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28 [Twenty Eight] – CleanCorner al battesimo del Forte Fanfulla

C’è un’immagine che ricorderò con precisione della prima volta al nuovo Forte Fanfulla: per entrare c’è la fila ma anche freddo, così si entra lo stesso nel “salotto” e ci si disperde tra una birra e un po’ di chiacchiere, invece in un angolo, in un consesso di divani rivolti l’uno verso l’altro come fossero in dialogo, un gruppo di ragazze si dedica all’antica pratica dell’uncinetto; un collega incuriosito si avvicina, domanda qualcosa, io scelgo di tenermi l’immagine così com’è, di non indagare l’incanto per conservarlo, mi dico che forse questo filo storico e popolare lega insieme le persone e i luoghi, lo intesse oggi per l’epoca che succede. Rigorosamente con due ferri intrecciati dalle curve delle mani. La prima volta, la prima della rassegna Parabole fra i sanpietrini e la prima compagnia che si esibisce nel nuovo spazio grattato nelle cave anguste della città di Roma.

Nello spazio così bene allestito in pochissimi giorni (vista una settimana prima sembrava un magazzino, con una parete verde acceso tra le altre nere), si prepara questo spettacolo dal titolo 28 [Twenty Eight], della compagnia milanese Collettivo CleanCorner. La sala ora è tutta nera, il verde non c’è più, ma in compenso lo spazio è ben delineato e ricorda tante di quelle sale “off” che ci hanno chiuso davanti, ma altre come appunto questa riaprono e si augura loro sorte migliore. Gruppo milanese, questi CleanCorner, e tanto già basta a incuriosire per la difficoltà odierna di vedere gruppi di fuori in questa città (li vediamo a La Riunione di Condominio, in qualche centro sociale e poco altro), così ci si siede in questo buio gentile con buone inclinazioni all’esperienza, cosa non così comune a dire il vero da quando anche la fruizione delle arti è entrata nelle categorie del consumo rapido a bassa assimilazione. Lo spettacolo è tecnicamente una performance basculante tra la danza e il teatro gestuale, una performer in scena (Annamaria Ajmone, che con Ilaria Tanini cura l’intero progetto) e il desiderio di affrontare il tema della femminilità al cospetto della cadenza ciclica cui essa si lega, i ventotto giorni che separano il continuo tracciato di costrizione e liberazione: il ciclo mestruale.

Il suo corpo è in scena, punta dritto sullo spazio di fronte mostrandovi la sua inquieta vitalità: prova tante maglie, con tante scritte sempre più audaci, tante sé stessa che non riesce ad essere se non superficialmente, nella danza apparentemente liberata dall’imposizione di ciò che è ciclico. Gli accenni gestuali virano verso il grottesco e simpatici sono alcuni momenti (come la classificazione dei medicinali in voice over, dal più debole al più forte, così come le opportune controindicazioni estremizzate), la parte danzata appare invece più sporca e in attesa di revisione, per questo è anche meno incisiva e offre meno appigli alla percezione, che diviene dunque più sfilacciata. Migliore è la parte allo specchio che la deforma ma insieme la consegna a un’esistenza finalmente certa, desiderosa di viverla e stavolta sì, liberata davvero. Post spettacolo (e a chiuderlo) c’è però una coda, una canzone scritta dal musicista Marcello Gori che avrebbe dovuto interpretarla ma, assente, lascia l’incombenza alla performer che la suona alla chitarra: parla di ciclo mestruale, di reazioni femminili e il solito banale, reiterato tentativo di simpatizzarlo con giochi di parole affannati e forzati; esecuzione a parte, la canzone, in totale assenza di necessità, è tecnicamente di basso profilo e spinge lo spettacolo in un territorio che non merita di comicità triviale e mal dosata, lasciando come imbarazzati per una gaffe altrui, una battuta fuori luogo. Eppure paiono divertirsi, le due CleanCorner. Concluso lo spettacolo, ne resta infine una certa debolezza complessiva, in cui il tema è soltanto accennato e lungo una traccia non così esplosiva, ma una buona dose di energia non manca a questa compagnia che sarà opportuno rivedere in territori più impegnativi, di proposta ma anche, perché no, di richiesta di attenzione.

Simone Nebbia

Visto al Forte Fanfulla il 26 gennaio 2012

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28 [TWENTY EIGHT]
un progetto di: Annamaria Ajmone e Chiara Tanini
coreografia: Annamaria Ajmone e Chiara Tanini
interprete: Annamaria Ajmone
musiche e suono: Marcello Gori
disrgno luci: Matteo Cavenaghi

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

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