Come nel film Heaven Can Wait di Warren Beatty e Buck Henry, Emiliano Reggente, attore-autore e protagonista dello spettacolo One man shock, che ieri sera ha riempito di un pubblico attento e partecipativo la sala più grande del Teatro dell’Orologio, si ritrova improvvisamente catapultato nella “stazione di transito” in seguito a incidente stradale – la macchina su cui viaggiava era di cartapesta! L’incidente mortale, lungi dal presentarsi come una lugubre occasione di rimpianto di una vita non goduta fino in fondo, apre le porte ad una rilettura in chiave ironica del proprio passato – a tratti tragico – e si fa momento catartico che permette al giovane protagonista di lanciarsi in un nuovo inizio con la consapevolezza che la leggerezza è tra gli ingredienti più importanti di un’esistenza serena – anche se tra le nuvole!
Le competenze attoriali di Emiliano Reggente, che approda al teatro dagli studi cinematografici, coinvolgono corpo e voce in una personale tecnica interpretativa in grado di mescolare insieme le pratiche del mimo con quelle della danza, la narrazione con l’interpretazione classica. Della stessa capacità metamorfica beneficia il testo, che scivola con piacevole leggerezza da un discorso intelligentemente comico a uno meta-teatrale fino a tentare l’affondo intellettuale, a tratti brevi non rischiando mai di risultare naïf.
Su di una scena elegantemente costruita, con le pareti coperte di carta bianca che somiglia a chiffon stropicciato, riproducente l’ambiente celestiale, Reggente costruisce uno spettacolo che nasce dal sapiente collage di pezzi d’attore uniti a formare un puzzle dal disegno nitido, legato da un contesto narrativo abbastanza ampio da poter accogliere il pezzo mimico a ritmo di musica classica quanto il monologo comico e il dialogo tragico/amoroso.
Una comicità che nasce dall’osservazione dei contenuti del reale e delle occasioni della vita è completata da una capacità immaginativa che crea immagini fantastiche e affettuose, come i migliori amici di pongo o la casa di lego che il padre costruisce per il figlio e la famiglia, per sopperire al vuoto dell’indigenza che affligge la famiglia. E il protagonista che viaggia nel giardino di casa su di una macchina di cartapesta, una mamma che lo veste da cappuccetto rosso ché il mondo fuori è pericoloso, mentre lui ricorda con terrore il periodo dell’adolescenza (quell’odore da cavallo che faceva scappare la bella Viola). Un’aria malinconica si mescola alla vena ironica dando vita a uno spettacolo che stimola il sorriso oltre a una sicura risata.
Ad accompagnare il viaggio del protagonista a ritroso nella memoria della propria vita, dall’infanzia alla giovinezza, è una figura femminile, sensuale e non angelicata come il contesto paradisiaco vorrebbe: la danzatrice Eveline Facchini che, se inizialmente riveste un ruolo di contorno, svolgendo l’intervallo danzato tra un monologo e l’altro senza alcuna funzione narrativa, nella seconda parte partecipa a duetti mimici con il protagonista. Il suo desiderio vitale o l’immagine di una sua ex-storia, il personaggio della ragazza conserva una qualità retorica, rimane attaccata ad uno stereotipo (la danzatrice sensuale, la ragazza che si strugge per amore), mancante di capacità mimica e mimetica resta schiacciata su una superficie unidimensionale. Forse a causa del ruolo riservatole, ancella del protagonista, la donna resta una figura incompleta che rende più fiacco lo spettacolo.
Comicità intelligente, spettacolo piacevole, pubblico partecipe e attore commosso. Un’eccezione nel suo genere.
Chiara Pirri
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in scena 13 – 15 gennaio 2011
Teatro Orologio
One Man Shock
di Emiliano Reggente
regia Emiliano Reggente
con Emiliano Reggente ed Evelin Facchini
musiche originali dei Madreperla