La prima cosa che si nota, pensando a questa nuova stagione dell’Argentina 2011/2012, è la locandina: un quadrato nero su cui è scritto «Il teatro specchio dell’uomo», attorno invece altre forme rettangolari, di vari colori, su cui campeggiano incitamenti a varie declinazioni del pensiero e dell’emotività che proprio all’uomo fanno riferimento: vendetta, gelosia, democrazia, amore, passione, rancore, follia, trionfo, India, Argentina. Ecco, queste ultime parole, nomi dei due teatri che dello Stabile fanno parte, sono per dire che tutte quelle emozioni, persistenze dell’animo umano, saranno tutte entro le mura dei due storici spazi, per quest’anno che verrà.
Gabriele Lavia nuovo direttore artistico e Franco Scaglia nuovo presidente, hanno presentato in misura sobria questo primo anno di programmazione, non lanciandosi in promesse e proclami da nomine politiche, ma cercando di rintracciare la rotta artistica nella centralità dell’attore e le molte possibilità di rinnovamento che attesteranno il nuovo corso: prima fra tutte è la triplicazione dello spazio dell’Argentina, che oltre al palco principale avrà per alcuni eventi un prolungamento dello stesso fino a coprire i primi posti di platea e in secondo luogo lo spostamento del bar al piano inferiore con la creazione di uno spazio autonomo, a “scatola nera”, al piano superiore dov’era in precedenza. In questi neo-spazi prenderanno vita i tantissimi progetti che Lavia ha chiamato con grande riserbo “collaterali”, intendendo che è la sola forma linguistica a renderli tali, non certo l’importanza che definisce invece determinante di questo suo primo intervento artistico. Tra queste attività spiccano senza dubbio i progetti legati alle Serate d’Onore per gli artisti che hanno reso grande il nostro teatro, gli incontri con la filosofia, con i grandi scrittori internazionali, i video delle grandi attrici storiche, la partnership con Radio 3, i romanzi per le scuole messi in scena a puntate ( i primi saranno Il corsaro nero, Il deserto dei Tartari e Il codice di Perelà).
Tolte le novità “collaterali”, che non sono mai però così determinanti, non me ne voglia il direttore, la stagione è quella che ti aspetti: provando a coprire per gioco la data 2011-2012, potrebbe essere una stagione di un anno qualsiasi di ognuno di questi in cui gli autori sono stati viventi e attivi (ma il nuovo assessore culturale del Comune, Gasperini, ama definirla “divertente e frizzante”…); per gioco ancora mi spingo a dare i numeri, a mediare l’età dei coinvolti e la cifra che risulta è un po’ preoccupante: 63, la media età dei grandi nomi che torneranno, arriveranno, resteranno all’Argentina per l’anno che viene, l’unico sotto i 50 è Antonio Latella (44) che riesce a strappare una regia allo Stabile di Un tram che si chiama desiderio, per il resto avremo grandi personaggi di cui diremo a misurarne il lavoro, ma di cui già possiamo dire non siano propriamente rappresentanti di movimento dell’epoca contemporanea: si dirà che il grande teatro non ha tempo, che la giovinezza non è anagrafica, che questi sono i migliori registi in circolazione e altra demagogia, la verità è che il teatro delle produzioni da Stabile ci dice ancora che l’Italia non è un paese per giovani, capovolgendo un fortunato titolo cinematografico. Lavia (59) porterà Tutto per bene di Pirandello, Mauri (81) la farsa tragica di Andreev Quello che prende gli schiaffi, Luca Ronconi (78) guiderà Mariangela Melato (70) nel Nora alla prova di Ibsen, poi ancora Paolini (55) ad aprire con ITIS Galileo, Pippo Delbono (52), Toni Servillo (52), Marco Tullio Giordana (61), Emanuela Giordano (54), fino alla grandissima opportunità di vedere – complice la tanto sperata collaborazione con la Fondazione Romaeuropa, cui dobbiamo anche l’apertura (ma tenuta fuori di stagione) con la danza di Lloyd Newson il 12 ottobre 2011 – Il flauto magico di Peter Brook, cui non guarderò la carta d’identità perché avrei paura di misurare con questa brutalità i suoi 86 anni.
Forse non è qui che bisogna cercare questo rinnovamento sempre sperato e mai avvenuto, che gli assessori in ogni cambio di amministrazione proclamano ai quattro venti, lasciando però tutto nella stagnante palude senza neanche un venticello d’ordinanza: l’Argentina è quel che ci aspettavamo, e così va bene per il suo target, anche se resto convinto che dare agli abbonati dormienti un programma da dormienti è gesto anticulturale, attendiamo l’India (di cui si conosce solo uno spettacolo: I Masnadieri, regia di Gabriele Lavia), la sorte dei Teatri di Cintura, il famoso Teatro del Lido, insomma tutto ciò che gli amministratori non ci dicono e nascondono dietro parole di cui ormai, a ripeterle, abbiamo dimenticato il significato: apertura, tradizione, interlocutori, territorio…ecco, giochiamo ancora, quali aggiungereste?
Simone Nebbia
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