C’è quel momento che non ne puoi più, in cui il rutilante meccanismo che ti porta a teatro ogni giorno, ogni sera, non ti rappresenta più e sta diventando un’abitudine inguaribile, si sta creando quel velo di inappartenenza al coinvolgimento richiesto dall’opera; c’è quel momento, ma ce n’è anche un altro in cui riannodi l’esperienza al lavoro che su di essa svolgi, in cui pensavi di sfuggire al teatro per ritrovarlo e – forse proprio per questo – gli stai andando incontro. Tutto questo nello spettacolo performance ideato da Enrique Vargas per il Centro Teatro Ateneo de La Sapienza Università di Roma, dal titolo emblematico Punti di vista. Il modo migliore per incontrarsi è perdersi, realizzato in rapporto con lo spazio della percezione sensibile, guidati da attori ipovedenti (in parte) in un percorso che, da titolo, procede verso di sé.
Un percorso, si diceva. Per uno spettatore alla volta. La cosa che maggiormente caratterizza la performance è proprio la sequenza degli eventi, dall’accoglienza all’affiancamento, una sorta di ballo prolungato in cui i corpi non si distaccano mai, una bolla di compresenza che si riesce a creare per totale dedizione, condiscendenza all’esperienza emozionale. Prendono per mano, non soltanto tecnicamente: prende per mano il loro respiro, la loro utilità nel buio moltiplicata, la sensazione di non aver capito nulla dalla vita finché terremo così basse le nostre percezioni; dopo pochi metri si avverte la cecità, la propria, mentre chi è di fianco sembra avere tutto chiaro e limpido, nitido. Questo ribaltamento fa emergere un fattore: dove siamo realmente quando siamo in un luogo? Davvero sappiamo vivere le esperienze o ci illudiamo che così mutilate siano alla massima apertura? Si scopre, attraverso il percorso disegnato da Vargas e dai performer eseguito, che i luoghi contengono più di quel che si crede, o di quel che si vede trattando di occhi, soprattutto che la nostra bolla di percezione può essere infinitamente più grande di quanto siamo portati a immaginare. Basta soltanto lasciarsi andare.
Il progetto, che nasce come laboratorio universitario per gli studenti non vedenti de La Sapienza e che di Vargas si avvale per la visione artistica (coadiuvato dalla supervisione di Dario Aggioli), si è sviluppato per l’impegno di Ferruccio Marotti, impegno che ha portato il gruppo ad esibirsi (proprio in questi giorni in cui sto scrivendo) al 6th International Theatre Schools Festival di Varsavia, dal 27 giugno al 3 luglio 2011. La speranza, senza davvero ironia, è che questi ragazzi anche all’estero facciano vedere quel che sono loro in grado di vedere, oltre l’impaccio degli occhi.
Simone Nebbia
Un ringraziamento a Simone direttamente da Varsavia
oggi ci apprestiamo a iniziare a montare…
2 giorni di montaggio
2 giorni di repliche (4 ore e mezza per giorno)
siamo ultraeccitati tutti
un saluto anche da tutti gli altri abitanti (così Enrique chiama gli attori)
Abbiamo vinto il secondo premio più importante: premio speciale della giuria.
La Sapienza in 3 partecipazioni porta a casa 2 premi speciali della giuria e un primo premio.
Stavolta il merito va tutto ai ragazzi che hanno fatto uno sforzo estremo!
Bravi!