente ironici.

5 – 24 marzo 2013 | prima nazionale

SHAKESPEARE/HAMLET
versione italiana e regia Valter Malosti
cast in via di definizione
sound designer Gup Alcaro
costumi Federica Genovesi
light designer Francesco Dell’Elba
cura del movimento Alessio Maria Romano
Fondazione del Teatro Stabile di Torino/Teatro di Dioniso
con il sostegno del Sistema Teatro Torino

Scrive Testori a proposito dell’Amleto: «La grandezza dell’Amleto è tutta in questo rompersi della dimensione formale
che si lascia trapassare e fa spazio all’urlo profetico che l’opera propriamente contiene ed esprime. Lo stile traballa per
permettere che la tensione di quella chiamata e richiesta così totale arrivi a farsi pronuncia, o almeno balbettio. La vera
struttura dell’Amleto è la totalità con cui ripropone il cuore del problema umano, è quella suprema domanda sul senso
dell’esistere. Questa domanda, poi, nell’Amleto di Shakespeare non è posta in termini astratti o sfuggenti, ma è urlata
dentro il rapporto tra padre e figlio che è luogo realistico, carnale e umano».
«Con questo nuovo spettacolo – dichiara Valter Malosti – sale a quattro il numero delle rivisitazioni, degli assalti, degli
“imbastardimenti, degli strozzamenti” come direbbe Testori, che ho tentato su e anche contro questo testo. Padre e
figlio: ecco il nuovo impulso da cui ripartire, il centro scentrato della nuova ricerca; una scelta certamente non nata da
un processo intellettuale, ma da una sfida fisica e quasi carnale. In scena con me ci sarà un nucleo di giovani attori in
gran parte diplomati in quest’ultimo triennio della Scuola per attori del Teatro Stabile di Torino, terza tappa del cantiere
shakespeariano dopo Sogno e Lucrezia».

2 – 7 aprile 2013

E’ STATO COSI’
di Natalia Ginzburg
con Sabrina Impacciatore
regia Valerio Binasco
Francesco Pisani/Parmaconcerti/Teatro della Tosse/Infinito srl

Sensibile, drammatico, schietto: tale è il romanzo di Natalia Ginzburg È stato così, che Valerio Binasco mette in scena
proponendo un intenso ritratto di donna. L’inizio è brutale: uno sparo, la fine di una vita e l’inizio di una confessione
drammatica, un percorso a ritroso nella memoria, per trovare le tracce di un gesto inevitabile. Lei, giovane insegnante
accetta di sposare Alberto, seppure sappia del suo amore per Giovanna, a sua volta sposata e madre, con la quale da
anni intrattiene una relazione. Il fallimento familiare appare evidente da subito: un crescendo di illusione e tormento,
di indolenza e tradimento, che non viene sanato neppure dalla nascita di una figlia, la cui prematura scomparsa
romperà definitivamente gli equilibri e trascinerà la protagonista verso un gesto estremo. Storia di amore, egoismo e
solitudine, che trova in Sabrina Impacciatore un’interprete dalla grande forza espressiva. «Finalmente un personaggio
sfaccettato – spiega l’attrice -, di quelli che sogni di incontrare almeno una volta nella tua carriera. Una donna alla
ricerca di un assoluto, impaurita da un grande vuoto d’amore e che si sente inadeguata rispetto alla vita. È una
sognatrice che purtroppo s’innamora dell’uomo sbagliato».

16 – 21 aprile 2013

SOLITUDINE
uno spettacolo dal teatro di Beppe Fenoglio
adattamento drammaturgico Filippo Taricco, Beppe Rosso
con Beppe Rosso
regia Leo Muscato, Beppe Rosso
A.C.T.I. Teatri Indipendenti
realizzato con il sostegno della Fondazione Ferrero di Alba
e con la collaborazione del Teatro Sociale “G. Busca” di Alba
con il sostegno del Sistema Teatro Torino

A cinquant’anni dalla morte di Beppe Fenoglio, Beppe Rosso torna alle atmosfere ostinate e inospitali della Langa e
del suo principale cantore, con l’elaborazione dell’atto unico Solitudine, pubblicato sulla “Gazzetta del Popolo” di Torino il 10 febbraio del 1963, otto giorni prima della morte dell’autore. Il dramma narra la vicenda di Sceriffo, un partigiano che, incapace di sopportare la solitudine dello sbandamento, decide di andare a fare visita ad una donna, nella cui casa troverà la morte. Lo spettacolo porta alla luce e intreccia quelle scene e quei frammenti del teatro “partigiano” che permettono di intravedere lo scheletro d’insieme di quest’ultimo lavoro incompiuto. Sullo spazio della scena il “partigiano” cessa di essere un eroe epico: la sua condizione diventa problematica, il disagio si fa concreto ed
esistenziale. Un dramma che a tratti mostra la perdita delle coordinate morali e le ambiguità dei comportamenti.
Pur nella tensione verso la “giusta causa” la scena si popola di personaggi mitici, tragici, sarcastici, irrisolti nelle loro
contraddizioni, inconciliabili con il mondo ma tremendamente umani. Il titolo Solitudine è illuminante: la solitudine
condivisa da tutti i protagonisti non è astratta, e prima che esistenziale, si mostra nella sua dimensione storica.
30 aprile – 5 maggio 2013

QUANDO NINA SIMONE HA SMESSO DI CANTARE
di Darina Al Joundi
con la complicità di Mohamed Kacimi
con Valentina Lodovini
regia Giorgio Gallione
Teatro dell’Archivolto/Circolo dei Lettori di Torino

Darina irrompe nella stanza in cui viene vegliata la salma del padre, toglie la cassetta del Corano e al suo posto mette
Save me di Nina Simone: questo il gesto da cui ha inizio Quando Nina Simone ha smesso di cantare. Darina è una donna
giovane e bella, ma troppo libera in una Beirut tormentata dalla guerra, dove essere donne non è facile ed essere libere
è un sogno oppure una condanna. Assim era suo padre, un intellettuale laico in esilio, innamorato del jazz e della
bella vita, che insegnava alla figlia il piacere del buon vino, l’amore per la letteratura e a essere libera e ribelle. Libera
dalle regole, dalle tradizioni, dalle religioni e dagli uomini. Ma a Beirut è l’inferno. Bombardamenti, massacri, fame,
isolamento e l’unica legge è quella delle armi. Darina sperimenta tutto fino in fondo ma dopo la morte del padre
viene rinchiusa dalla famiglia in manicomio, dove l’unico modo per sopravvivere è fingersi pazza e scrivere su fogli
immaginari la propria storia. Quando Nina Simone ha smesso di cantare è un testo teatrale, poi divenuto romanzo, scritto a quattro mani da Darina Al Joundi e Mohamed Kacimi, successo editoriale e teatrale in Francia, rivelazione al festival di Avignone nel 2007 e pubblicato in Italia da Einaudi nel 2009. Protagonista nei panni di Darina in questo allestimento del Teatro dell’Archivolto, Valentina Lodovini, diretta da Giorgio Gallione.

7 – 12 maggio 2013

ANNA CAPPELLI, UNO STUDIO
di Annibale Ruccello
con Maria Paiato
regia Pierpaolo Sepe
Fondazione Salerno Contemporanea/Teatro Stabile di Innovazione

Monologo per attrice, ultimo testo che Annibale Rucello ha scritto per il teatro prima della sua improvvisa morte
nel 1986, Anna Cappelli ha qui il volto di Maria Paiato, la cui capacità camaleontica di virare bruscamente voce e toni
dona alla protagonista del lavoro insperati quanto affascinanti risvolti noir. Ed è proprio a partire da questi risvolti
che il regista Pierpaolo Sepe costruisce una tensione hitchcockiana durante tutto il monologo, sfruttando appieno
le magnifiche doti di una delle più esperte attrici del teatro italiano. Paiato – premio UBU 2005 per Maria Zanella –
restituisce morbosamente, attraverso le espressioni del viso, le movenze e la voce, l’esperienza interiore del suo
personaggio, il suo desiderio di possesso che confluisce nella disperazione del gesto finale. Ruccello ha saputo non solo
delineare un piccolo ma prezioso raccoglitore di figurine femminili sul limite della follia o dello sdoppiamento della
personalità, quanto anticipare l’imminente decomposizione della struttura sociale italiana, e in particolar modo delle
sue donne terribili, professoresse o impiegate pubbliche, la cui quotidianità affonda in un perversione omicida da cui
non escono né come sante, né come mostri, ma come modelli deviati del presente.

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