È davvero difficile quantificare i meriti di questo grande spettacolo. Sui binari celestialmente oliati della scrittura di Bennett (abilmente tradotta da Salvatore Cabras e Maggie Rose) viaggia a grande velocità un’ironia consapevole e scaltra, che come sempre si permette prodezze linguistiche e soprattutto semantiche davvero sorprendenti per destrezza e acume, andando a giocare (nel senso più letterale del termine) a colpi di citazioni con temi fondanti come l’educazione, l’insegnamento, la deriva di una società sorretta da «pilastri di cui non sa che farsene», l’ambizione dell’uomo come animale sociale sempre sul punto di lasciar da parte l’anima selvaggia e acciambellarsi al caldo di una poltrona di sicurezze borghesi. O semplicemente umane. E se a far da tenace metallo conduttore sembrano essere sessualità, omosessualità e costume, presto ci si accorge che anche queste non sono che maschere e che la parola chiave è nella parola del titolo: history.
[tratto da The History Boys. La civiltà dell’essere e la civiltà del fare di Sergio Lo Gatto]
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Fotografie di Futura Tittaferrante- ©tutti i diritti riservati
Fotografato al Teatro Alighieri (Ravenna)
16-18 marzo 2012