Midsummer. La notte più breve dell’anno. Si possono fare follie e non sentirne il peso, si ha la sensazione che tutto sia possibile, che gli incontri fra gli uomini continuino a potersi dire ancora determinanti nonostante tutto e che davvero la vita si possa cambiare. Change is possible. Così recita un display di un parcheggio, in questa commedia di David Greig portata in scena dal Teatro dei Borgia, con regia di Gianpiero Borgia per Manuela Mandracchia e Christian Di Domenico: così recita e bisognerà anche crederci, come fingono di non fare i protagonisti di quest’avventura, ma che invece fin dal principio sono coscienti, da qualche parte del loro pensiero, che ci stanno andando incontro.
Interno casa, moduli a quadrati di mobili Ikea, un divano coperto da un telo bianco, due schermi a diverse dimensioni ma con la stessa immagine, qualche oggetto sperduto per una casa vuota di troppe cose, di troppe suturazioni di sentimento, attorno è un cielo azzurro tappezzato da tante bianche nuvole serene, scariche di pioggia, un cielo clemente sui tetti delle case, la città di sotto, bagnata da un sole che alle nuvole passa attraverso. Questo è il percorso dello spettacolo: due piogge concentriche che danno vita a un sole comune. L’incontro fra i due protagonisti è infatti una fuga canalizzata confluita nella solitudine opposta e pure uguale dell’altro: Helena alle prese con la paura di restare sola per tutta la vita, Bob intriso delle scelte fatte finora, certo dell’impossibilità di assolverle, per entrambi la vita non basta, è un giro nel vuoto che non produce altro da nuovi errori, per entrambi l’incontro suggerisce che un’altra via c’è in qualche posto e che solo un senso di sospensione, quel desiderio di leggerezza, è capace di raggiungere.
Il testo è godibile – sognante e per questo concreto – e riafferma la drammaturgia anglosassone (scozzese, di Edimburgo, in questo caso) come la produzione europea di testi più affilata e rappresentativa della realtà; una commedia – da titolo – con canzoni, composte da Gordon McIntyre e suonate dal vivo da Francesco Santalucia, divertenti e ricche, con accenti musical che ne denunciano una necessità espressiva. La regia di Borgia è piuttosto estroversa e sceglie un racconto, sul continuo andirivieni di un filo, che gli attori fanno virare di volta in volta dai personaggi ai narratori interni; elemento che caratterizza l’uso registico è la proiezione nello schermo: si susseguono immagini continuamente velate di pioggia, ma in territori sempre meno inospitali, in cui proprio loro si stanno cercando, ospitando nelle loro vite una possibilità di condivisione per una vita altra. I due attori si fanno portare da questa variazione ironica da “tutto in una notte”, una commedia che nella traduzione di Masolino D’Amico è forse meno graffiante ma offre ad entrambi di attraversare i due personaggi con leggerezza, garantendo soprattutto a Manuela Mandracchia un risultato davvero convincente.
Resta un’immagine più delle altre, quella pioggia fuori da una finestra ridotta nello schermo tv, la sospesa duplicità di un esterno fatto interno, così è un po’ anche questo spettacolo racconto di uomini che s’incontrano fuori e cercano con disperato timore dei sentimenti di restarci, ma la disposizione ad amarsi li spinge a fare – di quell’incontro – uno spazio interno, caloroso, familiare. Pioggia fuori, dunque, ma fino alla prima giornata di sole, quando potrà anche venire pioggia, ma non la sentiremo bagnare più.
Simone Nebbia
Visto il 31 gennaio 2012, in scena fino al 5 febbraio 2012
al Teatro Piccolo Eliseo [vai alla stagione 2011-2012]
MIDSUMMER – Commedia con canzoni
Teatro dei Borgia
Testo: David Greig
Traduzione: Masolino D’Amico
Regia: Gianpiero Borgia
Con: Manuela Mandracchia, Christian Di Domenico
Musiche: Gordon Mc Intyre
Esecuzione: Francesco Santalucia
Un resoconto che riesce ad essere poesia é un bel dono. Grazie;)
Grazie a te Chiara, a volte sono gli occhi a fare belle le parole e i tuoi evidentemente… 🙂
Mandracchia è brava e canta bene, il suo partner Di Domenico se la cava con fatica, ma il testo è veramente “miserello”, e si limita ad affastellare un po’ di melensaggini e luoghi comuni sull’amore, con qualche idea e con grande abilità ma scarsa profondità. Gli espedienti registici sono a volte stucchevoli (uno su tutti, la finta conferenza con il coinvolgimento del pubblico ed i bigliettini con le domande passate ai malcapitati dei posti di canale) e, nel complesso, si ha la sensazione che, forse, tanta energia e qualità sarebbero degne di miglior causa.